Il Venerdi Santo

Siamo al giorno più tremendo: dopo aver consumato l'Ultima Cena ed essere stato tradito, in quella notte, da Giuda Iscariota, il Cristo viene condotto da Pilato per essere condannato. Dopo aver ricevuto le frustate e la violenza dei carcerieri, il Signore viene portato fino al luogo del suo supplizio, scortato da una gran folla di curiosi e di nemici: il Cristo porta sulla sua spalla una Croce. Appeso e inchiodato al legno che gli offre la possibilità di redimere il genere umano, Gesù il Salvatore sparge il suo Sangue per la purificazione del cosmo intero. Ecco cosa ricodiamo nel Grande Venerdì.


Al Vespro della Deposizione, nel quale si pone la Sindone (o Epitaffio) al centro della chiesa. 

Il Venerdì Santo è un giorno aliturgico, significa che non si celebra la divina e santa liturgia, ma solamente il ciclo delle Lodi. Di particolare bellezza è il Mattutino dei Dodici Vangeli (spesso anticipato al Giovedì Santo), nel quale si ripercorre il cammino di Cristo verso il Golgota. Tutto il giorno è dedicato alla morte di Cristo. E' un giorno di digiuno totale, non si può mangiare niente fino alla conclusione del Mattutino del Sabato Santo, quando si cantano le Lamentazioni. Durante la lettura straziante delle sofferenze del Salvatore, si conduce una grande Croce nel centro della Chiesa, per venerarla e per commemorare quanto successe. 


La processione con l'epitaffio al Vespro del Venerdì Santo, a Mosca

Dopo aver pianto le sofferenze del Salvatore la sua morte al Mattutino si leggono le Ore Regali, e poi scende il silenzio, fino al Vespro dell'Epitaffio, quando le campane suonano con forza per chiamare i fedeli alla preghiera vesperale: oltre alle Paremie, si leggono anche l'Apostolo e il Vangelo della Passione, e poi dopo le litanie il sacerdote dall'altare al centro della chiesa conduce l'epitaffio con il corpo del Cristo morto, in modo tale che tutti possano venerarlo, mentre si canta:

 Quando dal legno* Giuseppe d’Arimatea depose morto te,* la vita di tutti,* allora, o Cristo, egli ti avvolse con mirra in un lenzuolo:* l’amore lo spingeva a baciare, con cuore e labbra,* il tuo corpo immacolato;* ma trattenendosi per il timore,* con gioia a te gridava:* Gloria alla tua condiscendenza, o Filantropo

Continuano gli inni del Vespro a raccontarci cosa avvenne in quell'ora sublime: 

 Quando nella tua carne, volontariamente,* fosti rinchiuso in una tomba,* rimanendo incircoscrivibile e infinito per la natura della tua divinità,* allora sbarrasti le stanze segrete della morte,* e svuotasti, o Cristo, tutti i regni dell’ade.* Allora hai fatto degno anche questo sabato* di benedizione divina e di gloria,* e del tuo splendore

Prima del Congedo, si cantano gli ultimi tropari: 
 Il nobile Giuseppe,* calato dal legno il tuo corpo immacolato,* lo avvolse in una sindone pura con aromi,* e prestandoti le ultime cure,* lo depose in un sepolcro nuovo.

Stando presso il sepolcro,* l’angelo gridava alle donne miròfore:* Gli unguenti profumati sono per i morti,* ma il Cristo si è mostrato estraneo alla corruzione. 

Ecco che il Vespro ci anticipa il grande ufficio del Mattutino del Sabato Santo, le Lamentazioni, nelle quali le Mirofore e poi gli Apostoli e noi tutti, conoscendo il fatto prodigioso della Sua Resurrezione, cantiamo al Cristo Dio, Signore del Creato, Colui che morendo ha distrutto la morte. 

Commenti