La Tonsura Monastica: un patto con Dio

Ho voluto iniziare una piccola collana di articoli sul Monachesimo ortodosso, non dal punto di vista storico, ma più pratico e ontologico. Cos'è il monachesimo? il monachesimo è un patto con Dio, un giuramento per la vita.

La Bibbia cerca di farci evitare in tutti i modi di giurare (Deuteronomio 5:11; cfr. Geremia 5:2; 7:9; Osea 4:2; Zaccaria 5:3-5; Malachia 3:5) proprio perché Dio prende molto sul serio i nostri giuramenti verso di Lui. E il voto, sia esso matrimoniale o monastico, è un giuramento. Dio ci chiede di prendere la strada che più si confà al nostro cuore, alle nostre possibilità, alla nostra libera vocazione in questo mondo, e ci chiede di seguire i suoi comandamenti. La vita monastica è l'abbandono volontario di una delle benedizioni che Dio ci ha dato: quella di riempire la Terra con la nostra stirpe (Genesi 1:28), di vivere da sposati con la benedizione dello Spirito Santo, come dice il vescovo Amfilochio di Iconio (+403):

 Il matrimonio santo, eletto ed elevato al di sopra di tutti i doni terreni come generatore dell'umanità, artefice di immagini di Dio [1].

Ma non è un abbandono triste o doloroso, se vogliamo votare la nostra vita a questo, alla lode perpetua verso il nostro Signore: lasciare le cose buone del Mondo per votarsi a Dio nell'attesa della sua seconda e tremenda Venuta. Questo è, in parole povere e accademiche, il monachesimo. Per questo il monaco abbandona i genitori e gli amici, lascia il suo lavoro, vende la sua casa e si reca nella povertà del monastero, dove ricevere poche tonache logore e una obbedienza: sia essa pulire i bagni, zappare la terra, cucire i paramenti, dipingere icone, tagliare la legna... ad ognuno secondo i suoi talenti o ciò che riesce a fare.


La notte della tonsura

Il monachesimo autentico, non carrieristico e non dettato da basse esigenze, è una chiamata che viene dal cuore e che solo nel cuore può essere vissuta completamente. Quando una persona, uomo o donna che sia, decide di dare i voti, lo deve fare liberamente, senza coercizione, senza forzatura da qualcuno o qualcosa, e nemmeno per ripiego: Dio non accetterà questa offerta iniqua, e, come quella di Caino, sarà disprezzata. Invece, se di vero e profondo animo vogliamo prendere su di noi il giogo del monachesimo, allora dobbiamo pensare di abbandonare tutto e non solo i piaceri leciti e la tranquillità della vita laicale, ma anche la nostra apparente e falsa tranquillità interiore che deriva da effimere e brevi conquiste mondane. La falsa pace che ci arriva dalla nostra comfort zone, come la chiamano gli psicologi: il monachesimo vero distruggerà ogni nostra barriera psicologica e se non desideriamo davvero servire Dio in questo modo, saremo spiritualmente distrutti.  Con grandi sacrifici, dopo aver perso e guadagnato tutto, coloro che si dedicano a Dio nella disciplina monastica e tengono fede alle loro promesse, diventano portatori della pace divina, e trovano la loro salvezza personale. Ma poiché, come dice san Giacomo nelle sue epistole, la fede senza opere è morta, il monaco non solo vive il ciclo liturgico quotidiano, ma lavora sia in senso figurato che in senso letterale. Il monastero - e non il mondo - gli offre un lavoro simbolico, che lo tenga impegnato fisicamente, ma senza che abbandoni le mura conventuali. In più, il monaco lavora su se stesso, si perfeziona, cade e si rialza. Questa continua opera, questo lavoro spirituale, che è alla base di ogni spirito cristiano, nel monastero si acuisce ancora di più. Il confessore dà al monaco, specialmente se giovane, un certo numero di impegni spirituali tali da farlo crescere.

La vita monastica inizia col desiderio fervente di essere monaco. Dopo un periodo di gestazione noto come postulandato, nel quale la persona viene fatta vivere coi monaci pur non essendo monaco, avviene il rito di iniziazione, ovvero la tonsura, tramite la quale si entra a far parte dei novizi, coloro che principiano la vita monastica. Quando il novizio è pronto, generalmente dopo un anno, se vi è la maturità spirituale e fisica, avviene il voto perpetuo. La tonsura al noviziato avviene come atto simbolico: a Dio si offrono i capelli, primizia del nostro corpo, come segno di aver tagliato i ponti con la vita passata e che si è pronti a diventare qualcun'altro. Per questo, i monaci cambiano nome, perché iniziano una nuova vita, completamente differente da quella in cui si trovavano prima.


Il rito della tonsura monastica dall'Accademia di san Pietroburgo

Nel prossimo articolo dedicato alla vita monastica scopriremo perché il la vita monastica è chiamata anche vita angelica.

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NOTE

1) Amfilochio di Iconio, Omelie, II, 1: CCG 3, 39

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