Florilegio di santi toscani - Vite e Atti dei Padri e delle Madri toscani

Ho voluto raccogliere alcune delle vite dei santi piu' famosi della mia terra natale, presentando figure di notevole santita' che hanno vissuto il Toscana e hanno insegnato la Fede ortodossa nel periodo in cui la Chiesa di Roma e le Chiese Ortodosse erano unite


San Zenobio guarisce un indemoniato

San Zanobi,  detto anche comunemente Zenobio, vescovo di Firenze (26 maggio)

San Zanobi nacque a Firenze, nel 355 da genitori pagani, Luciano e Sofia. Giovinetto, si accostò alla Fede e divenne catecumeno. Crebbe così, istruendosi sia nelle scienze profane che in quelle divine. Quando fu giunto all’età  di vent’anni, i genitori tentarono di indurlo al matrimonio; egli si affrettò invece a ricevere il battesimo dal Vescovo della Città . I genitori, irritati, si scontrarono con il presule, ma il giovane Zanobi avanzò verso di loro, fece il segno della croce e si raccolse in preghiera. Subito Luciano e Sofia chiesero il battesimo anche per loro. Questo fu il primo segno della vocazione apostolica del Santo. Egli decise di rimanere vicino al Vescovo Teodoro e ricevette l’ordinazione al suddiaconato, divenendo, in seguito, arcidiacono.

Firenze era, al tempo, travagliata dal morbo dell’eresia ariana, e Zanobi lottò duramente contro di esso, guadagnandosi la fama di campione dell’ortodossia, fama che giunse fino alle orecchie del grande Ambrogio, Arcivescovo della citt`  di Milano, che volle conoscerlo, e potè incontrarlo nella basilica di San Lorenzo Arcidiacono, posta al tempo fuori le mura della città . Il santo patrono di Milano rimase talmente ammirato della sua persona da parlare di lui al Papa  Damaso, che invitò Zanobi a Roma e lo elesse suo diacono.

A Roma, mentre con il papa si recava ad una sacra officiatura in Santa Maria in Trastevere, fu loro presentato il figlio del prefetto, che era paralitico, perché fosse guarito. Un segno di croce del diacono ridiede al giovinetto la salute. Tale era la stima del papa Damaso nei suoi confronti da inviarlo come legato ad un concilio a Costantinopoli e la sua fama si diffuse rapidamente anche in tutto l’oriente cristiano. Tornato a Roma, giunse la notizia della morte dell’anziano Vescovo di Firenze, Teodoro e Zanobi fu scelto da Damaso come arbitro nei dissidi tra clero e popolo fiorentini riguardo alla nomina del successore. Ma, appena giunto in città , fu acclamato egli stesso vescovo dai suoi concittadini.

Durante il suo episcopato, la diocesi allargò i suoi confini, con l’evangelizzazione di gran parte del contado e la costruzione di nuove chiese. L’opera apostolica fu accompagnata da innumerevoli miracoli, attestati dalla Tradizione della Chiesa. Giunto in tarda età , si addormentò nel Signore il 26 maggio dell’anno 428.

San Leone Magno, Papa di Roma (18 febbraio)

Ai tempi in cui la Chiesa d’Occidente era in comunione con la Chiesa indivisa, il Papa di Roma, in quanto vescovo della capitale dell’impero e patriarca d’Occidente, godeva di una certa priorità nella comunione della Chiesa ed era considerato, da tutti i cristiani, come il custode per eccellenza della tradizione apostolica, facendo da arbitro nelle questioni dogmatiche. Occupando la cattedra romana in una delle epoche più critiche della storia, durante la quale, oltre alla caduta dell’impero d’Occidente, la Chiesa si trovò ad essere minacciata dalle divisioni causate dagli eretici, san Leone seppe proclamare la dottrina della Verità e adoperò tutte le cure possibili per preservare l’unità della santa Chiesa; pertanto esso è venerato, in Occidente come in Oriente, con il nome di san Leone Magno.

Nato a Roma da una nobile famiglia originaria della Toscana, entrò presto a far parte del clero, ricevendo la carica di arcidiacono della Chiesa di Roma, incarico che lo portò a stretto contatto con le problematiche ecclesiali e le controversie dottrinali del tempo. Fu durante una delle sue missioni in Gallia che venne a conoscenza della morte di Papa Celestino e che, a sua insaputa, era stato eletto sul seggio patriarcale da tutto il popolo. Sia durante l’intronizzazione che, in seguito nell’anniversario della stessa, Papa Leone esprimeva, nei sermoni, il timore per il compito che gli era stato affidato, confidando nella sola Grazia divina per il governo della Chiesa.

Arduo era pertanto l’incarico che gli si presentava. L’impero, minacciato dai barbari, era percorso da un rilassamento dei costumi che coinvolgeva persino la Chiesa, scossa dalle eresie. Unendo mirabilmente il rigore alla compassione, san Leone cominciò col risanare la condizione del clero e con il ristabilimento dell’ordine nelle chiese d’Africa e di Sicilia, travolta dall’invasione dei Vandali. All’interno della chiesa d’Illiria, allora dipendente da Roma, consolidò l’autorità del metropolita di Tessalonica e, in Gallia, ristabilì il rispetto per la gerarchia ecclesiastica. Con una sottile perspicacia, mise a nudo le macchinazioni degli eretici manichei, dando così a vescovi e a sacerdoti l’esempio del Buon Pastore con la condotta di una vita irreprensibile dedita totalmente al culto divino e alla stesura di sermoni sobri ed eloquenti. Durante le feste liturgiche edificava il popolo, interpretando i misteri della fede ed esortando a condurre una vita conforme ai principi evangelici.

Non per la sola opera pastorale, san Leone meritò gli onori della Chiesa, essendo ricordato anche per gli interventi in campo dogmatico. Quando, in seguito, agli intrighi di Eutiche, sostenuto dal potente ministro Crisafo, l’empio eretico pronunciò, durante il falso concilio, giustamente chiamato da san Leone Brigantaggio d’Efeso, la condanna di san Flaviano, il Papa, subito informato, si affrettò a condannare l’accaduto e convocò un concilio dei vescovi occidentali, in vista di annullare i decreti dell’iniqua assemblea di Efeso e di ristabilire la retta fede circa la Persona di Cristo. Precedentemente il falso concilio, san Leone aveva indirizzato una lettera al patriarca Flaviano, nella quale, dopo aver esposto la fede della Chiesa nella divinità di Cristo, scriveva:

“Le proprietà delle due nature (divina ed umana) restano integre ma si uniscono in una sola Persona; la maestosità si è unita all’umiltà, la potenza alla debolezza, l’eternità alla mortalità, affinché fosse riscattato il debito da noi contratto; dal momento che ciò era necessario ai fini della salvezza umana, Gesù Cristo, fatto uomo, è morto nella sua natura umana, rimanendo immortale in quella divina (…)
Egli ha preso la forma di servo senza aver parte al peccato, risollevando l’umanità senza diminuire la divinità. Così, la kenosi per la quale l’invisibile si è fatto visibile e per la quale il Creatore ha voluto essere come un mortale, è stato un assenso alla misericordia e non una diminuzione della potenza (…) Il Figlio di Dio è dunque venuto in questo mondo, abbandonando la dimora celeste, ma senza lasciare la gloria del Padre ed è nato in nuovo ordine di cose, con una nuova nascita (…) La Persona è quindi, al tempo stesso, vero Dio e vero uomo, in quanto, in essa, è presente sia l’umanità dell’uomo che la grandezza di Dio (…) La Chiesa vive e si perpetua in virtù della fede che, in Gesù Cristo, l’umanità non sussiste senza una vera divinità, né la divinità priva di una reale umanità.”

Si narra che san Leone scrisse questa lettera ispirato dal santo Spirito, dopo aver trascorso molti giorni nel digiuno, nella veglia e nella preghiera. Ma prima di inviarla, la depose sul sepolcro di san Pietro, scongiurando il Principe degli Apostoli di correggerla da ogni errore che poteva essersi introdotto a causa della debolezza umana. Dopo quaranta giorni, il santo Apostolo apparve a Leone durante la preghiera, dicendogli: “Ho letto e ho corretto!” Infatti, aprendo la lettera san Leone la trovò corretta dalla mano di san Pietro. Tale lettera fu consegnata ai legati perché fosse letta al Concilio di Efeso ma fu ignorata dagli eretici. Tuttavia, quando il pio imperatore Marciano e santa Pulcheria convocarono il Concilio Ecumenico di Calcedonia, fu letta solennemente davanti ai Padri che la acclamarono ad alta voce: “E’ la fede degli Apostoli, la fede dei Padri! Pietro ha parlato per bocca di Leone!”

Mentre in Oriente avvenivano queste cose, in Occidente infuriavano i saccheggi di Attila e le orde unne. Dopo aver seminato morte e distruzione in Germania e Gallia, traversate le Alpi, saccheggiarono la regione di Milano e minacciarono Roma. L’imperatore, il Senato ed il popolo, terrorizzati, supplicarono il Papa di intraprendere una marcia di pace verso il tiranno che faceva tremare il mondo intero. Vestito con gli abiti pontificali, alla testa di un imponente corteo di sacerdoti e diaconi che cantavano gli inni, il santo gerarca si presentò ad Attila, suscitando, sorprendentemente, in lui un timoroso rispetto tanto che accettò di ritirarsi, dietro il pagamento di un tributo annuo. Quando i suoi soldati gli chiesero perché avesse dimostrato questa inusuale clemenza, Attila rispose che aveva visto, accanto al Papa, l’Apostolo Pietro, con in mano una spada e negli occhi una terribile espressione minacciosa. Roma fu così miracolosamente risparmiata, ma poco tempo dopo, il popolo ingrato, immemore dei benefici operati da Dio, ritornò ai suoi disordini consueti. Così il Signore, non potendo più trattenere la collera contro la superba città, permise ai vandali di Genserico, sbarcati in Africa, di occupare la capitale e di saccheggiarla nel 455. Il Papa intervenne nuovamente presso gli occupanti e riuscì ad ottenere la promessa di non massacrare il popolo e di non incendiare gli edifici. Si contentarono di un immenso bottino e di deportare una grande parte della popolazione. Appena la furia si acquietò, san Leone si prodigò a consolare gli scampati, a restaurare le chiese devastate, a ristabilire, per quanto possibile, la vita cristiana in una città che, un tempo gloriosa, era ormai decaduta. Riuscì persino a inviare alcuni sacerdoti e consistenti elemosine a coloro che erano stati deportati in Africa. Il resto della vita fu consacrato all’opera pastorale, in particolare, alla correzione degli abusi nella disciplina ecclesiastica e a sostenere, con tutta la sua autorità, la fede di Calcedonia, minacciata dalla reazione dei monofisiti, particolarmente quelli di Alessandria. Rimise l’anima a Dio nel 461, al termine di un pontificato durato ventun’anni.

San Donato  vescovo di Arezzo (7 Agosto)

San Donato di Arezzo ed e' stato il secondo vescovo della cittadina, morto il 7 agosto del 363. Originario di Nicomedia, divenne sacerdote sotto san Satiro, primo vescovo di Arezzo, del quale divenne anche fidato segretario. Divenuto egli stesso vescovo alla morte del predecessore, si dedico' alla cura delle anime e alla evangelizzazione della sua diocesi, combattendo il paganesimo e l'arianesimo. Celebre rimase il suo miracolo di guarigione di un bambino epilettico, fatto che lo rese patrono dei malati di questo male. Un'altra volta, il santo vescovo stava celebrando la liturgia quando entrarono nella chiesa i pagani e, saliti sull'altare, distrussero il calice di vetro che stava usando per celebrare. Il santo Donato ricompose con le sue mani il sacro oggetto e, benche' fosse rotto, riusci' a servire il Sangue a tutti i fedeli senza che ne cadesse neanche una goccia. Da questo evento miracoloso 79 pagani si convertirono e divennero cristiani. Secondo la Passio Sancti Donati, fu martirizzato dal prefetto romano Quadraziano sotto l'imperatore Giuliano, tramite decapitazione. Il vescovo Gelasio suo successore gli fece costruire una basilica e tuttora il corpo del santo riposa nella cattedrale della citta', mentre la testa di san Donato si trova nella pieve. Una reliquia di san Donato di Arezzo e' oggi venerata nella chiesa ortodossa romena di Sanremo, in Liguria. 

Santa Reparata, vergine e martire (8 Ottobre)

Santa Reparata nacque da genitori nobili cristiani in Cesarea di Palestina sul finire del secondo secolo dopo Cristo, in un giorno e data imprecisati. Si sa che visse in Cesarea fino all'eta' di 12 anni, quando l'imperatore Decio nel 250 indisse la grande persecuzione. Rifiutatasi di sacrificare agli idoli pagani, fu brutalmente torturata e poi decapitata. Il suo corpo fu poi abbandonato su una vecchia barca alla deriva e, per volere della Provvidenza, il suo corpo incorrotto giunse a Teano, sulle coste della Campania, dove fu presto edificato un luogo di culto in suo onore, riconoscendola come martire. Su quella primitiva cappella nel IX secolo fu edificato il monastero che porta il suo nome, nel quale ancora le reliquie trovano riposo. Il suo culto si diffuse in tutto il Mediterraneo e numerose citta' ne presero il patronato, come Nizza, Firenze, Ajaccio. San Zenobio, particolarmente devoto a Reparata, le intitolo' la antica cattedrale fiorentina: con la sua intercessione la milizia cittadina riusci' a respingere i barbari di Radagaiso nella battaglia del 8 ottobre 406, giorno liturgico di santa Reparata.

San Miniato, martire (25 ottobre)

San Miniato era un pellegrino siriano che, giunto a Firenze mentre si recava a Roma, peri' durante la persecuzione dell'imperatore Decio nel 250 d.C, quando fu catturato insieme ad altri cristiani. Al tempo a Fiesole vi era infatti una grande comunita' siriana e il santo si era fermato ad alloggiare dai suoi conterranei. Il corpo, incorrotto, fu poi portato a Firenze dove fu costruita la chiesa che porta il suo nome, sulla collina che domina la citta'. La devozione dei fiorentini al santo e' attestata dai documenti imperiali di Carlo Magno quando visito' l'urbe nel 786, con i quali stabilisce un beneficium ecclesiastico ai canonici regolari di san Miniato a Monte, la chiesa che conserva il corpo del beato.

San Mamiliano, vescovo e monaco (15 settembre)

Sebbene toscano solo di adozione, san Mamiliano e' particolarmente venerato nel sud della Toscana e sulle isole, poiche' e' patrono dell'isola del Giglio e di Montecristo. Venuto da Palermo, il monaco Mamiliano coi suoi discepoli si reco' sull'isola e vi edifico' un monastero al principio del V secolo. Fatto vescovo dai palermitani, fu tuttavia catturato nel 450 da un gruppo di ariani che, in odio alla vera religione, lo vendettero schiavo ai Vandali i quali lo deportarono a Cartagine. Li' trovo alcuni dei suoi discepoli, come santa Ninfa, di li' a poco martirizzata. Insieme coi suoi fedeli discepoli Eustochio, Proculo e Golubodeo, Rustico, Teodosio, Aurelio e Vindemio fu poi riscattato da san Paolino da Nola, il quale gli compro' la liberta'. San Mamiliano e i suoi monaci si diressero poi sull'isola di Montecristo e vi fondarono il monastero che oggi versa in stato di totale abbandono. Mamiliano spendeva le notti in preghiera nella grotta dell'isola, che oggi porta il suo nome. Il monastero divenne un centro importante per lo studio dei padri Orientali e meta di pellegrinaggi per i pescatori della costa. Sull'isola abitava un demonio che aveva la forma di un mostro alato, che fu distrutto proprio da san Mamiliano. Sul luogo dell'uccisione del mostro sgorgo' sull'isola l'unica fonte d'acqua dell'isola. Il santo asceta si addormento' nel Signore il 15 settembre 460. Fra i vari miracoli del santo, ricordiamo il piu' recente: i pirati di Tunisi nel 1799 avevano attaccato la Toscana ma con la processione del braccio del santo, la flotta berbera fu distrutta. Per volere del papa Alessandro VII nel 1658 la maggior parte delle reliquie furono convogliate a Palermo. 


Il monastero di san Mamiliano sull'isola di Montecristo, oggi abbandonato


San Ansano il "Battista di Siena" (1 dicembre)

Sant'Ansano porto' la religione cristiana a Siena, vivendo fra il II e il III secolo.Nato a Roma nel 284, figlio del senatore Tarquilinio Anicio, il santo si reco' poi in Toscana come missionario, dopo che il padre lo stesso lo denuncio' alle autorita' come cristiano. Accompagnato da un Angelo, il santo si fermo' a Siena. Fra il 302 e il 303 battezzo' centinaia di persone, fatto che gli comporto' l'imprigionamento su ordine del prefetto Lisia. Dalla finestra del carcere continuava ad amministrare i battesimi ai senesi convertiti, gettando l'acqua benedetta dalla finestra sui catecumeni. Per questo suo zelo missionario, il fedelissimo Ansano si merito' l'appellativo di "battezzatore dei Senesi". Il primo dicembre del 304 fu portato a Dofana e decapitato, nel luogo dove ora sorge una chiesa. 

San Paolo di Antiochia, vescovo di Lucca (12 luglio)

Non sappiamo quasi nulla di questo santo. Mandato da san Pietro apostolo a Lucca per convertire la citta', fu martirizzato da Nerone nel I secolo. Il martirologio romano lo commemora il 12 luglio. 

Sante Attilia e Greciniana, Martiri

Non sappiamo praticamente nulla neanche di queste due sante che sono state ritrovate in una chiesa di Volterra nel IX secolo. La Tradizione vuole che siano due martiri cristiane del III secolo. Vengono festeggiate per Ognissanti. 

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NOTE

Le vite dei santi Zanobio e Leone il Grande sono prese dal sito Orthodoxia.

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