La difesa delle immagini a Roma dopo il Settimo Concilio Ecumenico

Sappiamo già che il patriarcato di Roma Antica aveva strenuamente difeso le immagini contro l'eretico impero bizantino dell'epoca, perdendo così di fatto la giurisdizione su alcune province. Sappiamo anche che Carlo Magno e la sua corte franca erano contrari al Settimo Concilio Ecumenico e spedirono un trattato iconoclasta al Papa Adriano I. Così il papato ortodosso di Roma dovette prima fronteggiare un nemico esterno, e poi rivolgersi verso i propri eterodossi

Il "nemico": Carlo Magno e la sua teologia iconoclasta

Il teologo franco Teodulfo d'Orleans, stipendiato da Carlo Magno, fu uno dei principali scrittori dei Libri Carolini, un insieme di tesi iconoclaste compilate a Francoforte che furono spedite a Roma con la speranza di vedere il papato rigettare i decreti dell'ultimo Concilio Ecumenico. Era il 794 d.C. La maggior parte delle tesi dei libri carolini sono più politiche che teologiche. Carlo Magno manifestò molto rancore per non essere stato invitato al Concilio dalla imperatrice Irene. Facendo un riassunto dei Libri Carolini, veniamo a conoscenza che i teologi di Carlo Magno ritenevano la venerazione delle immagini una forma di paganesimo. Poiché i franchi confondevano il termine latrìa (adorazione, atto di culto per Dio) con doulìa (venerazione, che può essere dedicata ai santi) traducevano in latino entrambi i termini con adoratio, generando confusione dottrinale. Difatti, i Libi Carolini spiegano come "non vi sia alcuna sostanza divina nelle icone" e come le icone siano solamente materiale didattico, che non debba essere oggetto di culto. 



L'adorazione della Croce al Venerdì Santo è uno degli atti cultuali occidentali che resistette all'iconoclasmo franco. 

La risposta di Papa Adriano

Poiché i Libri Carolini non erano certo l'espressione pura dell'ortodossia latina del tempo, Papa Adriano dovette correre ai ripari prima di vedersi nuovamente impicciato in un conflitto teologico di larga portata. In una lunga risposta a Carlo Magno, il papa rispose che la dottrina stabilita a Nicea era la fede della Chiesa di Roma e che bisognava adeguarsi. Non volendo fronteggiare una invasione armata, il papa preferì dibattere con toni melliflui, asserendo non che fosse una posizione eretica ma "una lunga lista di domande cui serve una risposta". Procedette così a smontare le tesi iconoclaste punto per punto. Fra le risposte, troviamo interessante questa:

La santa Chiesa Romana Apostolica, in conformità con la tradizione universale, ha sempre visto le immagini come pedagogiche e come risorsa per la preghiera. Da sempre difatti ungiamo le sante immagini con il crisma, prima di permetterne l'adorazione da parte dei fedeli

Papa Adriano I utilizzò ampie citazioni da san Gregorio Magno, autore usato anche da Carlo Magno in funzione iconoclasta, ma stavolta per difendere la liceità del culto delle icone. Difatti san Gregorio, in una lettera a Sereno, un vescovo latino, scrisse: 

Invito la tua santità a riprendere coloro che si scandalizzano e insegnare loro a muovere l'ardore della compunzione per ciò che è rappresentato, umilmente prostrandosi nell'adorazione della Trinità onnipotente

L'iconoclasmo latente dei Franchi

La risposta di Papa Adriano non piacque a Carlo Magno, che tuttavia non poté far nulla, se non continuare a promuovere l'iconoclastia nel suo regno. Anche sotto il papato di Eugenio II, erede di Adriano, Roma continuò a difendere l'iconodulìa ma questo non impedì al concilio locale di Parigi nel 825 d.C. di ribadire la posizione "iconoclasta" dei franchi. Il papa Nicola I ribadì le parole di papa Adriano in una lettera all'imperatore, confermando che la Chiesa di Roma era in accordo col Concilio Ecumenico Settimo. Nonostante l'appoggio formale del papato, la teologia del Concilio di Nicea II non penetrò a sufficienza nel vissuto della Chiesa d'Occidente, perché mancava un pieno sostegno da parte delle potenze laiche. Anche se abbiamo una fioritura delle arti plastiche e visive fra i secoli IX e XI specialmente in ambito germanico, la venerazione delle immagini fu sempre meno presente che in Oriente, così come lo sviluppo di una seria riflessione teologica. 

L'abate Witigow (+997) descrive una pratica del suo monastero di Raichnau in Germania, siamo nel X secolo. Al termine della compieta, i monaci si recavano a venerare una immagine della Madre di Dio, baciandola e prostrandosi innanzi. Questo è solo un esempio di come iconodulìa e tendenze iconoclaste abbiano da sempre convissuto in Occidente, a causa dell'imposizione dall'alto di un modello eterodosso di concepire l'arte sacra. I Papi ortodossi purtroppo, storicamente, ebbero la peggio, ed è un dramma che conosciamo bene. 

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FONTI E NOTE

Per le citazioni, Theological Aestethics between east and west, risorsa online

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