Il senso allegorico dei paramenti e vestimenti monastici (Arsenie Boca)

Il padre Arsenie Boca (1910-1989) la cui vita è in corso di esame per la canonizzazione qual santo della Chiesa Ortodossa Romena, nel suo libro Consigli per la Vita Monastica spiega nel dettaglio la simbologia e le allegorie spirituali dei vari paramenti e dei capi d'abbigliamento dei monaci


La tunica bianca

Vestiamo prima di tutto una camicia bianca (1) abito luminoso dello Spirito Santo, Grazia della Luce divinizzante, la quale distrugge ogni tristezza e ogni affanno seduttore, e illumina le passioni con la gloria di Dio. La camicia bianca rappresenta il nostro sposalizio con la luce taborica, manifesta la nostra aderenza alla vita angelica che riveste non sono lo spirito, ma anche il corpo. Questo è il nostro abito nuziale per il giorno glorioso del banchetto eterno del Figlio che gusteremo alla fine del nostro tempo (2). 

Lo schema, detto anche in latino "scapolare"

Sopra la camicia portiamo lo schema, che ricordiamo riporta la seguente iscrizione: "prendete il mio giogo che è buono e il mio peso che è leggero". Ancora, dai profeti: "ho dato le mie spalle per la lotta e il mio volto non si è sconvolto degli sputi". Il Cristo è chiamato anche "Angelo del Gran Consiglio" poiché ha mostrato la via della salvezza a tutte le genti. Noi siamo pronti dunque a seguire la Via Angelica mostrata dal Salvatore e prendiamo su di noi lo schema, chiamato anche abito angelico, come suggellamento del patto scrittovi sopra. 

La Croce

Al collo portiamo la croce, la quale ci riporta alla mente lo scopo della vita, ovvero la redenzione e le buone opere in vista della salvezza, la sopportazione e il sacrificio di sé. Il Cristo ha sopportato il dolore, l'umiliazione e la morte, e noi non siamo certo degni di qualcosa di meglio. Il sacrificio del Redentore sulla Croce ha aperto a noi la possibilità della salvezza e di vincere le orde dei nemici invisibili. Per questo la Chiesa canta: "ci hai donato la Croce, o Salvatore, come arma invitta". 

La talare nera

Il monaco non può portare che abiti neri, segno del lutto personale e della rinuncia al mondo. Il mondo veste abiti colorati, i monaci portano vestiti neri in segno di penitenza e di conversione totale, di rinuncia e di digiuno. 

Il berretto, detto kamilafka 

Il kamilafka (dal greco , " del cammello") originariamente fatto di peli di cammello, oggigiorno di molte stoffe sempre nere, rappresenta l'elmo della lotta spirituale, per coprire la mente dagli attacchi delle tentazioni. Proteggiamo le nostre tre parti spirituali: l'intelletto, il cuore e la volontà, da ogni attacco del nemico, e avremo la pace e l'esichia. Tramite l'umiltà della mente guadagneremo la protezione spirituale. 

La Riassa 

La Riassa è il mantello della protezione del nostro intero essere contro le immaginazioni demoniache e la disperazione che attacca il cuore del monaco. Tramite la riassa, il cuore e il corpo sono protetti dagli appetiti carnali e dall'ingordigia, ed è sempre di colore nero perché rappresenta la riflessione della morte. 

I sandali 

I sandali rappresentano la volontà di portare il Vangelo e il cammino faticoso della lotta spirituale per il compimento delle nostre promesse verso Cristo, nonché il seguire il Vangelo della Pace. Le parole di Giovanni Climaco esaudiscono l'allegoria dei sandali: a coloro che hanno appena iniziato i loro passi, Dio dona loro l'umiltà per la vittoria sulle passioni; a coloro che sono a metà del cammino, la potenza di vincere ogni necessità; a coloro che hanno raggiunto la pace, concede di manifestare la gloria divina". 

Il Manto 

Il mantello lo si vede spesso nelle pitture dei santi monaci o nelle rappresentazioni dei soldati antichi. Sebbene nera, la mantella monastica non simboleggia ancora la morte, quanto piuttosto il rivestimento glorioso dei santi vittoriosi. Infatti, come raggi del sole, il manto è plissettato, a simboleggiare le energie increate che ruotano attorno ai santi che partecipano della Gloria Divina. 

Il velo del berretto

Il velo rappresenta la grazia spirituale che, rivestendo l'uomo, lo trasfigura. La nostra mente, aperta dalla divina bontà, si unisce con quella di Cristo, divenendo ricettacolo delle operazioni spirituali e riceve la luce e le energie divine. Non siamo chiamati solo alla lotta contro al peccato ma anche alla comunione spirituale con Dio. 

La corda da preghiera

La corda da preghiera è la spada spirituale con la quale combattiamo la buona battaglia. Dice san Giovanni Climaco: "non c'è arma più potente, in Cielo e sulla Terra, del Nome di Cristo Gesù". Per questo senza posa preghiamo il Signore e con la potenza della preghiera possiamo vincere ogni battaglia. 

La croce manuale

La croce che teniamo in mano è il segno che siamo pronti a confessare la nostra fede fino alla morte. Abbiamo rinunciato al mondo e a noi stessi e abbiamo preso la croce, e così come il chicco di grano che non muore non porta frutto, così neanche il monaco che non muore a se stesso. 

La candela

La candela non è semplicemente un oggetto per illuminare le veglie. Con una parabola possiamo dire che noi siamo come le fascine di legno che Elia offrì sull'altare del Signore, e Dio sta per infuocarci. Il nostro compito è ricevere questo fuoco immateriale e farlo fruttificare. Noi stessi dobbiamo diventare luce. Un uomo santo conduce gli altri uomini a domandarsi cosa sia la verità e la giustizia e li muove verso Dio con l'esempio. Molti santi asceti hanno brillato dinnanzi agli uomini con luce immateriale: san Sisoe il grande, san Simeone il Nuovo Teologo, san Serafino di Sarov, giusto per citare i più conosciuti. 

Dopo che il monaco ha ricevuto tutti i vestimenti, armato come un soldato dello Spirito, il sacerdote lo benedice dicendo: "questa è la benedizione del Padre". [...] Compiuta la preghiera dell'Ambone alla liturgia, gli altri monaci si recano dal nuovo tonsurato, il quale tiene in mano l'Evangelo e la Croce, e dopo aver riverito entrambi gli oggetti sacri, gli domandano come si chiama per pregare per lui. E il neo-tonsurato risponde col suo nuovo nome affinché sia data gloria a Dio e l'intera comunità preghi per lui. Con la candela ancora accesa il nuovo monaco esce dalla chiesa pronto a brillare come la luce che porta con sé, e a portare frutto nel luogo in cui il Signore lo ha messo. 

-----------------------------------------------
TRADOTTO DA

BOCA ARSENIE, Trepte spre vieţuirea in monahism, pg. 79 e ss, ed. Teognost, Cluj-Napoca 2003 

1) Fino a tempi abbastanza recenti i monaci e i sacerdoti indossavano, sotto l'abito talare, una tunica bianca di lino o altro materiale come sottoveste fino ai piedi. Oggigiorno si portano le normali camicie maschili. 

2) Allegoria per la parabola delle Vergini Sagge e delle Vergini Stolte (cfr Matteo 25:1-13) 

Commenti