Perché mescoliamo l'acqua calda al vino nel calice?

 Una delle polemiche liturgiche medievali con i Latini era la presenza dell'acqua calda mescolata nel santo calice dopo la consacrazione. Infatti, la Chiesa romana non prevedeva l'utilizzo di acqua calda nel suo cerimoniale. 

Risponde a questo interrogativo il saggio canonista Teodoro Balsamone (+1199) il quale, nel suo Commento al Sinodo di Trullo (istruzione 37), scrive:

Latini e Armeni sostengono che l'acqua fervente (ζέοντος ύδατος) non va unita al santo calice perché non c'è menzione nel Vangelo né nelle prescrizioni canoniche; Ma noi chiariamo che il calore aggiunto non modifica l'unione (ενωσιν) fra acqua e vino, e non è altro che acqua; ma viene versato affinché vi sia una maggiore fluidità e sia manifesto che si tratta del sangue e dell'acqua usciti dalla costola di Nostro Signore Gesù Cristo: infatti acqua e sangue caldi sono sinonimo di vita, mentre da un corpo morto il sangue non scorre ed è freddo; e noi crediamo che il Signore Gesù Cristo ha effuso sangue caldo e vivificante dopo la morte, a testimonianza della sua divinità, e tramite l'uso dell'acqua fervente (nel calice) testimoniamo questo miracolo

Nella Risposta Canonica XIX, sempre Balsamone commenta ancora questo uso liturgico dicendo:

Chi usa acqua fredda e vino nella divina liturgia non glorifica Iddio degnamente mancando di riconoscere il miracolo: così dimostra di non credere che dopo la morte salvifica del Redentore la Divinità è rimasta nel suo corpo, ma che gli sia stata rimossa, dunque affermando che il Suo corpo è il nostro stesso corpo soggetto alla corruzione, e questa è una grande eresia. Quindi, chi non usa l'acqua fervente per il divino calice sia escluso dalla comunità ortodossa

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Fonte: Canoni di San Niceforo, dal sito Azbuka (in russo)

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