Presentiamo una interessante documentazione dello ieromonaco Petru Pruteanu sul tema delle mense fraterne. In particolare, come si è sviluppata l'agape e come si svolgeva nell'antichità.
Dobbiamo dire, innanzi tutto, che le agapi non sono una invenzione cristiana, ma il pasto rituale fraterno era già una realtà ben radica nel mondo giudaico (birkat-ha-mazon) le quali, specialmente nelle comunità del Qumran, avevano una speciale connotazione mistica. Nello stesso periodo si era diffusa la moda del simposio greco-romano (dal verbo greco συμπίνειν, bere insieme) il quale era una sorta di banchetto privato nel quale uomini (e solo uomini!) di alta levatura culturale esprimevano i loro pareri filosofici e ascoltavano musica, e secondo una etichetta ben precisa consumavano vino. Il simposio greco-romano influenzò notevolmente le riunioni giudaiche tramite le influenze ellenistiche. L'Ultima Cena stessa non fu esente da tale influenza. Ovviamente, gli ebrei avevano adattato le pratiche rituali del simposio alla dottrina monoteistica. Se infatti ci fermiamo a riflettere sulle informazioni dell'Ultima Cena, vediamo come la libagione al dio pagano è sostituita dal consumo del calice e il sorso "del dopo pasto" (cfr. 1Corinzi 11:25) è stato invece offerto dal Cristo come proprio sangue, compiendo così l'atto rituale quale Sommo Sacerdote.
Con l'avvento della Chiesa cristiana il rituale della mensa è stato poi adattato nei vari luoghi dalle usanze che i cristiani iniziavano ad avere.
a) innanzi tutto, potevano partecipare alle agapi solamente i battezzati. A differenza dei banchetti pagani, lo scopo "del club" era la celebrazione della morte e della resurrezione del Cristo (1Cor. 11:26).
b) A differenza di quel che poi è diventata la prassi, l'agape dei primi secoli era adunata a cena - quando c'era possibilità di avere più partecipanti - ed era consumata prima della Liturgia, che era notturna. Questo perché gli antichi preferivano che il Cristo fosse l'ultima cosa ingerita - per poi digiunare tutto il giorno seguente.
c) secondo le dottrine apostoliche ben visibili anche negli Atti degli Apostoli, tutti portavano qualcosa secondo le proprie possibilità, ma tutti dovevano mangiare le stesse porzioni in modo identico. Questa cosa già creava problemi nelle comunità apostoliche (cfr. 1Cor. 11:17-22) e vediamo che la maggioranza delle fonti fino al IV secolo riguardo l'agape ha pareri solo negativi!
Nel II secolo, san Giustino il Filosofo (Apologia I, cap. 65 e 67) già testimonia come, a causa delle persecuzioni di massa, le sinassi liturgiche venivano spostate al mattino. L'agape era una tappa secondaria e spesso saltata per motivi evidenti di urgenza. Al medesimo tempo, la Chiesa adotta la soluzione di non servire le agapi dentro le chiese (Canone di Laodicea nr. XXVIII, anno 364), fatto che testimonia una rottura totale fra la sinassi eucaristica e le riunioni fraterne. Nello stesso periodo, entra in vigore il digiuno pre-eucaristico coi sinodi di Ippona (393) e Cartagine (419).
Occorre notare come nel mondo monastico la mensa e la liturgia sono fortemente connesse, tant'è che nei monasteri, durante la Quaresima quando è previsto che la liturgia si faccia di sera (unita col Vespro), è permesso un solo pasto, da consumarsi dopo la Liturgia, perché la liturgia al mattino (col pasto successivo) è considerata una rottura del digiuno.
Possiamo concludere dicendo che organizzare un pasto comunitario dopo la liturgia non è solo un fatto buono, ma perfino spirituale; ma se questo non è possibile, non dobbiamo considerarlo "indispensabile". L'accento di queste agapi non è mai liturgico, ma di servizio sociale, tant'è che non era servito dai preti o dai vescovi, ma da diaconi e diaconesse, sottolineando l'aspetto umano più che cultuale. Possiamo pensare queste mense al giorno d'oggi come una occasione per la catechesi e i colloqui spirituali, ma ci sono anche altri modi di comunicare coi fedeli ( e fra fedeli).
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