Storia dell'Iconografia in Russia (Davide Regano)

 Il Servo di Dio Davide Regano ha concesso parte del materiale della sua tesi di Laurea per questo articolo che analizza in profondità lo sviluppo dell'iconografia russa medievale. Le note che seguono sono prese direttamente dalla sua tesi, così come il testo.  

In nessun luogo l’arte dell’icona si diffuse come in Russia. La relativa, l’indipendenza politica ed economica furono probabilmente le premesse che condizionarono il fiorire di quest’arte, ma rimane l’enigma di come un paese “barbaro” come la Russia sia stato capace di sviluppare una forma d’arte così evoluta in un tempo tanto breve.

Occorre ricordare che i popoli slavi come, appunto, i russi, furono evangelizzati della Chiesa di Costantinopoli. L’influenza bizantina sulla Rus’ di Kiev e, successivamente, sugli altri stati russi, fu molto evidente nel campo artistico e culturale per diversi secoli. I primi metropoliti [18] di Kiev erano, almeno fino al XII sec greci [19], come gli artisti che decoravano le chiese. Il fatto che la cattedrale di Kiev fosse dedicata alla Santa Sapienza di Dio (Agia Sophia, in greco) proprio come la sua omologa di Costantinopoli, è emblematico di questa simbiosi con il mondo bizantino. La stessa Chiesa Russa fu una metropolia sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli; otterrà l’indipendenza (autocefalia) soltanto nel 1589, prendendo simbolicamente il posto di Roma nella Pentarchia [20].

Come nella pittura bizantina, anche in quella russa vi è una suddivisione in scuole locali, ciascuna con delle caratteristiche ben precise: ci soffermeremo sulle più rappresentative del periodo storico preso in esame.

La Scuola di Kiev

Kiev venne fondata all’incirca nell’anno 860 d.C. da delle tribù di commercianti e navigatori di origine scandinava, i quali si mescolarono con le popolazioni locali slave ugrofinniche dando origine allo stato che si estendeva dal Mar Nero alle coste meridionali del Mar Baltico, noto come Rus’ [21] di Kiev, che insieme all’Impero Romano d’Oriente divenne uno dei più importanti regni dell’oriente cristiano.

Nel X sec. divenne un importante snodo commerciale sull’itinerario Scandinavia-Novgorod-Costantinopoli (la cosiddetta “via variago [22] greca), ed era interessata a mantenere relazioni con la capitale bizantina, stimato centro di alta cultura. Fu nel 988 quando il gran principe di Kiev San Vladimir decise di prendere in moglie la principessa bizantina Anna, sorella dell’imperatore Basilio II, che il popolo russo si convertì al Cristianesimo. Così Kiev divenne la culla della Chiesa Ortodossa Russa.

 In questa città nacquero i primi laboratori russi di icone, anche se ne si sa poco perché nessuna di queste icone si è conservata: il solo modo per avere un’idea di come potesse essere l’iconografia kieviana di quel periodo è ammirare il piccolo numero di mosaici  e pitture parietali, conservati principalmente nella cattedrale di Santa Sofia, i quali sono una testimonianza dello stretto legame con Costantinopoli, da cui i principi di Kiev fecero arrivare mosaicisti e iconografi per decorare le prime chiese della Santa Rus’. L’unico nome di pittore a noi noto di questo periodo è Sant’Alipio, che ha istoriato l’icona della Theotokos “Pecerskaya”, ovvero del Monastero delle Grotte di Kiev (in russo “Kievo Pecerskaya Lavra”), di cui Sant’Alipio era monaco. In questa icona, la Madre di Dio è raffigurata assisa sul trono con il Divin Figlio in braccio -rientra pressappoco nel modello iconografico della “Platytera”[23]- affiancata dai Santi Antonio e Teodosio, fonatori del monastero. Nel 1169 la città venne saccheggiata da Andreij Bogoliubskij, granduca di Vladimir, e nel 1240 avvenne la distruzione da parte dei tartari dell’Orda d’oro; dopo questo evento nefasto la Rus’ di Kiev si frammentò in diversi principati russi indipendenti, i cui governanti facevano però tutti parte della dinastia rijurikide [24] .    



Cristo in Trono, scuola di Novgorod, XIII secolo


La Scuola di Novgorod e Pskov

Dal XI secolo Novgorod si sviluppò a potente città commerciale, con sfera d’influenza sulla Russia settentrionale, dal Baltico agli Urali. Vi sono due aspetti di Novgorod che le hanno conferito un posto speciale nella storia della Russia; il primo fu politico: la città era una repubblica governata da un principe e da un’assemblea, il Wetsye, entrambi eletti. I boiari (nobili) e i mercanti prendevano parte alle decisioni, ma anche il popolo aveva il diritto di esprimersi, e la scoperta di migliaia di lettere scritte dai contadini su corteccia di betulla [25] dimostra che la maggior parte dei cittadini di Novgorod sapeva leggere e scrivere, mentre in Europa occidentale gli unici a saperlo fare erano solo gli ecclesiastici e i nobili.

Il secondo aspetto era la posizione della città al centro di una palude praticamente impenetrabile. La città poteva svilupparsi indisturbata, non fu infatti mai predata dai tartari. Per questo motivo è possibile seguire l’evoluzione artistica di Novgorod nei secoli.

Le attitudini spirituali dei cittadini di Novgorod sono riconoscibili nell’arte della città che rivela caratteristiche tanto aristocratiche quanto borghesi; questa evoluzione può essere seguita già dall’XI secolo, poiché i contatti commerciali di Novgorod con paesi lontani e vicini le resero possibile l’assimilazione di diversi elementi, ciò spiega che a Novgorod si producessero icone con immagini inusuali, tra cui rappresentazioni storiche. La composizione nelle icone di Novgorod era generalmente complicata e la rappresentazione era chiara e comprensibile: il disegno chiaro e forte rendeva dominante l’elemento grafico su quello pittorico. I dettagli anatomici sono definiti linearmente in modo da escludere una costruzione organica: il corpo è cioè sezionato in superfici geometriche definite da contorni precisi, ricondotte a proporzioni semplici e ordinate, mentre vi è poca attenzione per l’effetto plastico. I colori sono chiari e puri, non vi sono sfumature e sono preferiti i colori pieni e contrastanti e per il fondo e i nimbi si usa quasi sempre il rosso in luogo dell’oro.

Per conoscere le icone della scuola di Novgorod, occorre vedere quali sono i santi e i temi iconografici più ricorrenti. Tra di loro vi è San Giorgio, considerato patrono della Russia e protettore del suo esercito. La sua agiografia non subisce grandi mutamenti, anche se si preferisce la variante in cui il santo doma il drago e salva la principessa [26] a quello in cui uccide il mostro. Questo racconto fu illustrato prima e più spesso nelle icone russe che in quelle bizantine. Il profeta Elia, San Nicola di Mira in Licia il taumaturgo [27] e i santi Biagio, Floro e Lauro sono venerati come protettori dei contadini, dei loro beni e del bestiame. Le sante Paraskeva e Anastasia divennero le patrone dei commercianti. Il culto di Santa Paraskeva si riallaccia a quello di una divinità pagana chiamata Mokos, simbolo del matrimonio e della primavera. 

Se Santa Paraskeva era associata al venerdì (giorno della settimana dedicato alla Passione), Sant’ Anastasia era invece associata al culto domenicale [28]. I santi spesso sono posti al centro dell’icona, mentre le vicissitudini delle loro vite sono rappresentate nel bordo, in maniera forbita, accentuando i fatti importanti. Le figure stesse sono rappresentate sobriamente, in movimenti armoniosi, poco significanti; le onde dell’acqua e l’andare delle persone sembrano ferme nel tempo. 

Nel XV secolo avviene un avvicinamento tra Novgorod e Mosca per quanto riguarda lo stile, e si parla talvolta di stile Novgorod-Mosca. In quel periodo molti artisti di Novgorod andarono a Mosca e viceversa, e il più famoso fu Teofane il Greco. Accanto a Novgorod, Pskov era il centro più importante della Russia nordoccidentale. Come Novgorod fu risparmiata dalla dominazione dei tartari e poté così svilupparsi indisturbata tra il XII e il XVI secolo. Nel 1510 Pskov venne annessa al Granducato di Mosca, ma questo non ne diminuì l’importanza e nel XVI-XVII secolo fu un centro commerciale di rilievo in contatto con l’Europa occidentale.

Inizialmente non si faceva distinzione tra l’arte di Novgorod e quella di Pskov tanto erano vicine le due città, solo in tempi più recenti si è aperta la strada a un riconoscimento su base scientifica di una scuola separata di Pskov. Alcune icone di Pskov posseggono la stessa atmosfera mistica, eredità diretta di Bisanzio; è difficile dimostrare come questa sia nata, basti dire che è sempre presente nelle icone stesse. Sono tipici i piccoli capi rotondi dagli occhi espressivi, simili a perle nere nella loro orbita, e le gote ravvivate da zone luminose cuoriformi.  Grande attenzione è dedicata ai vestiti, meticolosamente dipinti: gli orli sono spesso decorati con perle, realizzate con densi tocchi di pittura. Di conseguenza la superficie dipinta rimane ineguale. Si vedono spesso nella parte superiore della composizione i santi in serie statica, uno accanto all’altro: manca ogni dinamismo nelle icone di Pskov, l’unico elemento sempre presente è lo sguardo espressivo che il santo rivolge all’osservatore.

      

La Scuola di Vladimir-Suzdal


Il piccolo principato di Vladimir-Suzdal raggiunse la sua prosperità nel XII secolo grazie ad Andrei Bogoliubski e al suo successore re Vsevolod. Entrambi furono dei cultori della civiltà e della cultura bizantina tanto che mandarono i propri figli a Costantinopoli perché vi ricevessero una educazione elitaria; dalla città sul Bosforo chiamarono dei pittori. Dopo la distruzione di Kiev nel 1240 ad opera dei tartari, il principato di Vladimir e Szdal ne assunse la funzione culturale all’interno della Rus’.

Non può sorprendere dunque che le icone della Scuola di Vladimire-Suzdal risentano fortemente dell’influsso bizantino: vi si riconoscono continuamente il perfetto equilibrio e l’armonia di linee e colori; anche la composizione ricorda talmente Bisanzio, che per certe icone non è chiaro se siano state eseguite lì o a Vladimir-Suzdal. Una sola caratteristica ci permette di una scuola propria di questo luogo: la predilezione per l’ornamentazione. Due icone della Vergine sono state definitivamente associate a Vladimir pur essendo probabilmente di origine bizantina: la prima, la Vladimirskaya, venne istoriata a Costantinopoli al tempo della dinastia dei Comneni. Fu inviata in dono al principe di Kiev Jurij Dolgorukij dal patriarca Luca Crisoberge nel 1131. Essa rimase a Kiev fino al 1155, quando il figlio di Jurij, Andrei Bogoliubski, la portò a Vladimir. Secondo la tradizione, i cavalli che trainavano il carro che trasportava l’icona si fermarono proprio vicino alla città e si rifiutavano di andare avanti. Il popolo interpretò l’episodio come un segno secondo cui la Vergine desiderava che la sua icona rimanesse nella città. Per custodire la santa immagine venne costruita la Cattedrale della Dormizione, cui seguì la costruzione di altre chiese dedicate alla Theotokos. Nel 1395, durante l’invasione di Tamerlano, la Vladimirskaya fu trasferita a Mosca. Nel luogo in cui i moscoviti incontrarono l’icona della Madre di Dio venne edificato il Monastero Sretensky, dove avvenne un miracolo: il Gran principe di Mosca Basilio II trascorse una notte intera in preghiera davanti all’icona; il giorno successivo l’esercito mongolo si ritirò. La città si rifiutò di restituire questa icona della Theotokos a Vladimir, così venne edificata sul Cremlino la Cattedrale della Dormizione (proprio come avvenne a Vladimir) in cui trovò la sua collocazione definitiva fino alle rivoluzioni del 1917. Attualmente l’icona della Madre di Dio di Vladimir è esposta nella Galleria Tretjakov di Mosca. 

La Vladimirskaya è della tipologia Eleousa [29]: tiene il bambino sul braccio destro e inclina maternamente iol capo verso di lui. Egli la abbraccia e si abbandona teneramente alla sua guancia. 

Un’altra icona rappresentativa della scuola di Vladimir-Suzdal è la “Bogoliubskaya”. Nel 1158 la Madre di Dio apparve in sogno ad Andrei Bogoliubski (dal quale prende il nome): teneva in mano una pergamena recante una scritta di raccomandazione con la quale istruiva Andrei di non portare questa sua icona a Suzdal ma di tenerla a Vladimir e costruire una chiesa dedicata alla sua Natività [30]. Uno dei temi iconografici maggiormente presenti nelle chiese di Vladimir-Suzdal è la Deesis, che raffigura la Vergine e San Giovanni il Battista in atteggiamento di supplica verso il Cristo in trono, una alla sua sinistra, l’altro alla sua destra.

La scuola di Vladimir-Suzdal venne assorbita dalla Scuola di Mosca nel corso del XV secolo.

La Scuola di Mosca

La scuola moscovita iniziò a svilupparsi attorno al 1300, quando Kiev, la culla della Rus’, aveva ormai perso la sua posizione dominante e Mosca divenne gradualmente il centro religioso della Russia. Costantinopoli rimaneva ancora, almeno inizialmente, il modello indiscusso, ma un po’ per volta le città russe acquisirono fiducia in sé stesse, finché Mosca non si emancipò dalla capitale bizantina. Quando la capitale dell’Impero Romano d’Oriente venne espugnata dai turchi ottomani nel 1453, il Gran Principe di Mosca proclamò la teoria della “terza Roma” [31] e le sue aspirazioni furono coronate dal successo nel 1589, quando la Chiesa Russa ascese al rango di Patriarcato [32]. La politica di centralizzazione fece della città il centro focale del mondo ortodosso russo e la sua influenza si estese a tutta la Russia. La città attirò i migliori maestri iconografi – tra cui Teofane il Greco – così la qualità della scuola moscovita superò quella delle altre scuole. Ma accanto all’influsso esercitato per effetto del suo potere politico e spirituale, Mosca subì a sua volta quello di altri centri: prima Costantinopoli e poi Novgorod, i cui influssi lasciarono tracce profonde nelle opere realizzate a Mosca. L’influenza di Costantinopoli risale al XIV secolo, quando da lì furono invitati artisti per decorare la cattedrale metropolitana della Dormizione, sul Cremlino; per questo motivo le icone più antiche di Mosca hanno i caratteri stilistici del periodo tardo-bizantino.

La pittura moscovita delle origini non è pensabile senza Teofane il Greco, artista di probabili origini cretesi che nel 1395 passò da Novgorod a Mosca. Le icone che ci sono rimaste di lui denotano un’idea molto personale dello stile: i colori sono contenuti, l’incarnato è accentuato da vigorosi segni bianchi. Teofane cercò i suoi modelli nell’arte monumentale. A Mosca divenne il maestro del più famoso di tutti i pittori di icone: andrei Rublov (1370-1430), considerato il più insigne maestro iconografo; esaminando l’opera di Rublov non si può più parlare di un’adesione alla tradizione bizantina o di fedeltà alle sue dottrine formali ed estetiche. La gamma cromatica della tavolozza di Andrei Rublov è l’elemento più individuale della sua opera: la sua inventiva coloristica è incredibilmente complessa e nessun pittore lo ha eguagliato nella sua sensibilità per l’uso armonioso del colore. Sapeva combinare l’arancione, il vermiglio e il turchese in maniera magistrale con un vero senso di misura e proporzione; egli controllava completamente il potere espressivo e l’intensità dei colori e, più di qualunque altro artista, era capace di conferire al colore una bellezza soprannaturale. Altrettanto evidente era il suo talento per il disegno: andava sempre alla ricerca di nuove forme espressive, e vi riusciva disegnando figure nelle quali accentuava le linee che, mediante elasticità e ritmo, richiamavano il movimento: ciò dava alle sue figure una grazia riservata. Un’importante funzione hanno i movimenti delle varie parti del corpo e l’onnipresente inclinazione del capo [33]. Con mirabile delicatezza Rublov riusciva a fare in modo che le silhouettes delle sue figure fossero in armonia con lo sfondo. 


Trasfigurazione di Gesù, Teofane il Greco, seconda metà del XIV sec.
Mosca, Russia, Galleria Tretjakov.

Se guardiamo, per esempio, alla celeberrima icona della Trinità dell’Antico Testamento [34], non può stupire che Rublov sia stato il grande modello per le successive generazioni di pittori. La sua fama di iconografo è confermata dal fatto che al Concilio di Stoglanov [35] venne stabilito che le icone di Rublov fossero il modello a cui rifarsi.

Colui che è generalmente riconosciuto come uno dei più distinti successori di Andrei Rublev è Dionisij (1440-1508). Egli prese Rublov a modello, ma adattò il suo stile al mutato gusto del tempo, e lo fece in modo tanto eminente che divenne, nel XVI secolo, il maggior esponente della scuola di Mosca, segnando l’inizio di una maggiore raffinatezza nella pittura di icone. Le figure non hanno più proporzioni naturalistiche, si allungano e si fanno straordinariamente eleganti, le teste sono rimpicciolite. Notevole è l’allungamento dei piedi giù dalle caviglie, che fa sembrare che le figure siano sospese. I movimenti sono contenuti e nello sfondo vi sono elementi architettonici. L’eredità artistica di Rublev è evidente soprattutto nell’uso dei colori, ai quali era in grado di dare un aspetto etereo e un’impressione di trasparenza.

Dionisij è noto anche per aver eseguito il ciclo di affreschi nel Monastero di Ferantopov, che si annovera tra le più illustri opere dell’arte russa del tempo. Questi tre grandi artisti, Teofane il Greco, Andrei Rublov e Dionisij furono determinanti per l’evoluzione della scuola moscovita di pittura di icone. Il grnde incendio del 1547 che devastò una buona parte di Mosca, fu l’incentivo a una nuova fioritura dell’arte dell’icona. Un gran numero di icone andarono perdute e Mosca fece appello ai pittori di tutti gli angoli del paese perché accorressero a rimediare al danno. Ebbe così inizio il periodo dello stile misto. Ora colori caldi e temperati sono accostati attorno al rosso brillante.  

Luce e ombra entrano a far parte dell’idioma degli iconografi, la disposizione delle figure diviene vivace e armoniosa; lo sfondo e il bordo sporgente sono spesso dipinti in bruno; rupi e figure architettoniche sono sempre più presenti nello sfondo. All’infuori degli influssi stilistici di altre scuole (Novgorod in particolare) sull’iconografia, si trasforma il contenuto tematico della pittura. Ancora nel XV secolo i pittori si limitavano all’essenza della figurazione; ora l’attenzione si sposta sull’elemento narrativo. Si presentano molte più figure e il tema principale è attorniato da altri temi, subordinati. L’iconografo diviene consapevole del proprio ambiente e preferisce ogni giorno di più il tetto russo a schiena d’asino alla cupola bizantina [36]. Anche la natura viene trattata diversamente; fino al XV secolo il paesaggio era formato di rocce cubiche aguzze, da questo momento si distende dolcemente e qua e là si erge un cespuglio o un albero. Oltre a questo interesse per la vita di tutti i giorni, il pittore di icone sviluppa la consapevolezza di quello che avviene in occidente e introduce la prospettiva e la tecnica di una rappresentazione naturalistica del corpo umano. Il tema essenziale della rappresentazione viene oscurato dall’elemento ornamentale e il lato decorativo assume una grande importanza.

Il maggior rappresentante di questo nuovo stile fu Simone Usyakov. Egli si impegnò da un lato per il rapporto tra l’elemento divino e l’elemento umano nell’arte sacra, e nello stesso tempo era deciso a introdurre la tecnica occidentale nell’arte russa. Tale orientamento occidentale si fece sempre più evidente durante il regno dello zar Pietro il Grande: all’inizio del XVIII secolo ciò dette luogo a cambiamenti che risultarono fatali per la pittura tradizionale, perché a seguito dell’attenzione rivolta alle innovazioni dell’occidente, l’icona sperimentò un periodo di decadenza; in determinati ambienti fu persino considerata con disprezzo. Non può dunque stupire che l’ispirazione venisse a mancare e che le icone perdessero la loro autenticità. Ciò segnò la fine dell’antica arte dell’icona secondo i canoni tradizionali.

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NOTE


[18] Il Metropolita dell’episcopato che si riferisce a un vescovo che ha la cura pastorale di una città e del territorio circostante, che talvolta può essere un intero paese. Un metropolita può essere anche il primate di una chiesa autocefala. Nella tradizione russa questo grado è superiore all’arcivescovo, mentre per i greci è il contrario.

[19]I primo metropolita di Kiev, San Michele I, era addirittura siriano, dunque proveniva dal Patriarcato di Antiochia.

[20] La Pentarchia era la formazione originaria dei cinque patriarcati storici che hanno governato la Chiesa durante il primo millennio. La sede romana cadde in scisma nel 1054. Mosca prese simbolicamente il suo posto, in quanto considerata la “Terza Roma”.

[21] Rus’ era il nome con cui le popolazioni slave e ugrofinniche si riferivano ai navigatori scandinavi che fondarono Kiev. Col tempo questo nome verrà usato per indicare sia il Principato di Kiev che l’insieme di tutti gli altri stati russi

[22] Variaghi era il nome con cui i bizantini chiamavano i normanni

[23] In greco significa “più ampia (dei cieli). Questa è una variante della Blachernitissa, in cui la Santa Vergine è raffigurata in posizione frontale in atteggiamento contemplativo e con le mani alzate. Sul suo ventre vi è un clipeo con Gesù bambino benedicente, il quale sta a significare che la Madre di Dio ha portato nel suo grembo Colui che nemmeno i cieli possono contenere; dunque è per questo che alla Vergine Maria spetta il titolo di “platytera ton ouranon”, “più ampia dei cieli”.

[24] La dinastia rijurikide ha governato gli stati russi dal IX secolo all’inizio del XVII secolo. Essa prende il nome da Rijurik, il leggendario condottiero normanno che ha fondato Kiev e Novgorod intorno al 862. Nel 1613 la sua progenie si estinse e in Russia salì al potere la seconda e ultima dinastia della storia russa: i Romanov. 

[25] La corteccia delle betulle veniva usata per scrivere, dal momento che non era ancora conosciuta la tecnica per produrre la carta e le pergamene erano costose. Tania Velmans, L’arte dell’icona, op. cit., p. 315

[26] Secondo un racconto diffuso tra i cristiani del IV secolo e rielaborato in seguito nella Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze, San Giorgio avrebbe salvato una principessa nella città di Silena, in Cirenaica (l’attuale Libia) da un drago che viveva in un immenso lago, il quale avrebbe chiesto la fanciulla come tributo. San Giorgio che uccide il drago divenne il simbolo della lotta cristiana contro il diavolo.

[27] Deriva dal greco e significa operatore di miracoli.

[28] Anastasia in greco significa esattamente “Resurrezione”, e il giorno in cui si ricorda la Risurrezione di Cristo dai morti è la domenica, nel quale si celebra la Divina Liturgia

[29] Eleousa, ovvero “della tenerezza”, riferito allo scambio di affetto con cui sono raffigurati la Vergine e Gusù bambino in questa tipologia iconografica

[30] La Natività della Vergine fa parte delle 12 Grandi Feste del ciclo liturgico. Viene celebrata l’8/21 settembre.

[31] Secondo questa teoria, l’eredità culturale, politica e religiosa di Costantinopoli, la Seconda Roma, passò a Mosca, che divenne conseguentemente la Terza Roma.

[32] Argomento già citato a pag.26 

[33] Oltre a essere una soluzione tecnica è anche un simbolismo: il capo inclinato è segno di devozione, soprattutto per quanto riguarda le raffigurazioni dei santi. Anche nella liturgia bizantina sono frequenti le esortazioni al popolo proprio a “inchinare il capo al Signore”.

[34] Si tratta dell’episodio biblico dell’ospitalità di Abramo dei tre fanciulli alle querce di Mamre. La Chiesa ha interpretato questo avvenimento come una manifestazione della Trinità. Nella tradizione russa il giorno della Santissima Trinità coincide con la Pentecoste.

[35]Lo Stoglavyj Sobor, conosciuto come il Concilio dei Cento Capitoli, fu un concilio tenutosi a mosca nel 1551 per volere dello zar Ivan il Terribile allo scopo sia di sostenere la Chiesa contro i movimenti eretici antifeudali sia di subordinare allo stato il potere secolare di quest’ultima.

[36] Hetty J. Roozemond – Van Ginhoven, Ikon, arte ispirata, edizioni De Wijenburgh, 1980, p.26


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