I Martiri di Sebaste - ovvero il coraggio cristiano

 La festa dei Quaranta Martiri di Sebaste è commemorata il 9 marzo. Siamo, spesso, all'inizio della Quaresima, e questo non è un caso. Il martirio dei santi legionari armeni ci insegna infatti il coraggio, il vero coraggio dei cristiani che devono avere non solo nel superare la gara del digiuno, ma della lotta nella vita. I Quaranta erano soldati della Legione XII Fulminata, erano soldati, abituati a combattere le guerre di Roma con coraggio umano, eppure erano anche cristiani, e professavano la via della Vita. Nel 320 d.C. a Melitene, Licinio imperatore scatena una delle sue persecuzioni e anche questi coraggiosi soldati sono vittime di quel repulisti imperiale. San Basilio [1] a soli cinquant'anni dalla loro morte riporta con enfasi il loro martirio. I nomi dei nostri martiri sono:  Aezio, Eutichio, Cirione, Teofilo, Sisinnio, Smaragdo, Candido, Aggia, Gaio, Cudione, Eraclio, Giovanni, Filottemone, Gorgonio, Cirillo, Severiano, Teodulo, Nicallo, Flavio, Xantio, Valerio, Esichio, Eunoico, Domiziano, Domno, Eliano, Leonzio detto Teoctisto, Valente, Acacio, Alessandro, Vicrazio detto Vibiano, Prisco, Sacerdote, Ecdicio, Atanasio, Lisimaco, Claudio, Ile, Melitone ed Eutico o Aglaio.


 Nonostante l'invito all'abiura, i soldati sostennero la loro fede; vennero quindi condannati dal prefetto ad essere esposti nudi su uno stagno ghiacciato nelle vicinanze di Sebaste, durante una notte invernale. L'unico dei confessori a non reggere fu Melezio, il quale, dopo aver abbandonato i suoi compagni, trovò rifugio nei bagni caldi, ma a causa dello sbalzo di temperatura morì sul colpo. 

Immaginiamo cosa possono aver patito quella lunga notte i nostri coraggiosi martiri. Mentre la loro vita fluiva lentamente via dal loro corpo, riflettevano sul senso di quel che stavano facendo. Sono rimasti lì, potendo uscire e salvarsi mondanamente, ma hanno preferito la salvezza dell'anima. Anche noi, come i martiri di Sebaste, siamo chiamati a questo coraggio, il coraggio di testimoniare a noi stessi e agli altri la Fede che professiamo con le labbra. La nostra vita diventi una battaglia per Cristo, per la vita eterna.  Melezio invece, volendo preservare la vita terrena, la perse. Proprio come dice il Signore Gesù: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita?(Matteo 9:24-25) e qual migliore esempio del martirio dei Quaranta conferma le parole del Cristo? 

I soldati, quella lunga notte, si sono confortati a vicenda. I soldati sanno quanto è importante la lealtà e l'amicizia nell'unità militare, quando un gruppo di uomini si ritrova solo contro il nemico. Ci si fida ciecamente uno dell'altro, altrimenti il plotone non ha speranze. Allo stesso modo, noi cristiani siamo parte del grande battaglione della Chiesa. Combattiamo uniti le nostre battaglie interiori, i nostri problemi, le nostre tribolazioni. Non siamo soli: abbiamo con noi gli Angeli, i Santi e il Paradiso intero a nostro sostegno. Ma anche fra noi dobbiamo aiutarci, così come si sostennero i Quaranta a vicenda. Quante cose possiamo imparare da questi grandi martiri! 

Per le preghiere dei Martiri di Sebaste, Signore Gesù Cristo Dio nostro, abbi pietà di noi e salvaci. Amen. 

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1) Basilio Magno, vescovo di Cesarea (370-379): Omelia 19 in Patrologia Graeca XXXI, 507

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