Durante lo scisma del 1054, Michele I, patriarca di Costantinopoli, in un messaggio a Pietro, patriarca di Antiochia, accusò i cattolici romani di tagliarsi la barba. Teodosio delle Grotte di Kiev, nella sua opera Catechismo della fede cristiana e sugli errori dei Latini, fece un'accusa simile. L'antica Chiesa russa aveva severamente proibito il taglio della barba, giudicandolo una prova di eresia e apostasia. Massimo il Greco, nella sua Lettera 137 scrive: "Se quelli che eludono i comandamenti di Dio sono definiti maledetti, come sentiamo negli inni sacri, allora quelli che si radono la barba dovrebbero essere sotto lo stesso canone". Il Concilio di Stoglav del 1551 proibì la rasatura e il taglio della barba (così come quella dei baffi). “Questa non è una tradizione ortodossa, ma cattolica, e quella dell'imperatore greco Costantino Kovalin, che i canoni apostolici e patristici proibiscono e vietano severamente. La regola apostolica afferma che se un uomo si rade la barba e muore sbarbato, non deve essere commemorato con un servizio di sepoltura, o il 40° giorno, ma deve essere considerato un eretico”. Cfr. canone 96 ° del Concilio di Trullo.
Il Potrebnik (Eucologio) del 1639 e lo Sluzhebnik (Messale) del 1647 anatemizzano la rasatura della barba (p. 600 ob.), così come il Libro di Kirill (capitolo 26) e il Libro della fede (capitolo 28). I vecchi credenti si sono fermamente rifiutati di tagliarsi la barba, anche sotto l'imperatore Pietro I, che lo ha ordinato, e per questo subirono punizioni atroci da parte dello Stato.
Al giorno d'oggi moltissimi ortodossi si rasano la barba regolarmente e mantengono i loro volti glabri. Senza voler essere eccessivamente pedanti, dovremmo tuttavia ricordarci che la Tradizione ortodossa vuole che gli uomini mantengano la loro mascolinità e il carattere virile, e la barba è sicuramente un attributo dell'uomo maturo.
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