La Quinta Domenica di Pentecoste - "dell'indemoniato di Gedara"

 Oggi abbiamo letto il Vangelo secondo Matteo 8:28-34, che parla dell'indemoniato di Gedara. 

Quando fu giunto all'altra riva, nel paese dei Gadareni, gli si fecero incontro due indemoniati, usciti dai sepolcri, così furiosi, che nessuno poteva passare per quella via. Ed ecco si misero a gridare: “Che c'è fra noi e te, Figlio di Dio? Sei tu venuto qui prima del tempo per tormentarci?”. Lontano da loro c'era un gran branco di porci che pascolava. E i demòni lo pregavano dicendo: “Se ci scacci, mandaci in quel branco di porci”. Ed egli disse loro: “Andate”. Ed essi, usciti, se ne andarono nei porci; ed ecco tutto il branco si gettò a precipizio giù nel mare e morirono nelle acque. Quelli che li pasturavano fuggirono e, andati nella città, raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati. Ed ecco tutta la città uscì incontro a Gesù e, come lo videro, lo pregarono che si allontanasse dai loro confini. [Matteo 8:28-34]


Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.  

Cari fratelli e sorelle in Cristo, oggi incontriamo un episodio di guarigione: una esperienza non insolita nella vita di Cristo, che non era nuovo a questo genere di miracoli. Invece che di una guarigione fisica, come per esempio quella della figlia di Nain, qui parliamo di una guarigione spirituale. L'indemoniato era un uomo molto particolare, dice il Vangelo di Luca: abitava nei cimiteri. Lo stesso Vangelo (cap. 9:60) ci racconta di quel tale che, volendo seguire Gesù Cristo, domandò prima di poter seppellire suo padre, e si sentì rispondere: lascia che i morti seppelliscano i loro morti.  I morti sono, in quel caso, coloro che non conoscono Dio e che quindi non possono ereditare la vita eterna. I due episodi manifestano chiaramente un aspetto simbolico che nel Vangelo si ripete spesso: l'uomo morto, la tomba, sono simboli della infedeltà al progetto divino. Sono allegorie della condizione umana dell'uomo vecchio, legato alla terra e non a Dio, legato alle cose umane e non a Dio. L'indemoniato diventa per noi una allegoria dell'uomo malato, posseduto dai peccati e dai vizi, che vive nei sepolcri, ovvero vive nella infedeltà alla legge di Dio. L'indemoniato poi, vedendo il Signore, gli grida: ti prego, non tormentarmi. Non tormentarmi! Perché, non è forse vero che la Verità spesso ci tormenta, ci disturba? sappiamo che una cosa è vera, e non vogliamo accettarla anche quando questa si trova dinnanzi a noi. Ecco, l'uomo peccaminoso e malato spiritualmente vede dinnanzi a sé la Verità incarnata, vede il Signore Dio camminare dinnanzi a lui e lo chiama al pentimento, lo esorcizza. Quando gli spiriti impuri escono dal corpo dell'uomo, si rifugiano in un branco di porci, sotto la permissione dell'Altissimo. I maiali nella tradizione ebraica erano un animale impuro, corrotto, che non poteva essere mangiato: il branco di maiali si lancia nel mare, dove annega. Che meravigliosa allegoria del battesimo è questa! Quando il nostro animo corrotto viene  immerso nelle acque del battesimo, tutti i peccati vengono distrutti, l'uomo vecchio muore per lasciar posto all'uomo nuovo, all'uomo teoforo, portatore della bellezza divina. Non è un caso che il geraseno, rinnovato da Cristo, si veste bene e riesce a parlare normalmente, e da allora avere una vita sana. E l'uomo reso sano da Dio vuole seguirlo: ecco che si profila la figura del cristiano, di colui che ha conosciuto il Signore e vuole seguire le sue orme, e il Signore gli dà un comando, di essere apostolo fra la sua gente: vai e racconta ciò che ti è stato fatto. E quell'uomo, obbediente, compì la sua missione.  

Fra le varie chiavi di lettura del Vangelo di oggi, fra i vari livelli di profondità di questa pericope, ne riconosciamo almeno due: quello allegorico, che ho cercato di sintetizzare, e quello immanente, ovvero quello più immediato, la cronaca di un evento avvenuto realmente.  I due piani convivono e parlano a generazioni differenti: l'evento reale all'epoca fu un segnale per quelli in grado di capire, e per noi rimane non solo il ricordo di quell'episodio, ma anche la consapevolezza che tutto, nel Cristo, è sempre profondo e che occorre sondare la realtà del Vangelo anche nei suoi aspetti più simbolici.  

Vorrei riflettere ancora un po', cari fratelli, su questo fatto: siamo tutti geraseni finché non diventiamo cristiani ortodossi autentici. Siamo tutti lontani dalla grazia e ci fa paura Dio, preferiamo rimanere legati alla nostra comodità spirituale, alla nostra piccola e insignificante realtà. Ogni giorno dobbiamo alzarci dai nostri letti e diventare più ortodossi: non basta un documento, serve tutta la vita di lento e costante perfezionamento. Non si può essere cristiani ortodossi solamente il lunedì, oppure solo dalle cinque alle otto, per poi diventare qualcos'altro. La religione non è un fatto privato, l'Ortodossia è uno stile di vita. A differenza di altre fedi, che pretendono l'adesione ai loro dogmi e ai loro credi, la Verità della nostra fede è talmente luminosa che non lascia campo alla violenza, neppure alla violenza spirituale. Tutto ciò che facciamo da ortodossi per la Chiesa e nella Chiesa è un atto di amore. Nella Chiesa, niente è un obbligo. Non è obbligo il digiuno, non è obbligo pregare, non è obbligo confessarsi. Ma siamo noi che sentiamo il bisogno intimo e profondo del digiuno - datoci come arma spirituale dal Signore, oppure di piangere per le nostre colpe dinnanzi a Dio, oppure sentiamo l'amore che Cristo ha per noi e quindi ci avviciniamo alla santissima Eucarestia, la fonte della nostra crescita spirituale e via per la salvezza. Tutto ciò che un cristiano ortodosso fa, lo fa perché ha dinnanzi il Signore che gli dice: io ti libero dalla tua pesantezza. Se amiamo Dio, ameremo i suoi comandamenti, e se seguiremo i suoi comandamenti, avremo la vita eterna. La Chiesa Ortodossa in questo è perfetta, insegna perfettamente come seguire la legge del Signore. E' difficile, a volte, accettare la Verità, ma una volta che ci lasceremo vincere da Dio e ci metteremo in ginocchio davanti a Lui, allora la nostra vita troverà la luce con cui affrontare ogni tenebra.  Ed ecco che come il geraseno, anche noi ci metteremo in ginocchio e accetteremo di essere liberati, e di camminare di nuovo retti, con indosso l'abito bello della vita cristiana. Amen.  

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