La Decima Domenica dopo Pentecoste - "l'esorcismo sul lunatico"

Nella decima domenica di Pentecoste leggiamo il brano di Matteo 17:14-21, l'esorcismo del lunatico.

 Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo che, gettatosi in ginocchio, gli disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell'acqua; l'ho già portato dai tuoi discepoli, ma non hanno potuto guarirlo». E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatemelo qui». E Gesù gli parlò minacciosamente, e il demonio uscì da lui e da quel momento il ragazzo fu guarito. Allora i discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero: «Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?». Ed egli rispose: «Per la vostra poca fede. In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile. Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno».  [Matteo 17,14-21]


Cristo Salvatore guarisce un giovane indemoniato e pazzo, dice il Vangelo. Un demone che agiva sul giovane secondo le fasi del mondo. Prima di compiere questo miracolo, Cristo Redentore sembra irritato dalla richiesta, dall'ennesima richiesta che qualcuno sia guarito da Lui. Seppe che il padre del giovane si era rivolto agli Apostoli, i quali non erano riusciti a curare il pazzo dalla sua malattia. Poi si rivolge al popolo, in generale: "Generazione infedele e ribelle, fino a quando vi sopporterò?".È una parola di rimprovero, anche tagliente, e ha una spiegazione che Cristo Redentore ci fa vedere. Nell'economia divina e nel progetto di Cristo, queste guarigioni avevano lo scopo di scoprire la potenza divina, avevano lo scopo di scoprire Cristo come Figlio di Dio, di far conoscere Cristo come Dio. Penso di aver detto un'altra volta che se Cristo Redentore fosse venuto con la missione di guarire semplicemente i malati, l'avrebbe presa a sua volta e avrebbe guarito tutte le persone sofferenti. Guarisce, certo, parecchie persone, ma lo fa con il titolo di esempio e come gesto rivelatore della sua divinità.La maggioranza, i contemporanei e compaesani di Cristo Redentore, si rifiutarono di ammettere di non poter aprire gli occhi e il cuore per riconoscere Cristo.

come Dio. Gli esegeti sono del parere che qui Gesù si riferisca genericamente alla "incredulità del popolo di Israele".Di fronte a questo atteggiamento, Cristo Redentore si sente un po' sfruttato. Come se facessi un gesto, per esempio, dimostrerei il mio amore a qualcuno facendogli un regalo, e la persona prende il regalo e se ne va a casa, più o meno voltandomi le spalle. Non si rende conto che, in realtà, era una dichiarazione, un segno d'amore da parte mia.

Con quale amarezza rimango, separandomi da lui?! D'altra parte, il mio amico beneficia ancora e ancora della mia generosità, senza rendersi conto che è un gesto d'amore e rispondendo come si risponde a un gesto d'amore. In tali situazioni, ognuno prova la sensazione di essere usato: usa le sue cose, ma non lo tiene in considerazione. Si tratta anche della ben nota e diffusissima ingratitudine umana. Lo dico con grande amarezza perché anche noi lo stiamo vivendo.  Ecco perché il Salvatore è molto arrabbiato. Immaginate l'amarezza del Signore verso la fine, quando anche i discepoli, anch'essi impotenti, prigionieri della meschina percezione e prospettiva umana, non potevano vedere oltre la dolcezza delle parole di Cristo Salvatore, l'altezza delle Sue parole, oltre gli straordinari miracoli, Dio stesso. Gli Apostoli non sono riusciti ancora a trasfigurarsi, a compiere la metamorfosi verso lo stadio superiore dell'umanità, l'Uomo cristiano, l'Uomo spirituale. Gli Apostoli erano nella scuola del Redentore, si preparavano alla loro missione, ma non erano ancora nella pienezza. E Cristo si innervosisce con loro: li pensava più pronti! Questo è il problema che pone il vangelo di oggi. Come attraverso i Profeti dell'Antico Testamento, il Salvatore rimprovera il suo popolo per gli stessi motivi: il popolo ha beneficiato del dono di Dio, degli interventi miracolosi di Dio, che lo ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, ha dato loro la terra di promessa, li ha resi vittoriosi contro molti, li ha posti sulla via della verità e tuttavia il popolo si rivolge al vitello d'oro e adora gli idoli. Tanta caduta, tanta ingratitudine! Questo rende Dio molto triste! 

Penso che sia rattristato anche dal fatto che non trova quel grano di fede, che muove le montagne, che, poi, non trova nemmeno negli Apostoli.  Certo, è un linguaggio metaforico, ma può anche essere preso come tale, direttamente. Noi umani siamo impotenti. Proprio questo vuole dirci Cristo Redentore: voi avete questa possibilità e non avete la volontà di beneficiarne. Hai l'opportunità di spostare le montagne e non lo fai. Questa è la misura della forza dell'uomo. Dell'uomo con Dio, non dell'uomo solo! Ma l'uomo è arrogante! Avrebbe, ovviamente, voluto spostare le montagne, ma per la sua gloria personale e per la superbia, per la vanagloria e per schiacciare il prossimo. Per questo il Signore limita assai molto la potenza dell'uomo caduto, e dona ampi poteri e grazie solo a coloro che saprebbero contenere il proprio ego nell'usarli. Ovvero, i santi. 

La nostra lettura di oggi termina con una ingiunzione del Signore: i demoni si scacciano solo con la preghiera e col digiuno. Ecco, fratelli e sorelle, le armi della lotta spirituale, le armi della salvezza! il Redentore stesso ci indica la via. Digiunare, pregare, seguire i ritmi della Chiesa: questo ci porterà ad uno stato d'essere più elevato, più spirituale, e avremo la possibilità di compiere cose grandi. Già sopravvivere spiritualmente a quest'epoca è una di queste.

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