L'Undicesima Domenica dopo Pentecoste - "del debitore irriconoscente"

 Oggi, per l'Undicesima Domenica del tempo di Pentecoste, leggiamo la parabola del debitore malvagio, Matteo 18:23-35.

A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.  Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello. [Matteo 18,23-35]


Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

"E rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debiti...".

Amati credenti,

certamente avete riconosciuto le parole della preghiera del " Padre nostro ". Perché pensi che io abbia iniziato il sermone di oggi con questo brano? Perché è strettamente legato al Santo Vangelo che è stato letto, con il suo tema principale: il perdono.

Tuttavia, dobbiamo riconoscere fin dall'inizio, a volte quando diciamo il Padre Nostro e arriviamo a questo frammento, stiamo mentendo. Non trovate questa affermazione scioccante? perà è vero, purtroppo. Nella maggioranza dei casi, almeno. Non siamo in grado di perdonare veramente. Non siamo in grado di superare dei traumi causati da degli intercorsi che ci hanno lasciato l'amaro in bocca. Non riusciamo a "rimettere il debito" che gli altri hanno con noi: ci leghiamo al dito le loro supponenze, le loro cattiverie, le loro iniquità verso di noi. In poche parole, ripetiamo il Padre Nostro diverse volte al giorno, ma non ci crediamo realmente. O almeno, vorremmo farlo, vorremmo dire quelle parole con realismo, ma non ci riusciamo. Quanto è difficile perdonare! vogliamo che i nostri gravi errori con venissero presi in considerazione, ma ahimé non riusciamo a perdonare un piccolo sgarbo che ci ha fatto il fratello. E la parabola di oggi ci parla proprio di questo. 

Alle volte ci diciamo: mentire, odiare, forzare la propria volontà sugli altri è l'unico modo in cui posso salvare la mia dignità! Grande autoillusione! Dove non c'è amore, sicuramente risiede l'odio. E l'odio divora l'anima come la ruggine il ferro!  Allo stesso tempo, chi non perdona è come un assassino per il suo prossimo. Lo dice il Santo Apostolo ed Evangelista Giovanni: Chi non ama il proprio fratello rimane nella morte. Chi odia suo fratello è omicida, e voi sapete che ogni omicida non ha la vita eterna... (I Giovanni, 3, 15).

L'odio verso il prossimo nasce, infatti, dalla non estirpazione dei propri peccati. Perché Abba Mosé nel Paterikòn egiziano dice : "Se un uomo non sente nel suo cuore di essere un peccatore, Dio non lo ascolta". E un fratello gli domandò: "Che cos'è questo, avere nel cuore che uno è un peccatore?" E il vecchio gli disse: "Chi porta i propri peccati, non vede quelli del suo prossimo". Un'altra cosa accade nei casi di non riconciliazione: c'è il pregiudizio che colui che perdona sia un uomo debole. Che  E così via Niente di più falso. San Giovanni Crisostomo dice: "Davide ha ottenunto una vittoria più grande quando ha risparmiato Saul che quando ha sconfitto Golia". E i latini hanno un proverbio: "Vince sempre chi perdona (Perpetuo vincit qui utitur clementia, Balbus, Sententiae)". Ecco, allora, la soluzione: chi perdona è un conquistatore, perché di fatto vince (sconfigge) prima se stesso. In questo senso, dobbiamo anche esaminare noi stessi: non è possibile che non perdoniamo perché non possiamo sconfiggere il nostro orgoglio personale?

Ora, dopo aver riflettuto insieme sull'orgoglio e sul perdono, c'è da dire che la parabola ci parla anche di una dimensione escatologica.   Si riferisce al Giudizio Universale: «Così vi farà il Padre mio celeste, se non perdonerete - ciascuno al suo fratello - di cuore» (v. 35). Il padrone introdotto nella discussione della parabola è Dio, e noi siamo i servi debitori. Tutti abbiamo 10mila talenti dovuti a Dio. Siamo nati con questo dovere verso Dio. Dio, attraverso il perdono concesso, ha offerto al debitore la possibilità di correggersi prima della fine della sua vita. Solo lui, dopo aver ricevuto il perdono, si è comportato in modo disumano con i suoi debitori.

Dio, da una parte, gli aveva perdonato il debito e, dall'altra, lo aveva liberato. Ci sono due misure con cui Dio governa il mondo: la prima è quella della misericordia, che si nasconde nella misericordia divina trasformata nel nostro amore per il prossimo, e la seconda è quella del giudizio. Solo quando il perdono che procede da Dio produce la disponibilità a perdonare, la misericordia di Dio garantisce il perdono dei nostri debiti al Giudizio Temibile. Ma chi abusa del dono di Dio, come il servo ingiusto, si troverà di fronte a tutta la severità del giudizio, come se non avesse mai ricevuto il perdono; in questo caso viene gettato nelle mani degli aguzzini, finché non avrà saldato il suo debito. Non c'è alternativa al Giudizio Universale. Dio è passato dalla misericordia assecondata dall'amore alla giustizia e al castigo.

La parabola richiama la nostra attenzione su come deve essere il nostro comportamento nei confronti del prossimo, servendoci esclusivamente dell'amorevole misericordia di Dio.

Consideriamo dunque la parabola del Vangelo di oggi, un'altra mano tesa da Dio per la nostra correzione. Poiché Egli è sempre indulgente, siamo pronti, in qualsiasi momento, a concedere il perdono con tutto il cuore a coloro che ci hanno fatto del male personalmente. Perché solo così potremo dire con cuore riconciliato e puro al Padre celeste: "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Amen.

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