La Trentesima Domenica di Pentecoste (V di Avvento) - "del giovane ricco"

 Siamo giunti alla Trentesima Domenica dopo Pentecoste, in cui leggiamo Luca 18:18-27, l'episodio del giovane ricco.

Uno dei capi lo interrogò, dicendo: «Maestro buono, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio; non uccidere; non rubare; non dir falsa testimonianza; onora tuo padre e tua madre». Ed egli rispose: «Tutte queste cose io le ho osservate fin dalla mia gioventù».  Gesù, udito questo, gli disse: «Una cosa ti manca ancora: vendi tutto quello che hai, e distribuiscilo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, udite queste cose, ne fu afflitto, perché era molto ricco. Gesù, vedendolo così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli che hanno delle ricchezze, entrare nel regno di Dio! Perché è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio». Quelli che udirono dissero: «Chi dunque può essere salvato?» Egli rispose: «Le cose impossibili agli uomini sono possibili a Dio». [Luca 18:18-27]


Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Un esempio raro oggi come allora: un giovane che cerca addirittura la vita eterna! I più, specialmente i frequentatori assidui delle scuole spirituali, saranno in estasi. 

Tuttavia, per chiarire esattamente quale tipo di vita eterna cerca questo giovane sovrano, dobbiamo osservare un altro aspetto, e cioè: la risposta offertagli da Cristo Salvatore. L'evangelista Luca ci racconta che al Salvatore, in un'altra occasione, fu posta esattamente la stessa domanda da un dottore della legge: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?" ( Lc 10,25). A lui, come a chi ha voluto “correggersi” e mostrare che nessuno è suo prossimo, il Salvatore tocca la corda dell'amore verso Dio e il prossimo. Interpretando ciò, Origene dice: "quest'uomo che scese non era il prossimo di nessuno, se non colui che volle osservare i comandamenti e prepararsi a farsi prossimo di chiunque avesse bisogno di aiuto". Ma a questo riccastro, incollato con il cuore alle sue ricchezze, il Salvatore dà un'altra risposta, proporzionata alla sua malattia spirituale: «Vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni seguitemi» (Lc 18,22).

Il giovane desidera la vita eterna, ma comprende questa vita eterna attraverso il prisma della passione che lo domina. Nella spiritualità ortodossa troviamo molte affermazioni dei Santi Padri, secondo cui le passioni deformano la visione dell'anima e il suo modo di percepire la realtà. Parliamo quindi di un unico obiettivo, la vita eterna, ma di due modi diversi per raggiungerla? Pur diverse nella forma, le risposte sono identiche nel loro sfondo costitutivo, conducendo entrambe alla vita eterna attraverso le due condizioni fondamentali: l'amore di Dio e l'amore del prossimo. La risposta del Salvatore al giovane abbiente, che apprendiamo fosse "molto ricco", ha lo scopo di curare la sua malattia spirituale, vale a dire: l'amore per la ricchezza. L'amore per la ricchezza, la passione che lo attanaglia, rappresenta una lontananza da Dio e dai simili, una mancanza di amore per loro e una divinizzazione della materia. Pertanto, le due condizioni fondamentali della vita eterna, l'amore di Dio e del prossimo, non possono realizzarsi nella passione dell'amore per la ricchezza. 

Tuttavia l'evangelista Luca presenta il giovane come custode dei comandamenti fin dalla giovinezza. Quindi un uomo con una vita religiosa attiva, potremmo dire, una persona che ha adempiuto i comandamenti della Legge nella sua vita. Vediamo però che il Salvatore gli dice: "Ti manca ancora altro". Qual era dunque il comandamento che mancava al giovane? La risposta a questa domanda la dà San Giovanni Climaco: «La povertà (povertà volontaria) è il rifiuto delle preoccupazioni, la disattenzione per la vita, il viaggiare senza ostacoli, l'alienazione dalla tristezza, la fede nei comandamenti».

Osserva la Legge, avrai successo nel viaggio decisivo verso l'eternità! Vogliamo una vita nuova, con Dio. Non ci dedichiamo ai piaceri, ma all'amore. Non abbiamo ascoltato trucchi a buon mercato, ma abbiamo ascoltato Dio. Così la nostra vita avrà finalmente un senso. Sapremo in quale direzione stiamo andando, cosa dobbiamo fare per raggiungere la felicità. Non è quello che vogliamo?! Ieri sera ho incontrato alcuni discepoli di padre Gheorghe Santa di Aschileu Mic, contea di Cluj. Mi hanno dato esattamente la condizione del loro prete e della mia. Quello stato che il Signore Gesù ha affidato all'umanità. La sensazione che Dio stia operando. Quando senti questo, osservare la Legge Divina diventa una piacevole necessità, proprio come respirare. 

Diligenza, devozione, carità, ecco il trittico divino, trasmessoci dai Padri. Finché ascolteremo il prete devoto e zelante, ascolteremo Dio. Rispettiamo il canone, rispettando la Legge. Non deridiamo né ridiamo sguaiatamente, anche se a volte non capiamo l'opinione del sacerdote o abbiamo un'opinione diversa. Non obbediamo "ciecamente", ma umilmente, nel rispetto della Chiesa e della Legge divina. E vediamo che sempre, senza eccezione, Dio ha ragione, e non noi. Aspettare il Natale insieme al padre spirituale significa prepararsi alla Parusia, senza suspense grottesca, con poche emozioni, ma anche con molta dedizione. È così semplice essere felici. Dobbiamo solo evitare di complicarci con i peccati. Siate vigili: chi racconta bugie le mescola con la verità per ottenere credibilità. Come dice l'Apostolo Giovanni: saggiate gli spiriti (cfr. 1Giovanni 4:1). Riconoscerete i santi e i buoni cristiani dal loro esempio, dalla loro virtù, dal loro amore per la Verità e per la vita spirituale. Cerchiamo di unrici tutti intorno a Cristo, al Fanciullo che nascerà a Betlemme, e a conformarci al Suo esempio sublime e perfetto di umiltà, obbedienza al Padre Celeste, di mansuetudine e di fermezza. E' vero, dobbiamo aiutare il prossimo, anche se questi è un pagano, un fariseo, un peccatore impenitente, un uomo che ci ha fatto del male. Ma questo non significa condivederne le idee o peggio i comportamenti. Aiutare, come dice il Cristo, senza far sapere alla mano sinistra cosa ha fatto la destra: non impelagarsi in screzi inutili, in pantomime di falsa umiltà, o peggio, di condivisione del peccato. 

Che ci dia il Signore di superare l'attaccamento per i beni transeunti di questo mondo, per giungere alla perfetta contemplazione. Amen. 

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