La Ventottesima Domenica dopo Pentecoste (III di Avvento) - "La parabola della Cena"

 Siamo giunti alla Domenica Ventotto di Pentecoste, il cui tema è la parabola della Cena, il brano di Luca 14,16-24

Gesù rispose: Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto. Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi. Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto.  Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia. Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena. [Luca 14,16-24]


Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

E' evidente che ci troviamo dinnanzi ad una parabola propedeutica al nuovo medicamento eterno che il Signore Gesù Cristo prepara per i suoi discepoli e per tutti i suoi amici. E' evidente che il Signore ("padrone" nel linguaggio biblico) è proprio Egli stesso. 

 Da questa Parabola apprendiamo che tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza. Se ci saranno persone che non saranno salvate, ciò sarà solo il risultato del loro rifiuto di unirsi a Cristo. Non perdiamo di vista che Dio rispetta la libertà dell'uomo di rispondere o meno alla chiamata ad unirsi a Lui. Chi però rifiuta la chiamata perde la gioia di essere eterno con Dio. Siamo chiamati a prendere parte al Corpo e al Sangue di Cristo. C'è anche una allegoria perfetta per il popolo ebraico, che viene chiamato a riunirsi al Signore, ma che non coglie l'appello dei profeti. Rimembriamo le parole di Davide: "Hanno parlato contro Dio, dicendo: non può forse preparare una mensa nel deserto? non può forse darci il pane? perché ecco che il Signore ha colpito le pietre e ne ha fatto scaturire sorgenti d'acqua!" (salmo 77:22-24) e il Salmista continua dicendo: e diede loro pane celeste (salmo 77:28). L'evento dell'Esodo che il salmo ci ricorda è indubbiamente un prototipo di ciò che avverrà con la divina Eucarestia cristiana, il nuovo banchetto preparato per il popolo eletto, la Nuova Israele, i Cristiani. 

Dio ha preparato il popolo eletto attraverso i Suoi profeti per la partecipazione, alla fine, all'Ultima Cena o alle nozze di Suo Figlio - le nozze salvatrici del Messia il Cristo. Con un pretesto o con l'altro, il popolo eletto respinse la chiamata alla Cena della salvezza, e addirittura crocifisse e uccise lo Sposo, il Figlio del Signore qui presentato come colui che offre il banchetto. Per questo Dio ha rivolto la sua chiamata non solo agli ex-eletti, ma a tutti – questa è la vocazione universale del cristianesimo: "Andate, dice, sulle strade e sui recinti e costringete tutti ad entrare...". Chiamateli, cioè , tutti a salvarsi! Invita tutti a diventare figli delSignore che celebra le nozze di Suo Figlio! "Dio, è stato fatto come hai ordinato e c'è ancora posto!" E mandò una seconda volta i servi a portare i commensali e a riempire tutti i posti.Tuttavia, il profeta Davide aveva previsto il limite del suo stesso popolo, dicendo: "hanno mangiato, ma il loro desiderio non è scemato" (salmo 77:33) e anche "con la gola hanno amato il Signore, ma con le labbra gli hanno mentito" (salmo 77:40). Il Signore sapeva che lo onoravano con le labbra, ma nel cuore tramavano di ucciderlo. Questo salmo ci parla della manna celeste che hanno ricevuto gli israeliti quando sono usciti dall'Egitto, un nutrimento celeste che ha permesso loro di saturarsi e continuare il viaggio. Riceviamo noi oggi, grazie al Cristo, un nuovo pane di vita, un nuovo nutrimento spirituale che rinnova il nostro spirito e ci permette di santificarci continuamente. E chi sono questi invitati dell'ultimo minuto? Chi sono questi infermi che vengono invitati al banchetto del Signore?

Difatti, gli storpi, i malati e i ciechi chi altri non sono se non i popoli spiritualmente malati, i pagani, che sono come dei ciechi i cui occhi sono bui a causa dell'idolatria, e sono zoppi, perché non possono camminare nella rettitudine? Insomma, la parabola parla dei nostri antenati non ebrei, parla di noi! Il Signore Gesù Cristo ci conferma nel Vangelo di Giovanni: Io sono venuto per dare la vista ai ciechi (Gv 9:39) e sempre nella medesima pericope, conferma che sono i farisei e gli scribi ad essere i veri non vedenti, in quanto rifiutano la Luce di Cristo (ibidem, v. 41). Il Redentore offre quindi, tramite il suo banchetto mistico, di poter diventare tutti degli invitati a queste nozze spirituali, a questo evento di unione fra l'Uomo e Dio. Purtroppo anche oggi soffriamo del medesimo pretesto degli invitati originali di questa parabola, e ci rifiutiamo di partecipare del banchetto celeste. Anche oggi, passioni e peccati come l'avidità e la materialità (ho comprato un campo...), la superficialità (ho cinque nuovi buoi...) e la lussuria (ho preso moglie...) ci impediscono di partecipare del Corpo e del Sangue di Cristo, della perfetta adunanza salvatrice che ci invita, ogni domenica e ogni giorno, a lasciare dietro di noi le vicissitudini del tempo presente per immergersi nell'Eternità. Il Cristo non nega in questa parabola l'esistenza di bisogni o situazioni diverse da queste nozze, ma le giudica come secondarie rispetto alla ricerca di questo banchetto. Il Signore Gesù ci indica una strada ben precisa per la salvezza: cercare la comunione con Lui. Quando il popolo ebraico abbandonerà Dio per preferire Barabba, che incarna il crimine, la menzogna e la politica terrena, risuona ancora il salmo di Davide nelle nostre orecchie: e hanno lasciato la loro forza nella schiavitù, la loro bellezza nelle mani dei nemici (salmo 77:67). In questo salmo possiamo vedere una profezia sul destino del popolo ebraico, che, rifiutando di aprire gli occhi noetici del cuore, ha preferito le comodità di questo mondo e la vera schiavitù, quella dell'ignoranza spirituale. 

Questa vita si consuma e si spegne, qualunque siano i beni, le fortune, le gioie o i piaceri per i quali ci siamo tormentati, perché arriva un momento in cui tutto questo si rivela vano. Per questo Dio chiama alla santa comunione tutti quelli “dai recinti”, dagli “spargitori”, dalle “strade”, cioè tutti, senza distinzione di nazionalità, razza, posizione sociale o formazione intellettuale. Egli manda dietro di noi i suoi servi, cioè gli angeli custodi e i suoi santi, per attirare la nostra attenzione a compiere il nostro dovere di buoni cristiani. Ha perfino nominato i Suoi sacerdoti per mostrarci la buona strada che porta a Lui! E si rivolge a tutti allo stesso modo e ci invita tutti! Ma con attenzione, non con noncuranza. Colui che ha osato presentarsi "comunque" davanti al Suo Maestro, anche senza un abito appropriato, è stato cacciato con una giustizia inaspettata e nonostante l'appellativo di "amico". Il Signore ci dice: vieni e ristorati al mio tavolo, ma con una opportuna preparazione, con un "abito opportuno". L'abito nuziale è la veste candida di una vita devota, che mantiene illibata la nostra tunica bianca del battesimo, il nostro spirito rinnovato nelle acque lustrali del Sacramento di unione al Cristo. Fa eco al nostro Redentore l'Apostolo Paolo, il quale scrive mirabilmente: Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. [1Corinzi 11:27-29]

Cosa chiede il Signore affinché partecipiamo rettamente al suo Corpo e al suo Sangue? Innanzi tutto, un cuore puro, una coscienza intatta, amore per il prossimo e per Dio stesso. Da questo amore scaturisce, ovviamente, il desiderio di prepararci degnamente. La Chiesa, ispirata dal Signore nei suoi santi, ha composto una serie di preghiere da recitare prima di ricevere l'Eucarestia: recitiamo dunque queste orazioni con spirito contrito e desiderio di unione con Cristo. In queste meravigliose preghiere, i santi della Chiesa Universale esprimono il cordoglio per i peccati, il desiderio di ravvedimento, la richiesta di perdono e l'anelito all'Eucarestia stessa, porta della beatitudine eterna. Recitando queste orazioni, occorre meditarle e unirci con la mente, con l'intelletto, con i sensi del corpo a queste parole, cercando di ricevere in noi questo spirito eucaristico, che ci farà vivere in modo migliore e ci perfezionerà come cristiani. Infine, la santa Chiesa, memore delle parole del Signore, ovvero che gli spiriti impuri si cacciano "con la preghiera e col digiuno", richiede anche di non consumare nessun alimento dalla mezzanotte fino al momento della Comunione, lasciando così spazio nel nostro intimo per l'Alimento della Salvezza. 

Infine, la parabola di oggi ci lascia anche un altro pensiero: saremo noi in grado di riconoscere l'appello di Cristo, quando tornerà nella gloria per il Giudizio universale? O anche, banalmente, al nostro giudizio dopo la morte? saremo in grado di presentarci alla grande assemblea del Giudizio con un abito appropriato? Un abito spirituale, fatto di buone azioni, misericordia, purezza, coraggio, mansuetudine, un abito tessuto nelle buone opere, nella preghiera, nella testimonianza attiva dei comandamenti del Signore? Quando l'ultima grande cena sarà dichiarata e il Redentore apparirà nella Gloria, dobbiamo essere pronti, perché non sappiamo "nè il giorno nè l'ora", come dice il Cristo. 

Che il Signore Dio ci dia la grazia di prepararci degnamente alla fine della nostra vita, e di partecipare sempre alla sua Eucarestia, affinché abbia pietà di noi e ci salvi, Lui che è buono e Filantropo. Amen. 

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