Domenica trentaquattresima dopo Pentecoste - "del buon insegnamento"

 Siamo giunti alla domenica trentaquattresima di Pentecoste, che ha come tema centrale il buon insegnamento impartito da Cristo secondo il Vangelo di Luca 18:18-27.

Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?». Gesù gli rispose: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio. Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre».  Costui disse: «Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza». Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi». Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco. Quando Gesù lo vide, disse: «Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio.  È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!». Quelli che ascoltavano dissero: «Allora chi potrà essere salvato?».  Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio». [Luca 18:18-27]


Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Il Vangelo di questa domenica ci arriva prima dell'anima, portato da un altro testo precedente. Nei versetti che aprono il contesto di questa lettura, Cristo offre a coloro che lo hanno ascoltato il modello del compimento nel Regno. Gli presentavano infatti dei bambini perché li toccassero, e questo suscita la reazione dei discepoli. Li hanno rimproverati. Secondo la Legge i bambini non erano parte integrante della comunità religiosa. Erano intrusi, sebbene costituissero la riserva umana della nazione di Israele. E questo bastava. Cristo ci esorta a vedere di più. Infatti chiama a sé i bambini e dice: «Lasciate che i bambini vengano a me e non impediteli, perché a quelli come questi appartiene il Regno di Dio. In verità vi dico: chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso» (Lc 18,16-18). Il modello non è semplice. Maria Montessori dirà che infatti la somiglianza con i bambini dipende dalla loro qualità di obbedienza. Sorseggiate l'obbedienza con gli occhi dell'innocenza. Personalmente penso che in realtà il Signore ci stia dicendo che i bambini, che avevano turbato i suoi buoni discepoli con la loro simpatica agitazione, non sono farisei. Quando amo i bambini piccoli. Il loro sorriso genuino non può essere comprato. Ed ecco che in questa pericope evangelica, il Figlio di Dio si manifesta come insegnante, non solo di questi bambini, ma di una nuova comunità religiosa, i suoi apostoli, che ha radunato da tutta Israele. 

Il mondo ha sempre avuto insegnanti. Ma solo questo Maestro è veramente buono. Solo Lui è perfetto. Ma il Salvatore è buono in assoluto. E il Suo insegnamento è assolutamente buono. Gesù Cristo è assolutamente buono attraverso la sua Persona divino-umana. Se nessuna persona può essere definita buona, il Salvatore Gesù Cristo è veramente e assolutamente buono. Quindi, Cristo è buono come il Dio perfetto. Ma è buono anche come Uomo perfetto. Come Uomo, Gesù non aveva peccato. Come ogni uomo, fu tentato (Ebrei 2:17); ma non cadde in tentazione. Il Cristo sembra quasi rimproverare questo notabile perché lo ha chiamato "buono", asserendo che solo Dio è Buono, Ma Cristo non è forse Dio? certamente. Molti autori antichi, come san Cirillo di Gerusalemme, sant'Ambrogio di Milano, san Basilio di Cesarea, dicono che Cristo ha voluto intendere questo: perché mi chiami Buono, se non mi riconosci ancora come Dio? perché solo Dio è il Buono per eccellenza. Se tu non mi riconosci come Signore, non sono veramente Buono, ma è solo adulazione. E noi, quando parliamo con Dio in preghiera, lo aduliamo o ne riconosciamo il vero carisma, la vera qualità? quanto è sincera la nostra preghiera? E anche se seguiamo la lettera della Legge, riusciamo ad applicarla nel nostro cuore? 

Il Signore Gesù ha deciso di spiazzare questo giovane agiato, che pensava di potersi unire interamente alla pienezza della dottrina senza dover perdere la sua posizione. Il Signore vuole umiliarlo. Come una saetta, lo colpisce dove è veramente il cuore del giovanotto: lascia tutti i tuoi beni e seguimi. Una proposta che il Cristo ha già fatto ad altri dodici uomini, che lo hanno seguito veramente abbandonando la vecchia vita. Nella compagnia di Cristo vi erano pescatori, esattori delle tasse, figli di insegnanti delle sinagoghe. Se allarghiamo lo sguardo a tutti i settanta discepoli, noteremo altre professioni, più o meno remunerate. C'è posto per tutti, alla sequela di Cristo. Quello che Cristo ha domandato a questo giovane è stato non di lasciare la ricchezza perché sia sbagliato possedere dei beni di per sé - anche il Signore e i suoi discepoli avevano una cassa del tesoro. Da esseri umani, anch'essi avevano bisogni materiali. Alloggiavano in case e alberghi, viaggiavano. Il Messia non ha voluto certo impedire a quell'uomo di vivere in modo decoroso, ma ha voluto puntare il dito sul superfluo. Quel giovanotto, di cui non conosciamo il nome, poteva diventare un Apostolo. Poteva diventare partecipe della Pentecoste, poteva ottenere anche lui lo Spirito Santo, avrebbe potuto convertire intere nazioni e compiere miracoli. Il suo nome sarebbe rimasto per sempre nella Bibbia. E invece, poiché si rattristò e se ne andò, non sapremo mai il suo nome. Noi vogliamo essere scritti nel Libro della Vita? Vogliamo noi diventare apostoli di Cristo? vogliamo noi essere chiamati servi fedeli ed essere eredi del Regno di Dio? allora, come dice il Redentore, occorre lasciare tutto e seguirlo. Questo non significa banalmente diventare poveri. Il Signore ci chiede di lasciare tutti i nostri pesi che ci legano alle cose inutili, alla rincorsa di obiettivi che non ci sono di nessuna utilità spirituale, di nessun vantaggio nella vita vera. Il Signore ci chiede di abbandonare tutti quegli scrigni vuoti in cui crediamo che ci sia un tesoro, ma in realtà troviamo solo pesi. Pensiamo che accumulando beni e titoli accademici, onori mondani e amicizie di comodo ci renda migliori? Che avremo in qualche modo successo anche nell'eternità? Il Signore ha voluto umiliare questo giovane ricco proprio per questo. Egli considerava la religione un tassello come un altro del suo essere socialmente virtuoso. Per lui, ottenere l'approvazione di Cristo, che in quel momento era una personalità di spicco nella società ebrea di allora - oggi direbbero "un VIP" - era come ottenere il lasciapassare per essere rispettato nella comunità religiosa alternativa al tempio, che già allora era visto dai più come una realtà decaduta. 

Cristo ha deciso di mostrare un altro approccio alla vita spirituale. La vera religiosità, la vera spiritualità, non è rinunciare alla Lettera della Legge, ma viverla coerentemente. Il Signore poteva avere dei vantaggi dall'amicizia con questo giovane, ma ha deciso di tagliare alla radice questo rapporto, offrendogli qualcosa che il giovane non avrebbe mai accettato. E riecheggia potente l'esortazione di Cristo nel suo discorso sulla Montagna: beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei Cieli. Chi non ha paura di perdere nulla sulla Terra, ecco che sarà principe nel mondo che verrà dopo l'Apocalisse. 

 La malattia dell'autosufficienza rafforzata da un certo benessere che dà la sensazione di felicità. Cristo propone il contrario di questa menzogna accettata come normalità. E se ci guardiamo intorno vedremo che, in realtà, nulla è cambiato nell’approccio umano. Crediamo ancora, ad esempio, che se abbiamo successo negli affari, ciò ci dà il diritto di essere maestri morali, arbitri di eleganza o retori educativi. Il Signore ci dice che solo rinunciando a ciò che pensiamo di aver acquisito, acquisiamo ciò che ci renderà veramente fedeli al Regno. Ci impone  di essere ricchezza  per gli altri per avere veramente ricchezza. Questo Vangelo ci lascia intravedere anche mancanza di gratitudine nel giovanotto che riceve una svegliata spirituale. E questa aridità è più che mai forte nel giorno d'oggi.

Si guardi con attenzione alla tendenza sempre più visibile a trasformare la vita in una somma di leggi, disposizioni, atti, ordinanze, ecc., cercando ciascuna di collocare tutta la nostra vita in un ben delimitato recinto di diritti e doveri che uccidono ogni tentativo di normalità e autenticità. Non fraintendetemi: detesto allo stesso modo l'anarchia e il legalismo. La vita della Chiesa autentica, dei Padri antichi, quella vita spirituale che sembra ormai solo un ricordo, è un continuo virtuoso alternarsi di riti, predisposizioni, ma vivificate da un'applicazione sana, viva, genuina, esaltante, un modo armonioso e creativo di intendere le leggi, i canoni, i comandamenti. Non anarchia, non rifiuto dei comandi divini, ma viva applicazione degli stessi. Questo ha reso possibile portare a molte nazioni l'Evangelo. E anche noi siamo chiamati oggi a vivere il Vangelo in modo integrale, al fine di poter sopravvivere in quest'epoca grigia. E l'unico modo è ascoltare il buon insegnamento di oggi: lasciarsi nelle mani di Dio, della divina Provvidenza, e seguire il Maestro, il Buono. E così si compirà in noi quel che è impossibile agli uomini, ma possibile a Dio. Amen. 

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