La depressione del mondo e la felicità della vita spirituale (p. Pantalemon di Oaşa)

 Pubblichiamo la traduzione in italiano di alcune riflessioni profonde dello ieromonaco Pantelemon del monastero di Oaşa, pubblicate sul sito web del monastero san Giorgio di Suruceni. Il testo parla della depressione, vera malattia spirituale del nostro secolo, e su come trovare la vera gioia

Si dice che, in Europa, due esseri umani su dieci sono in depressione. Un mondo toccato dalla depressione è un mondo privo di gioia e amore. È un mondo alienato e solitario, un mondo brutto, che ha perso i suoi punti di riferimento, in cui è andata perduta la dimensione verticale e in cui l'essere umano si sviluppa solo sull'orizzontale dell'esistenza, in una diversità infinita e vuota. È un mondo che non ha più niente da dire. Un mondo vuoto di Dio, dove spesso la gioia viene confusa con il piacere. Un uomo infelice è un uomo senza una luce negli occhi. È depresso, gobbo, scuro e spesso aggressivo. Quando è insoddisfatto di se stesso, l'uomo è aggressivo. È come una bestia ferita, soffre, è pericolosa e non si lascia aiutare. Ma il più delle volte, dietro la violenza non si nasconde la cattiveria, ma la sofferenza.



 Tuttavia, la vera gioia appartiene a fonti molto più profonde, è la piena realizzazione del vostro scopo come essere umano ed è strettamente correlata al progresso nella vita spirituale. La depressione si verifica quando le persone non comprendono il proprio ruolo, il proprio scopo su questa terra. L' unico significato della vita è la salvezza. È solo che spesso la gente pensa che la salvezza sia qualcosa che ci viene data dopo un verdetto finale, se abbiamo compiuto delle buone azioni. La salvezza è felicità, è il paradiso. Il paradiso non è un luogo. Il paradiso è lo stato di relazione con Dio, che si sperimenta anche qui, sulla terra. È difficile amare un'idea. Per questo Dio si è fatto uomo, per insegnarci che possiamo amarlo amando chi ci circonda. La salvezza è la dinamica di questa relazione d'amore, con tutti i suoi alti e bassi. Nessuno può realizzarsi al di fuori dell'amore, al di fuori di una relazione. Le persone dimenticano che Dio non è solo, Dio è una relazione (un terzo) e noi siamo fatti a sua somiglianza. La gioia va condivisa, non va vissuta nella solitudine. Ecco perché si dice che la felicità più grande è amare ed essere amati.

Le persone desiderano lo stato di Dio. Soffrono a causa della loro impotenza, sentono che potrebbero essere più di quello che sono. Ma questo molto di più lo trasferisce fuori di loro, invece di accumularlo dentro. Tendono ad avere piuttosto che a diventare. Tendono a dominare piuttosto che a dare. Orientata erroneamente verso i valori di questo mondo, questa nostalgia comincia a mescolarsi alla frustrazione, perché le cose finite non possono soddisfare l’anima.

la convinzione che dovremmo essere felici in ogni momento della nostra vita è fondamentalmente sbagliata e produce molta frustrazione, perché le persone competono con un modello irrealistico e utopico. La vita non è felicità continua, così come non è sforzo continuo. La vita è un insieme di fatica e gioia, e la gioia spesso arriva come ricompensa per la fatica, nasce dal compimento di un dovere, di un compito, dal modo in cui lavori con i talenti che ti sono stati dati. Dio lavorò sei giorni e il settimo si riposò. L’ossessione della felicità ad ogni costo è dannosa. Significa che i tuoi desideri hanno preso il sopravvento sulla vita e sono diventati innaturali. È fondamentale non desiderare l'impossibile, godere di ciò che si ha, sia nel bene che nel male, per trovare un significato in tutto ciò che ti accade. Per dare un senso ad ogni prova della tua vita. Se elimini le difficoltà e gli sforzi della vita, elimini anche la gioia. Una vita pigra, vissuta nel piacere, è una vita in cui perdi la tua realizzazione. Solo le prove pagate con disagio o sacrificio lasciano un segno nell'essere umano. Pensando al guadagno che ottieni, non guardi più con paura alle difficoltà e alle sofferenze della vita. Se guardiamo le cose dalla prospettiva dell’eternità, lasciamo questo mondo solo con ciò che siamo diventati.

 La felicità arriva da sola. E arriva come un dono per chi sa cercare l'altro e Dio. Tutti questi picchi elevati di felicità, che compaiono in un lampo durante la vita, sono tappe intermedie. Sono un riposo, una ricompensa dopo ogni gradino salito, dopo il quale non ci è più concesso fermarci. Alla loro ombra, però, Cristo ci dona una pace “che nessuno ci toglierà”. Ci dà quella pace e quella gioia costanti, che ci liberano dalle catene e ci rendono liberi.


Commenti