La Domenica dopo la Teofania

 Siamo giunti alla domenica che viene dopo la Teofania, la quale a sua volta è susseguente alla festa di s. Giovanni Battista. L'Evangelo di oggi è il seguente:

Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:  Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata.  Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». [Matteo 4,12-17]

Il Signore Gesù Cristo, terminato il periodo di quaranta giorni nel deserrto, durante i quali si è sforzato nel digiuno e ha subìto le tentazioni dal nemico dell'umanità, decide di muoversi verso Cafarnao affinché si compissero delle profezie antiche del profeta Isaia. Anche noi, nei giorni bui del digiuno quaresimale, alla Compieta, cantiamo proprio questi versetti: una grande luce si è distesa su coloro che dimoravano nell'ombra della morte, perché Iddio è con noi. L'ombra della morte, calata con la caduta di Adamo su tutta l'umanità, è debellatata dalla Luce del Verbo incarnato. Il Signore che si è manifestato con il Padre aprimordio e con lo Spirito Vivificante proprio nelle acque del Giordano è, assieme al Verbo Incarnato, la santissima Trinità, che nel momento opportuno si è palesata nella sua compiutezza: tre persone distinte ma unite, inconfuse e tuttavia non separate. Questo grande mistero trinitario fu mostrato ai protettori dell'antica Legge quando, nella Genesi, Iddio parlava al plurale, e si manifestò come Padre Creatore, Verbo co-eterno, e Spirito che "aleggiava sulle acque" (Genesi 1). Le profezie di Isaia sull'avvento della Luce divina nel mondo, la distruzione delle tenebre, sono perfettamente illustrate nell'incipit dell'Evangelo di Giovanni, ove il discepolo riconosce il suo Maestro e Redentore come la Luce che concede a quanti la riconoscono di diventare Figli di Dio. Dice san Cirillo patriarca di Alessandria:

La "grande luce" è Cristo nostro Signore e la luce dell'insegnamento evangelico. Non è la Legge, che fu paragonata ad una luce (Proverbi di Salomone 6,23; Salmo 118,105). Per questo nei luoghi santificati una luce ardeva sempre per i pochi "lampi" della Legge, che diffondevano con forza la loro luce solo nei confini dei Giudei. Pertanto le nazioni erano nelle tenebre, non avendo questa luce di saggezza.

(San Cirillo di Alessandria, Frammento 34)


Commenta questo passo anche san Cromazio di Aquileia, dicendo:

Riguardo a questa luce, l'evangelista richiama l'attenzione nel versetto attuale: Il popolo che viveva nelle tenebre vide una grande luce. Questo non lo hanno visto con occhi carnali, perché la luce è invisibile, ma con gli occhi della fede e con gli occhi della mente. Perciò, dice, il popolo che viveva nelle tenebre vide una grande luce, e per quelli che vivevano nella oscurità e nell'ombra della morte, la luce brillò su di loro (Isaia 9, 2). Dunque non solo per coloro che erano nelle tenebre è apparsa questa luce, ma si dice che una luce è sorta per coloro che vivevano accanto e nell'ombra della morte. E che cos'è il fianco e l'ombra della morte se non il fianco e la dimora dell'inferno, di cui parla Davide: Perché, anche se cammino nell'ombra della morte, non temerò alcun male perché tu sei con me? (Salmo 22) , 4)? Non temerà alcun male, perché questi sono i castighi dell'inferno. È sorta, pertanto, una luce salvifica per coloro che vivono accanto e nell'ombra della morte, luce che è Cristo, il Figlio di Dio, Colui che dice nel Vangelo: Io sono la vera luce. Chi mi segue non camminerà nelle tenebre (Giovanni 8, 12). Egli, dopo la crocifissione e la morte gloriosa, discese al fianco e nella dimora dell'inferno. Subito porta la luce della sua maestà su tutti coloro che erano coperti, incatenati dalla morte, per liberare coloro che sono tenuti tra i morti, in attesa della sua venuta, come dice il Signore stesso, presentato come Sapienza, attraverso Salomone: Io scenderò nelle profondità della terra e guarderò coloro che dormono e illuminerò coloro che hanno sperato in Dio (cfr Qolet 24,5).

(Cromazio, Commento al Vangelo di Matteo

Noi, miseri e peccatori, siamo chiamati a riconoscere la sovranità di Dio su tutte le cose. La chiamata del Cristiano è una chiamata di amore in questa Luce, e amore significa sacrificio, impegno, abnegazione, zelo, fortezza. Deve risplendere in noi la stessa fermezza dei nostri antenati che, per la fede e per la Chiesa, hanno sopportato e superato angherie di ogni tipo, fino al martirio e alla morte. 

Come posso dimostrare il mio amore per Dio? Come posso convertirmi e sperare di entrare nel Regno di Dio? Facendo l'elemosina, aiutando i disperati con una parola di conforto, vestendo chi è ignudo, portando soccorso a chi si trova in difficoltà. Riabilitare i criminali, offrendo loro un lavoro e una speranza. Portando da mangiare ai bambini poveri, alle vedove, ai disadattati. E poi abbiamo, oltre le opere buone, anche l'opera divina: digiuno, preghiera, frequentazione degli uffici liturgici. Tutte queste cose aiutano la nostra anima ad elevarsi e ad assomigliare ai santi che nelle epoche precedenti hanno brillato come stelle nel firmamento della comunità cristiana. 

Questa comunità cristiana purtroppo può cadere nell'ombra della disperazione e della delusione spirituale. Il clero corrotto, i monaci senza regole, i fedeli ribelli e impenitenti possono generare in noi uno stato di ribellione o financo di odio per la Chiesa, a causa delle nostre brutte esperienze. Ma, fratelli e sorelle, non dobbiamo disperare e dare la colpa a Dio per quelle che sono azioni umane dettate dalla natura decaduta. Invero, come fedeli ortodossi dobbiamo lottare per la purezza della Chiesa, e dobbiamo imparare a dialogare con il clero e con i vescovi, affinché i pastori siano pieni di zelo, siano puri e disinteressati nel loro servizio. Solo se la Chiesa, la comunità, è pura, Dio esaudirà la nostra supplica. L'unico modo per aiutare il mondo ad essere migliore è essere noi stessi migliori. Impegnarsi al massimo in tutte le nostre attività, portando Cristo con noi, in noi. Se saremo dei buoni cristiani, anche i non cristiani si avvicineranno, perché la Luce di Cristo brillerà in noi come su uno specchio. E allora avremo davvero compiuto il comando del Signore: andate e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. (Mt 28:19). 

Iddio Onnipotente ci conceda la grazia della conversione e la forza di rimanere nella sua Luce divina, senza perderci nell'oscurità del peccato. Amen. 

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