La Santa Croce: la speranza del mondo

 Oggi per la Domenica della Santa Croce, riflettiamo sulle parole dell'Evangelista Giovanni: Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna [Giovanni 3:16].  Alcuni parleranno in questi giorni d'amore? Parleranno ora, quando il frutto dell'inimicizia sarà maturato nella vigna dell'Amato? quando la terra trema per l'orrore, i cuori di pietra si squarciano e l'occhio del cielo si oscura di profonda indignazione? Parleranno ora dell'amore per il mondo, quando anche il Figlio di Dio, che soffre nel mondo, è abbandonato e privo di conforto, e il suo grido orante: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? (Mt. 27:46), è rimasto senza risposta? Qualcuno ha il coraggio di parlare d'amore in Quaresima o, ancor di più, il Venerdì Santo?

Guardiamo con diligenza il Golgota: anche lì, dove si vede la concentrazione di ogni afflizione, troverai il tuo rifugio. In quel tempo, quando la terra tremò e fu fatta tremare, e le fondamenta dei monti furono sconvolte e scosse, perché Dio era adirato con loro (Sal 17,7), non vedi come sta incrollabile l'albero della Croce che non può essere sradicato? Poi, mentre anche i morti si agitano nei loro sepolcri, non vedete con quanta pace riposa il Crocifisso sulla sua croce, per quanto cercassero di strappargli la stessa gloria, dicendo: Scendi dalla croce? la stessa dignità del Figlio di Dio, dicendo: Se tu sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce. Gli astanti schernivano Iddio sofferente, lo prendevano in giro perché Egli, scegliendo la via dell'umiltà e del sacrificio, non poteva dimostrare, non voleva dimostrare la sua potenza, che pure essi conoscevano perché aveva già compiuto molti miracoli.


La Santa Croce e l'epitaffio del Venerdì Santo al monastero Sretenskij

Quindi anche noi cristiani, sebbene circondati dall'odio, dall'indifferenza, dallo scherno dei neopagani di quest'epoca, abbiamo il sacro dovere di perseverare nella nostra vita cristiana secondo le leggi divine; abbiamo il santo proposito di seguire Cristo non solo quando fa i suoi miracoli, ma anche sotto il Legno vivificante della Croce. Il mistero della divina sofferenza è ciò che ha fondato, tramite il Sacro Sangue versato sulla Croce, la Chiesa. Come dice san Paolo Apostolo, Cristo ama la sua Chiesa in modo misterico così come un marito ama la propria moglie (cfr. Efesini 5:21-32). Le coppie infatti si amano fino all'unione completa nel talamo nuziale, nella comunione di vita, nel concorde cammino verso un obiettivo comune; così il Cristo guida, nutre, vivifica la sua Chiesa, fondata sull'amore che Iddio, il Filantropo, serba per l'umanità. E questo amore, l'Amore vero, ci diede d'esempio fino al supplizio della Croce. Riflettiamo: Dio che si lascia torturare e uccidere per noi indegni e miseri. Per questo la Santa e venerabile Croce è il nostro simbolo, il nostro segno distintivo. Da strumento di tortura e umiliazione è diventato simbolo della vittoria sulla morte. Questo ci deve ispirare anche oggi: non c'è nulla, non c'è nessuno che possa sottomettere Dio e il suo amore per gli uomini. Per quanto gli atei, i miscredenti e i pagani cerchino di nascondere, sopraffare, eliminare Dio dalla storia e dal cuore degli uomini, ogni anno il Signore Gesù Cristo risorge glorioso. Egli, perfetto Maestro, ci ha illuminato sulle oscure profezie dei tempi passati e ci ha mostrato la luce. Io sono la Via, la Verità e la Vita: nessuno raggiunge il Padre se non tramite Me. [Giovanni 14:6]. Antichi saggi di tutto il mondo hanno atteso nei secoli che si manifestasse il Verbo divino sulla Terra. Possiamo leggere e ammirare la sapienza dei filosofi greci: Platone, Aristotele, Plutarco. Possiamo conoscere e stupirci di come i saggi cinesi come Confucio e Lao Tze parlassero della Trinità e della venuta del Figlio nel mondo. Eppure, i più vicini all'insegnamento divino, il popolo eletto stesso, non ha riconosciuto il Messia, colui che viene a salvare non un piccolo lembo di terra, ma il cosmo intero. 

Non facciamo quindi l'errore degli antichi ebrei, ma piuttosto emuliamo i nostri antenati pagani che, riconosciuta la Luce della Verità che ha illuminato il loro cuore, sono diventati adoratori del Dio vero e si sono messi all'opera nel mondo con tutta la loro buona volontà, fino al prezzo del martirio. 

Chi teme non è reso perfetto nell'amore (1 Gv 4,18), dice san Giovanni Evangelista. Cos'è questa paura? è la tiepidezza dell'anima. Chi teme di amare, chi ha paura di superare la barriera dell'umanità decaduta, egoista, titanica, per diventare discepolo del Signore, di Colui che ha preferito farsi crocefiggere pur di allargare le sue braccia sul mondo e aprire le porte del Paradiso a coloro che lo cercano. Non abbiate paura. 

 Purifichiamo e allarghiamo i nostri occhi con l'amore, e dove è stato mescolato con il timore del giudizio di Dio, dilettiamoci nella visione dell'amore di Dio.


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