San Martino Papa di Roma e Confessore dell'Ortodossia

 Oggi 27/14 aprile la Chiesa Ortodossa commemora san Martino, papa di Roma e Confessore (+655)

Già apocrisiario papale a Costantinopoli durante il pontificato di papa Teodoro I che lo aveva tenuto in grande considerazione per saggezza e virtù, avendolo come uno dei più validi collaboratori, san Martino fu consacrato papa nel luglio del 649, un paio di mesi dopo la morte del predecessore, senza aspettare il benestare imperiale. Una tale irregolarità rendeva illegale l'elezione, ma il clero e il popolo di Roma, che già da qualche tempo mostravano segni di insofferenza nei confronti dell'autorità bizantina, agirono in aperta sfida all'imperatore Costante II. Del resto il beato papa Martino era un uomo spirituale, amato dal popolo e dal clero, che era conosciuto per la sua profonda dottrina e per la sua eloquenza evangelica.

San Martino papa si oppose con tutta la sua fermezza contro il monotelismo professato dagli imperatori di Costantinopoli. Il monotelismo promulgava un'unica volontà di Cristo Gesù, mentre l'Ortodossia difendeva la compresenza di due volontà, quella divina e quella umana, che convivevano nell'armonia delle Nature così come proposta dal Concilio di Calcedonia nel 451. Il santo padre Martino difese la posizione ortodossa, inimicandosi la corte imperiale, che ancora non aveva ratificato la sua elezione. San Martino ha presienziato il Concilio Laterano del 649 in cui i centocinquanta vescovi presenti rifiutarono tutti i decreti imperiali di Eraclio e di Costante II, i quali tentavano di arginare la controversia teologica. 

Martino fu molto energico nella pubblicazione dei decreti del sinodo laterano in un'enciclica, ma Costante aveva già replicato inviando l'esarca Olimpio a Roma con l'ordine di far sottoscrivere il Typos dai vescovi e dalla cittadinanza intera e di arrestare il papa se si fosse opposto[7], ma la milizia cittadina (che ufficialmente era bizantina ma, di fatto, era ormai composta da nobili e cittadini romani) impedì l'esecuzione del piano opponendo una forte resistenza. Olimpio cambiò allora strategia e pianificò direttamente l'assassinio del papa: mentre riceveva la comunione direttamente dalle mani del pontefice durante una funzione religiosa nella Basilica di Santa Maria Maggiore, un suo scudiero avrebbe dovuto pugnalare Martino. Il Liber Pontificalis riferisce che al momento di sferrare il colpo lo scudiero fu abbagliato e momentaneamente accecato, non riuscendo a colpire il bersaglio; Olimpio si convinse che Martino era protetto dalla mano di Dio, si riappacificò con lui, svelando i suoi piani, e abbandonò l'impresa, andando a combattere i Saraceni in Sicilia dove trovò la morte. 


Icona greca di s. Martino papa di Roma

Con gli stessi ordini di Olimpio, il 15 giugno 653 arrivò a Roma da Costantinopoli il nuovo esarca Teodoro I Calliope, con le truppe bizantine di Ravenna. La precedente reazione del popolo e della milizia gli suggerirono probabilmente di ricorrere all'inganno piuttosto che ad un'azione di forza e, venuto a conoscenza che il papa giaceva malato nel palazzo del Laterano, dichiarò di volerlo incontrare per rendergli omaggio e portargli il pegno di una rinnovata amicizia da parte dell'imperatore, ma di temere che il palazzo potesse essere difeso dalla milizia che avrebbe potuto rappresentare un pericolo per la sua persona. Con estrema ingenuità Martino gli concesse la perquisizione del Laterano, dopodiché le truppe di Teodoro circondarono il palazzo, l'esarca entrò e consegnò al clero lì riunito l'ordine imperiale di arresto e deportazione del papa, con l'accusa di aver usurpato il seggio pontificio senza la prescritta autorizzazione dell'imperatore. Chi voleva, poteva seguirlo a Costantinopoli. Martino si rese conto troppo tardi di quanto stava accadendo e di cosa lo aspettava, ma ebbe la presenza di spirito (e comunque la fulmineità dell'azione glielo avrebbe probabilmente impedito) di non chiedere l'intervento della milizia e del popolo, la cui sollevazione avrebbe potuto risolversi in un forse inutile spargimento di sangue, e seguì Teodoro. Nella notte del 19 giugno fu caricato su una nave che lo attendeva sul Tevere, accompagnato da soli sei servitori, e salpò verso Costantinopoli, dove arrivò il 17 settembre, dopo un viaggio reso ancora più straziante dalla malattia (gotta e dissenteria) e dalla proibizione di scendere a terra nei porti in cui si faceva sosta. Il 20 dicembre 653 fu sottoposto a processo, dopo tre mesi di detenzione in carcere in stato d'isolamento totale. Martino avrebbe voluto imperniare la sua difesa su questioni teologiche, sul Monotelismo, sul Typos, ma si trovò a dover affrontare l'accusa di alto tradimento contro lo Stato per aver indotto l'esarca Olimpio a ribellarsi agli ordini dell'imperatore e per aver offerto denaro ai Saraceni perché in Sicilia lo aiutassero contro Costantinopoli. In realtà sembra che Martino avesse effettivamente offerto denaro ai Saraceni, ma per riscattare i prigionieri bizantini. Il processo durò un solo giorno; il pontefice fu condannato a morte, privato degli abiti pontificali che ancora indossava, incatenato e trascinato seminudo per le strade di Costantinopoli fino al carcere. Il patriarca Paolo II, anche lui malato e in fin di vita, intercedette per Martino presso l'imperatore, il quale mutò la condanna a morte in esilio, che rimase anche quando Martino confermò la scomunica per eresia già inflitta da papa Teodoro I al patriarca Pirro I. Dopo aver sofferto una prigionia devastante e il dileggio pubblico fino al marzo del 655, venne infine esiliato a Chersoneso in Crimea, dove morì il 16 settembre dello stesso anno. Ciò che maggiormente gli risultò doloroso da sopportare, secondo quanto trapela dalle sue lettere, fu la solitudine in cui era stato lasciato, ma soprattutto l'abbandono della Chiesa di Roma, dove già dal 10 agosto 654 (mentre Martino era ancora in viaggio per Costantinopoli) Costante II aveva imposto la nomina del nuovo papa Eugenio I, che per paura, e forse per rassegnazione, il clero e il popolo romano non si azzardarono ad ostacolare. E infatti l'Annuario Pontificio ne riporta la contemporaneità con Martino I Dopo aver sofferto una prigionia devastante e il dileggio pubblico fino al marzo del 655, venne infine esiliato a Chersoneso in Crimea, dove morì il 16 settembre dello stesso anno. 

Tropario  di s. Martino papa di Roma, tono VIII

Maestro dell'Ortodossia, retto oratore di Dio in purezza, luce del mondo, ornamento della Chiesa, beato Martino, coi tuoi insegnamenti hai illuminato l'ecumene. Prega il Cristo Dio che salvi le nostre anime. 

Contacio di s. Martino papa di Roma, tono II

Hai sottomesso i vani turpiloqui degli eretici con la tua santa eloquenza, o teoforo Martino, e con il tuo esilio hai compiuto la tua chiamata; ti sei dimostrato un coltivatore sapiente della fede, o beato, e in Cielo ora brilli come una stella luminosa, Martino benedetto.


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