Stavo studiando le Istruzioni Liturgiche di san Simeone di Tessalonica (+1429), che considero un capolavoro di ortoprassi. Sono arrivato al Libro VII, capitolo 42, l'esplicazione della divina e sacra liturgia. E non mi aspettavo un capitolo dedicato al "porre sul capo dei fedeli il calice". Il santo presule elleno spiega nel dettaglio l'uso di questa pratica che - a detta di alcuni liturgisti moderni - è "fuori luogo", "non tradizionale" e "dannosa spiritualmente oltreché pericolosa".
Io sono abituato a porre sul capo dei fedeli il santo calice, un po' per abitudine, un po' per emulazione di quelli che furono i miei maestri. Eppure, sapevo che questo gesto è considerato futile. E invece, secondo questi venerabili insegnamenti del XV secolo, scopro che è una tradizione venerabile e antica. Ma vediamo di tradurre questo passaggio per intero:
<< 42. Perché i fedeli si prostrano dinnanzi al sacerdote durante il Grande Ingresso?
Con un motivo giusto i fedeli si prostrano dinnanzi al presbitero quando esce dal santuario con i santi doni; taluni chiedono di essere commemorati alla liturgia, altri per pietà verso i Sacri Doni, che - sebbene non ancora consacrati - sono già stati offerti sul tavolo della Preparazione e sono stati offerti a Dio in modo puro con delle preghiere e oblazioni. Coloro che rifiutano il fatto che questi Doni siano sacri e benedetti è peggio di un iconoclasta. Chi rifiuta di inchinarsi e venerare i sacri Doni cade sotto le condanne che i Padri diedero ai pagani e agli odiatori di icone. E coloro che credono che, cadendo in ginocchio sotto i Doni in processioni, facciamo peccato, è bene per loro di ritenersi colpevoli di blasfemia e condanna, giacché i Sacri Doni sono già - pur incompiutamente - offerti a Dio e pertanto consacrati al più alto dei propositi, ovvero la discesa del Paraclito e la trasmutazione in Corpo e Sangue del Signore Gesù Cristo. Se siamo quindi chiamati a rispettare e onorare le sacre immagini, con più alta devozione dobbiamo inchinarci ai Sacri Doni di passaggio verso il santo altare. E non è assolutamente peccato avvicinarsi ai sacri vasi per ricevere la santificazione, ma anzi, è degno di pietà e rispetto quest'uso venerabile. >>
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Da "Istruzioni Liturgiche" di s. Simeone di Tessalonica, Libro VII, cap. 42, edizione dal romeno del 1865, Bucarest. Tradotta in romeno con la benedizione di Nifon, arcivescovo di Ungrovalacchia.
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