Nonostante la sua pronuncia breve e spesso automatica, “Alleluia” racchiude una ricca storia e un significato degni della nostra attenzione.
Originario della lingua ebraica, "Alleluia" è composto dalle lettere iniziali del nome di Dio e si traduce con "lodate il Signore". Questa acclamazione non è semplicemente una parola; è una risposta cantata dalla congregazione dopo la chiamata del sacerdote, che ne sottolinea il significato nel culto.
Si ritiene che il suo utilizzo sia stato introdotto da re Davide, segnandone l'assenza prima del suo regno. Il Primo Libro delle Cronache e i Salmi sottolineano il ruolo dell'"Alleluia" nel culto ebraico, sia come canto di lode a sé stante, sia come risposta comunitaria durante il servizio divino:
"Benedetto il Signore, Dio d'Israele, da sempre e per sempre! E tutto il popolo disse: Amen! Alleluia!" (1 Cron. 16, 36).
«Diede loro le terre delle genti, ed essi ereditarono la fatica delle nazioni, perché osservassero i suoi statuti e osservassero le sue leggi. Alleluia!» (Sal 104, 44-45)
Nel Nuovo Testamento, l'Apocalisse di Giovanni il Teologo incorpora l'"Alleluia" in una formula complessa, esprimendo gratitudine per la sconfitta di Babilonia la Grande. Questo utilizzo ne sottolinea la perdurante rilevanza nel culto cristiano: "Poi udii come una voce di una grande folla, come un fragore di grandi acque e come un rombo di forti tuoni, che diceva: 'Alleluia! Perché il Signore Dio, l'Onnipotente, ha preso possesso del suo regno!' (Ap 19,6). La Quaresima introduce speciali funzioni di "Alleluia", caratterizzate dalla sostituzione di "Dio è il Signore..." con "Alleluia" al Mattutino durante i giorni feriali, insieme ai versetti del profeta Isaia: "Con l'anima mia ti desidero nella notte, con lo spirito che è dentro di me ti cerco all'alba; perché quando i tuoi giudizi si manifestano sulla terra, gli abitanti del mondo imparano la giustizia" (Isaia 26:9). Questa nomenclatura deriva dalla particolare attenzione liturgica rivolta all'"Alleluia" durante i digiuni, sebbene il suo utilizzo non sia limitato a questo periodo. L'acclamazione trova spazio anche nelle funzioni commemorative (ad esempio, nei sabati commemorativi, con i versetti dei Salmi 24, 64 e 101), dimostrando la sua versatilità liturgica in vari riti, tra cui il cristianesimo orientale e la tradizione ispano-mosarabica.
Nonostante queste diverse applicazioni, emerge un filo conduttore nel contenuto emotivo, più che semantico, di “Alleluia”.
La sua solenne introduzione in ambito liturgico contrasta con il suo utilizzo nei servizi penitenziali o funebri, mettendo in discussione la nostra comprensione delle sue connotazioni tradizionalmente gioiose tra gli antichi ebrei e i primi cristiani. Il professor Ivan Alekseevich Karabinov ha sottolineato, durante il Consiglio Locale del 1917-1918, che i servizi di "Alleluia", originariamente una pratica quotidiana, si sono evoluti in un'osservanza specifica legata al digiuno.
Indipendentemente dalle tradizioni liturgiche consolidate, i cristiani accolgono l'"Alleluia" non solo come una tradizione liturgica, ma come un invito perpetuo a glorificare Dio, trascendendo i confini del pentimento e del ricordo e arricchendo la nostra vita spirituale e liturgica.

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