La preghiera del monachesimo etiope: il "rosario etiopico"

Nel mio interesse personale per l'Etiopia ho sempre cercato di comprendere i fondamenti della pratica liturgica e spirituale dei cristiani etiopi, una delle Chiese più antiche del mondo. Nei loro recenti avvicinamenti alla Chiesa Russa c'è anche la riscoperta da parte degli ortodossi "bizantini" del patrimonio cultuale etiope. Propongo oggi una formula di preghiera monastica diffusa nei monasteri etiopi, noto ai più come "rosario etiope". 


Padre Yohannes Tesfamariam, noto esorcista etiope 

C'è da dire che, prima di recitare il rosario, il monaco etiope memorizza un passo della Sacra Scrittura al giorno, dopo l'ufficio del Mattutino. Questa pratica di riflessione e meditazione biblica si chiama melete. Il monaco passa le ore di lavoro nel ripetere i versetti appresi, con l'intento di metabolizzarli e impararli a memoria. La giornata monastica etiope non è molto diversa da quella del monaco "bizantino". I monaci etiopi si vestono di bianco, secondo la tradizione di san Pacomio, che ricevette dagli angeli un abito candido.

Una forma speciale di monachesimo in Etiopia è rappresentato dai Bahitawi, uomini e donne sotto uno speciale giuramento monastico che li vincola a specifici obblighi e regole molto rigide, considerati come novelli << Giovanni Battista >> dai fedeli. Questi monaci vivono in eremitaggio, scendendo in chiesa nei monasteri solo per le preghiere comuni. Consumano i pasti da soli e sono di solito ricercati dai fedeli per la pratica degli esorcismi e per la guida spirituale. Uno di questi, negli ultimi anni, è diventato molto famoso: è il caso di padre Yohannes Tesfamariam, che per i suoi esorcismi raduna una folla di 40mila persone. 


Clero etiope in processione

Il Rosario Etiope

Nelle ore libere dagli uffici in chiesa e dai lavori materiali, il monaco etiope si concentra sul suo mädgämiyâ o "corda da preghiera". La regola etiope è piuttosto complessa, e l'abbiamo sintetizzata al meglio. 

 La prima parte è composta da preghiere iniziali, tropari e Credo, il saluto alla Madre di Dio (Ave Maria nella sua variante etiope) e il Magnificat (Lc 1:46-55). 

La parte centrale è composta da Padre Nostro e Ave Maria alternati per 7 volte, seguiti da Cristo Signore abbi pietà di noi per 41 volte, Kyrie Eleison per 41 volte, la recita del Magnificat per 7 volte, la frase Ricordati di noi, Signore, nel tuo Regno per 41 volte, poi Signore Dio, per le preghiere di san (nome di un santo) abbi pietà di noi recitato per 41 volte, seguito da san (nome di un Angelo) accorri in nostro soccorso per 41 volte. In Quaresima, ad ogni invocazione segue una prostrazione.

La terza parte è la formula di congedo.

Questa regola di preghiera, molto lunga e complessa, è recitata dai maestri anziani 7 volte al giorno e si formano i novizi ad apprenderla e recitarla mentalmente. Il ricorrente numero 41 è un simbolo per le 39 frustate ricevute da Cristo, unite alla corona di spine e al colpo di lancia. 

Questa preghiera, insieme con il Saalaat (il saluto alla Madre di Dio), le Lodi alla Passione di Cristo, i Salmi di Davide - divisi in 7 catismi, uno per ogni giorno della settimana - e gli uffici delle Ore sono tutti radunati nel Māzmurā Dâwit, il "Salterio di Davide" arricchito ovviamente dalla tradizione liturgica etiope. Per gli interessati, ne esistono versioni in inglese. 

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