Storia del Diaconato nella Chiesa Ortodossa

 Dopo aver affrontato il Suddiaconato dal punto di vista storico, vediamo di conoscere la storia del diaconato, il ruolo liturgico che precede il sacerdozio. I diaconi sono menzionati negli Atti degli Apostoli (Atti 6:3) con una funzione di sostegno agli apostoli: mentre questi si recavano a pregare e a svolgere tutte le funzioni del sacerdozio cristiano (benedizioni, ierurgie, liturgia eucaristica) i diaconi servivano alle mense dei poveri e alle altre opere di carità che gli Apostoli avevano organizzato prima in Gerusalemme e poi anche in tutte le altre comunità. La parola diacono (gr. διᾱ́κονος) significa infatti servitore. Gli apostoli scelsero il numero sette perché spiritualmente è il numero della completezza delle cose umane, della creazione, e quindi il diacono è colui che compie in sé la chiamata naturale dell'uomo, il servizio a Dio e al prossimo. Il sacerdote invece è il passo ulteriore, nell'ottavo giorno, la glorificazione e la compiutezza cosmica della capacità spirituale. Il primo Padre della Chiesa a menzionare i suoi diaconi è sant'Ignazio vescovo di Antiochia, martire nel Colosseo di Roma nel 117. E' proprio il periodo immediatamente susseguente la morte degli Apostoli e parliamo della Chiesa del I secolo. Questa testimonianza è fondamentale per riconoscere come il clero fosse già ben delineato fin dagli albori della Chiesa. 


Un diacono proclama il Vangelo dal pulpito della cattedrale di sant'Alessandro, Sofia (Bulgaria)

Sant'Ignazio nelle sue Epistole cita spesso il suo rapporto coi suoi diaconi, che lui chiama "servitori gioiosi" nel loro cammino comune verso la santità (συνδουλος). Sant'Ignazio scrive che i diaconi sono "sottomessi in tutto al vescovo". Possiamo vedere questa frase in molti campi: ecclesiastico, rituale, amministrativo. Eppure, Ignazio fa sempre notare come a unire il vescovo ai suoi sottoposti sia il vincolo dell'amore e del rispetto che intercorre fra un padre e i propri figli, fra i discepoli e un maestro [1]. Secondo un recente commento alle Epistole ignaziane, i diaconi di Ignazio erano influenti sia nelle faccende ecclesiastiche che in quelle della comunità, e avevano personalmente aiutato il vescovo nei suoi momenti difficili, e per questo esiste questa unione speciale, filiale, quando ancora il ruolo del sacerdote non era ancora così preponderante [2] Nelle Lettere, il vescovo Ignazio scrive che i diaconi sono responsabili del presbiterio (ma non dei presbiteri), poiché "hanno su di sé il servizio di Cristo" [3]. In particolare, questa immagine cristificata del servitore è presa dal Vangelo di Marco, quando il Signore disse di non esser venuto ad essere servito (διακονηθήναι), ma a servire (διακονήσαι) [Marco 10:45]. Allo stesso modo i diaconi e i sacerdoti, aiutanti del vescovo, ricevono questa investitura spirituale. Questa preminenza del diacono, che presto otterrà anche una notevole fetta del rituale, rimarrà tale fino almeno al VI secolo, quando il ruolo dei sacerdoti sarà rivisto e caricato di impegni e responsabilità, in quanto le parrocchie e le chiese si moltiplicheranno e l'investitura della celebrazione eucaristica passa direttamente al sacerdote. A Roma e a Costantinopoli, così come ad Antiochia, spesso il patriarca veniva eletto fra i diaconi della cattedrale in luogo dei presbiteri. 

Il canone XVIII del Concilio di Nicea (325 d.C.) tuttavia chiede ai diaconi di "rimanere al proprio posto" e di non pretendere di avere più potere dei presbiteri, e di prendere la comunione dopo di questi. Il canone sicuramente dimostra una crescente tensione fra i diaconi e i sacerdoti, e una stabilizzazione canonica dei rispettivi ruoli. I diaconi mantengono sempre, almeno fino al X secolo, il ruolo di intermediari della comunità, guidando le azioni pastorali, la cura dei lazzaretti e degli ospedali, conducendo le scuole catechetiche e i principali servizi sociali della comunità. Negli Atti del martirio delle sante Perpetua e Felicita (III secolo), si menzionano due diaconi, Terzio e Pomponio, che si occupavano di pagare le cauzioni per i cristiani imprigionati e svolgevano servizio presso carceri e luoghi di detenzione. Si calcola che a santa Sofia di Costantinopoli, fin dal VI secolo, fossero presenti 120 diaconi e 80 diaconesse, per l'esercizio dell'attività sociale della Chiesa e l'istruzione dei catecumeni. I diaconi si ritrovarono a gestire importanti patrimoni ecclesiastici, come testimonia la lettera di san Doroteo vescovo di Gaza (+410) al suo diacono Marco, il quale dovette gestire una somma di 4500 pezzi d'oro per una colletta da devolversi ai poveri della regione. Sant'Atanasio il Grande partecipò a Nicea nel 325 in qualità di diacono e rappresentante del patriarca di Alessandria; l'arcidiacono Niceoforo nel 1592 mantenne viva la Metropolia di Mosca quando il patriarca non era presente e nel 1595 fu martirizzato dai cattolici polacchi dopo aver difeso i diritti degli ortodossi in Ucraina. Dalla fine del Medioevo ad oggi, nella Chiesa Ortodossa il diaconato è diventato sempre più un ruolo liturgico e sempre meno un ruolo pastorale nelle zone sotto la turcocrazia, mentre in Russia permane ancora  il diaconato come servizio alla comunità. 


Dal punto di vista rituale, il diacono rappresenta la voce del popolo che chiede a Dio di essere ascoltato, attraverso la recita delle litanie e delle preci contenute nelle ektenie. San Giovanni Crisostomo (+407) scrive che il diacono, con il suo orarion alzato e la sua tunica bianca, rappresenta il messaggero celeste che porta i messaggi dal Paradiso verso la terra e viceversa, così come i diaconi escono ed entrano dal presbiterio [4]. A cagione di questa simbolistica, l'orarion dei diaconi ha la triplice scritta "Santo, Santo, Santo" cucita sopra, a simboleggiare il parallelismo fra i servitori celesti e la loro controparte umana, il diacono. Il diacono è, alla liturgia, responsabile del trasferimento del Corpo di Cristo dall'altare della protesi fino all'altare durante il Grande Ingresso, compiendo il suo ruolo di intermediario fra il popolo offerente e il sacerdote che compie l'oblazione. Fino al secolo scorso, come testimonia anche il Manuale del clero russo del 1894, i diaconi erano ancora in larga parte responsabili delle scuole parrocchiali, della formazione dei ragazzi, della cura pastorale dei malati e dei poveri, tanto da venir dispensati dal celebrare nei giorni feriali proprio per occuparsi di queste cose. In Occidente, la funzione diaconale entra in crisi già dal V secolo insieme con il decadimento delle strutture sociali, fino a diventare solamente un passaggio per il sacerdozio - eccezion fatta per i prestigiosi arcidiaconi di Roma. Con la caduta delle Chiese a causa dei regimi comunisti, e con la recente nascita degli stati di diritto "liberali" degli anni Novanta del secolo scorso, la Chiesa ha perso il suo apparato di supporto sociale e il diaconato, già da secoli sempre più relegato a ruolo liturgico, è ormai confinato all'altare: le nuove iniziative filantropiche della Chiesa sono gestite perlopiù da sacerdoti. 

La Chiesa Ortodossa al giorno d'oggi permette al diacono di compiere piccoli gesti rituali in autonomia, come per esempio portare la Comunione (già consacrata) ad un malato, oppure ungere con l'olio benedetto i fedeli, oppure recitare gli uffici minori da solo (come le Ore o i Salmi Tipici) in mancanza di sacerdote. Nel Commento al Manuale Liturgico [5] S. Bulgakov scrive anche che, in caso di necessità, il diacono possa da solo celebrare una parastasi (panichida) per i defunti leggendo le preghiere previste in autonomia, come caso specifico di necessità. Ovviamente, il diacono può compiere un battesimo in discrimine mortis, che dovrà essere poi completato dal sacerdote se la persona sopravvive. 

Il diacono è oggi non sempre presente nelle parrocchie mentre è di regola al servizio perpetuo del vescovo in cattedrale, in quanto abbellisce la liturgia pontificale e solitamente vengono selezionati per rimanere diaconi a vita - o per molto tempo - solo uomini dalla bella voce, che possono arricchire la liturgia dal punto di vista estetico. Il diaconato è - o dovrebbe essere - un servizio a Dio e al prossimo, una chiamata (lunga o breve) al compimento della carità nella Chiesa, che sia carità spirituale (consiglio, istruzione) o materiale. Il diaconato è in questo la scuola del sacerdote, che non deve abbandonare mai la diaconìa, il servizio al prossimo, ma portarla a compimento. 

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NOTE E BIBLIOGRAFIA

1) Μagn. 6,1; Trall. 3,1.

2) W. R. Schoedel, Ignatius of Antioch: A Commentary on the Letters, Philadelphia 1985, p.46

3) Μagn. 6,1.

4) Cit. in Παντ.Χανόγλου, Διaκovικόν, Edessa 1989, p.214.

5) Commento al Manuale Liturgico del 1894, Sergej Bulgakov (risorsa online)

Dom Gregory Dix, The Shape of the Liturgy, Dacre Press, London, 1960

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