L'Italia e l'Ortodossia: Approccio delle chiese ortodosse all'Italia

Preambolo

Genericamente si ritiene che qui in Italia abbiamo una "missione". Spieghiamo meglio cosa è una missione. La Missione è la creazione di una testa di ponte per costruire una Chiesa ortodossa forte, possibilmente autocefala, comunque "locale". La cappellanìa invece è quel movimento ecclesiale che esaurisce lo slancio nel presentarsi come pane per gli immigrati di origine, senza approfondire lo sviluppo verso una crescita. L'Italia è cappellanìa o Missione? scopriamolo. 

C: cappellanìa
M: missione

Genesi

C: La cappellanìa nasce da una necessità pastorale, derivata da vari fattori storici (scambi commerciali e diplomatici, movimenti migratori, costituzione di comunità di stranieri, etc.): in pratica, si manifesta il bisogno, per i fedeli stabilitisi in Occidente, di seguire la vita della loro chiesa. 

M: La missione, invece, nasce (lo dice il nome) da un'esigenza missionaria, di radicare la Fede ortodossa, e di sviluppare la Chiesa ortodossa, in paesi nei quali queste non sono mai arrivate, o sono state da tempo dimenticate (ivi inclusi i paesi dell'Europa occidentale).




Campo d'azione

C: La cappellanìa si rivolge a cittadini di paesi storicamente ortodossi, emigrati o temporaneamente residenti in Occidente: tipicamente, essendo dipendente da una singola chiesa autocefala, si rivolgerà di preferenza ai membri della propria etnìa. 

M: La missione accoglie in modo generico tutte le persone interessate alla Fede e alla Chiesa ortodossa (spesso si tratta di persone o di famiglie che hanno trovato insoddisfacente la presentazione delle verità cristiane nelle loro comunità religiose di provenienza).

Conversioni

C: I convertiti creano problemi diplomatici, di convivenza ecumenica e di integrazione etnica. Anche se la possibilità di conversioni non è sempre esclusa, al convertito sarà almeno implicitamente richiesto un adeguamento linguistico e culturale agli usi del paese di origine della cappellanìa. Lo zelo del convertito (anche se apprezzato a livello dei fedeli) tenderà usualmente a essere scoraggiato. 

M: La missione vive e si giustifica attraverso le conversioni all'Ortodossia, anche se non viene fatta alcuna pressione per la conversione di singoli. Il convertito di una missione entra nella Chiesa con una maggiore parità di diritti rispetto al convertito di una cappellanìa, e il suo zelo viene solitamente incanalato verso lo sviluppo ulteriore della missione.

Ecclesiologia 

C: "Cuius regio, eius religio" sembra ancora il leit-motiv di ogni cappellanìa: quale che sia la provenienza di un ortodosso "etnico", ci si aspetta che prima o poi si rivolga alla sua cappellanìa nazionale. Con questo sistema, la creazione (anticanonica) di gerarchie ortodosse parallele nello stesso territorio trova la sua logica, e necessaria, spiegazione. I sacerdoti provengono quasi tutti dai paesi d'origine. Non vengono aperti centri di formazione. 

M: Il principio della Chiesa locale, nella quale si realizza misteriosamente la pienezza della Chiesa universale, è la forza propulsiva della missione. L'obiettivo ecclesiologico della creazione di una chiesa autocefala locale è chiaramente indicato fin dal principio, e tutti gli sforzi del collegio sacerdotale e dell'eparca sono diretti alla costruzione di un clero locale "indigeno" e di una rete amministrativa in grado di competere con l'ingrandimento della missione. Appena possibile si darà avvio alla costruzione di seminari e centri di studio per la formazione del clero locale. 

Lingua

C: in modo rigoroso, maggioritario (talora perfino esclusivo) la lingua impiegata nelle funzioni, nella predicazione e nel catechismo è la lingua del paese ortodosso di origine. Si cerca di creare un ambiente di continuità etnico-culturale. Le persone di altra provenienza linguistica (ortodossi "etnici" o convertiti occidentali) devono di solito adeguarsi. 

M: Utilizza prioritariamente la lingua locale (che è il mezzo preferenziale dell'espansione del messaggio missionario), ma essendo aperta alle esigenze dei singoli membri, può adattarsi alle richieste di fedeli stranieri usando in determinate circostanze le loro lingue.

Traduzioni

C: La necessità di traduzioni si fa sentire in un secondo momento (quando i membri della comunità iniziano a perdere la loro lingua d'origine, oppure nel caso di presentazioni della propria letteratura religiosa in incontri ecumenici o accademici). Nei paesi cattolici romani, c'è spesso la tendenza ad "adagiarsi" sulle traduzioni liturgiche e scritturali fatte a uso dei cattolici di rito orientale. 

M: La necessità di traduzioni è impellente fin dai primi momenti, e quello di tradurre diventa uno degli obiettivi principali della missione. Poiché per rendere le sfumature di un linguaggio è quasi sempre preferibile un "locale" a uno "straniero", i traduttori tendono a essere persone del luogo. Le traduzioni dei cattolici orientali uniati vengono di solito criticate per il loro contenuto teologico, affine a quello dei testi cattolici "latini".

Santi

C: La venerazione dei santi del paese di origine prende il sopravvento su quella dei santi locali: spesso il luogo di culto è dedicato a santi del paese di provenienza, e comunque le feste del paese originario hanno la precedenza su quelle occidentali, anche se ortodosse (tipico il caso della Domenica dei santi locali, che sono, in modo scontato, i santi del paese di origine della cappellanìa). 

M: Lo sforzo di riscoperta delle radici ortodosse dell'Occidente porta a incoraggiare la venerazione dei santi ortodossi locali del primo millennio. Questo può talvolta portare interessanti frutti di dialogo e di fraternità ecumenica. È altresì vivo il culto di santi (come per esempio San Marco di Efeso) che hanno difeso la Fede ortodossa di fronte ai contrasti con le forme di fede del cristianesimo in Occidente.

Finanze

C: La cappellanìa può contare su numerose forme di aiuto da parte del paese di origine, non solo nella sua forma estrema (cappellanìa diplomatica), nella quale potrà contare su emolumenti provenienti dall'autorità civile, ma anche nelle forme di semplice centro per i fedeli di una certa etnìa. Saranno possibili donazioni da parte della chiesa madre, invio (e talora sostentamento) di pastori teologicamente preparati, e simili forme di aiuto. 

M: La missione ortodossa ha qui il compito più difficile, sia per ragioni storiche (difficoltà delle chiese madri, che bloccano molte ipotesi di finanziamento delle missioni estere) che psicologiche (un certo timore di venire accusati di "foraggiare centri di proselitismo"). La preparazione e il sostentamento del clero gravano quasi sempre sulla missione stessa. Una volta che una certa stabilità economica viene raggiunta, tuttavia, la missione avrà più probabilità di essere a sua volta finanziatrice di altre iniziative (è una conseguenza inevitabile dello stesso impulso missionario).

L'articolo, a parte qualche inserimento dell'autore di questo blog, proviene dal sito "parrocchia ortodossa San Massimo di Torino - Patriarcato di Mosca".

COMMENTO DELL'AUTORE DEL BLOG

Dopo questa panoramica non si può non concordare nel fatto che l'Ortodossia italiana sia una cappellanìa. Per carità, molto evoluta, ma sempre di cappellanìa si tratta. Io credo che ci siano delle spinte riformatrici, nel senso di una porzione di clero pronta al salto, all'evoluzione, ma che queste voci non siano sufficientemente accolte. Mancanza di entusiasmo reale da parte nostra o impossibilità tecnica? Non so, io ho le mie idee forti su questo punto, ma per non urtare la sensibilità dei singoli, preferisco mantenermi sul discorso base di questo articolo. Ci sono molte lodevoli iniziative da parte di tutti i patriarcati canonici - mi sovviene alla mente il calendario bilingue della chiesa romena, o il dono vivente dei sacerdoti di sangue italiano ammessi al presbiterato ortodosso - ma nella mia piccola, inutile e marcia opinione credo che manchi qualcosa. Si presenta una situazione paragonabile a quei disegni fatti dai bambini, con dei bei contorni, ma che poi i bambini non colorano, lasciandolo incompleto, incolore. Un bel disegno, privo di colore. Un bell'inizio il nostro. Cosa manca? Se possiamo o dobbiamo fare qualcosa - mi rivolgo ai presbiteri - per migliorare la comunità e costruire, ditecelo. Forse è proprio questo: evoluzione, costruire, progettare. Fare. Io provo, nella miseria intellettuale, di far qualcosa: traduco ad esempio, per quel che mi riesce. Non firmo mai i miei lavori, perché non del nome mi importa, ma che arrivi il risultato. E spero e confido nei collegi dei nostri volti ecclesiali ( perché ancora una realtà nazionale non c'è) affinché promuovano uno sviluppo pieno, per la gioia di tutti noi e per il sostegno adeguato alla causa di nostra Santa Madre Chiesa. Amen.

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