Brevissima teologia dell'Icona

In primis, avventurandomi in un ambito che conosco poco, chiedo ai gentili lettori che, qualora ravvisino errori di forma o di sostanza, di avvertirmi e correggermi.

La diffusione dell'immagine sacra lo si deve, nei primi secoli, non tanto al devozionismo quanto all'azione pedagogica dell'immagine. San Nilo scrisse a Olimpiodoro, Prefetto di Costantinopoli, il quale voleva erigere una Basilica intitolata ai Santi Martiri, suggerendogli di abbellirla con le immagini dei santi affinché i poveri potessero apprendere le loro gesta. ( Patrologia Greca, 93).

San Gregorio Magno (+604) nelle sue Lettere chiarisce meglio il compito dell'immagine sacra spedendo una missiva a Severo Vescovo di Marsiglia il quale stava distruggendo le immagini che i suoi preti dipingevano nelle chiese della sua giurisdizione.( Patrologia Latina, 77): 
<< proibendo di adorare le immagini, meriti un elogio; distruggendole, un rimprovero. Una cosa è l'adorazione dell'immagine, un'altra l'apprendimento di chi è degno d'essere venerato attraverso di essa.>> 
Nel pensiero di san Gregorio, l'immagine sacra è quindi un "evangelizzatore silente", una predicazione muta per i cristiani e per i pagani  che si avvicinano al mondo della Chiesa. 

Gregorio II Papa ( +731) proclama di diffondere il Vangelo con la parola, con lo scritto e coi colori ( Mansi, 13,46) , intendendo ovviamente di usare le immagini.
Il concilio di Trullano ( 692) promuove definitivamente l'immagine, avversata inizialmente perfino da alcuni teologi e scrittori cristiani, al rango di pedagogia d'eccellenza. ( canone 82).

Il Concilio di Nicea II convocato nel 797 proprio per porre fine alla controversia sulla liceità del culto delle immagini sacre, proclama quanto segue ( COD. 136):

Le venerande e sante immagini, sia dipinte, che in mosaico, che in qualsiasi altro materiale adatto, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, sulle sacre suppellettili e sui santi paramenti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie: siano esse l'immagine del Signore Iddio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quelle della purissima Madre di Dio, dei santi angeli, e di tutti i santi e giusti. Infatti quanto più queste immagini frequentemente vengono contemplate, più i contemplatori sono portati al ricordo e al desiderio dei modelli originali e a tributare loro, baciandole, rispetto e venerazione. Non si tratta, invero, di latrìa ( adorazione) riservata per fede solamente alla Divina Natura, ma di un culto simile a quello che riserviamo alla Santa Croce, agli Evangeli e agli altri oggetti di culto, e difatti offriamo per essi incenso e lumi come gli antichi padri ci hanno insegnato. L'onore reso all'immagine in realtà appartiene a colui che vi è rappresentato e chi venera l'immagine venera invero colui che vi è riprodotto.






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