I Nomi di Dio - Sant'Eucherio di Lione ( parte I )

Sant'Eucherio di Lione (380-449) successore di san Ireneo nell'episcopato della città gallica è stato autore dell'importante tomo Formule dell'Intelligenza Spirituale dal quale questo e i prossimi articoli sono tratti



Dio onnipotente è Padre, Figlio e Spirito Santo, uno e trino: uno per natura e trino nelle persone; unico ad essere invisibile, immenso e infinito – l’unico incircoscritto, immutabile, incorporeo, immortale – ovunque presente e nascosto, ovunque tutt’intero e immenso.
È invisibile, poiché non può certo esser visto nella sua essenza, come dice l’Apostolo: Poiché nessuno l’ha mai visto, né lo può vedere (1Tm 6, 16); e nel Vangelo: Nessuno mai vide Dio (Gv 1, 18).
È incorporeo, perché non consiste di un’unione di membra e fattezze. Così è detto veracemente nel Vangelo: Dio è Spirito, e quanti l’adorano devono adorarlo in spirito e verità (Gv 4, 24).
È immenso, perché la sua qualità e quantità non può essere misurata da alcuna creatura, onde Salomone pregò supplice: Se il cielo e la terra non ti contengono, tanto meno basterà questo tempio che ti ho edificato (3Re 8, 27).
È incircoscritto, perché non delimitabile.
È inlocale, perché non passa da un posto all’altro, né alcun luogo riesce a trattenerlo; tramite Isaia, dice di se stesso: Il cielo è il mio seggio, la terra lo sgabello dei miei piedi (Is 66, 1); e tramite Geremia: Non colmo forse il cielo e la terra? (Ger 23, 24). Della sua immensità parla il profeta nel salmo, confidando in Dio stesso: Se salissi in cielo, là tu sei; se scendessi nell’inferno, sei presente (Sal 138, 8); e ne parla anche il libro di Giobbe: È più alto del cielo, e che puoi fare? È più profondo dell’abisso, e che puoi saperne? È più lungo della terra e più largo del mare (Gb 11,8), poiché infatti riempie il cielo e la terra, e certo non v’è luogo privo della sua essenza. È sopra ogni cosa per reggere e governare, sotto ogni cosa per portare e sostenere – non con peso di lavoro, ma con infaticabile forza, perché nessuna sua creatura si sostiene da sola, senza essere da lui conservata. È fuori da tutto, ma non ne è escluso.
È immutabile, poiché ciò che è non può certo mutare, come egli stesso dice attraverso il profeta Malachia: Io sono il Signore, e non muto (Ml 3, 6). Perciò Dio è detto immutabile, perché la sua anima non è afflitta da ira, furore, pentimento, dimenticanza, ricordo o altre simili cose: è difatti semplice la sua natura, immutabile e imperturbata. Non ha e non è altro da se stessa, ma essa stessa è ciò che ha ed è.

È immortale, perché in nessun modo può morire, come attesta l’Apostolo: Lui solo possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile, che nessun uomo ha mai veduto, né può vedere (1Tm 6, 16). Al contrario, sparsi per i divini libri, la Scrittura Sacra descrive in Dio i moti dell’anima e le membra umane, cioè il capo, i capelli, gli occhi, le palpebre, le orecchie e tutte le altre membra – o i moti dell’anima, cioè l’ira, il furore, la dimenticanza, il pentimento, il ricordo, e altro. Chi comprende queste cose rettamente secondo la narrazione, non deve intenderle in modo carnale, come fanno i Giudei e molti eruditi eretici, che pensano Dio come corporeo e insediato in un luogo – di lui ogni cosa va invece intesa e creduta spiritualmente. Se qualcuno crede che in Dio vi siano membra umane o moti dell’anima in senso umano, senza dubbio fabbrica idoli in cuor suo.
Dunque, come si diceva, leggiamo in senso figurato il capo di Dio, e dobbiamo intendervi la sua stessa essenza divina, che precede tutto, e a cui ogni cosa è soggetta (1Cor 11,3).
Interpretiamo i capelli del suo capo come i santi angeli, o i virtuosi eletti; di ciò è scritto nel libro di Daniele: Mentre stavo osservando, furono disposti dei troni e un Antico di giorni si assise. Il suo vestito era candido come neve e come lana pura erano i capelli della testa (Dn 7, 9): qui si vogliono infatti significare con la veste candida di Dio e coi capelli del suo capo gli angeli e i puri santi. Inoltre, i capelli sono paragonati alla lana pura perché Dio fosse inteso come l’Antico di giorni.
Si dice che Dio ha occhi, poiché egli vede tutto e nulla gli è nascosto. Dice infatti l’Apostolo: Nessuna cosa al mondo sfugge allo sguardo di Dio, ma tutto è chiaro e svelato ai suoi occhi (Eb 4, 13). Si possono altrimenti intendere come la considerazione della sua grazia; così è nel salmo: Gli occhi del Signore sono sopra i giusti (Sal 33,16). In secondo luogo, gli occhi del Signore sono i suoi precetti, con cui ci somministra il lume del sapere. Nel salmo: È chiaro il precetto del Signore e illumina gli occhi (Sal 18, 9). Le palpebre del Signore sono i suoi giudizi nascosti e incomprensibili, oppure indicano nei divini libri il suo linguaggio spirituale; di questi sacramenti e giudizi nascosti e imperscrutabili dice il salmo: Le sue palpebre interrogano i figli degli uomini (Sal 10, 5), cioè li esaminano.
Si dice che Dio ha orecchie perché ode tutto e nulla per lui è celato nel silenzio; di ciò è scritto nel libro della Sapienza: L’orecchio del cielo ode tutto e non gli è nascosto nemmeno il sussurro delle mormorazioni (Sap 1, 10).
Le narici di Dio sono il suo soffio nel cuore dei fedeli, come si dice nel libro dei Re: Sale il fumo dalle sue nari (2Re 22, 9), cioè aspira il pentimento lacrimoso dei penitenti.
Il volto di Dio è la conoscenza da parte di tutti della sua divinità, e su questa conoscenza è scritto nei salmi: Mostraci il tuo volto e saremo salvi (Sal 79, 4), cioè, dacci la conoscenza di te, palesata agli uomini dal Figlio dell’uomo, come dice il Vangelo: Nessuno conosce il Padre, eccetto il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo (Mt 11, 27). Altrove il volto di Dio significa l’invisibile essenza della divinità del Figlio di Dio; di essa il Signore, rispondendo per mezzo di un angelo a Mosè, dice: Mi vedrai da tergo, ma la mia faccia non potrai vederla (Es 33, 23), come se dicesse: la mia divinità invece non la potrai vedere.
La bocca di Dio è il Figlio del Padre, cioè il Cristo Signore; perciò Isaia profeta annuncia ai Giudei: Perché provocammo la sua bocca all’ira (Is 1, 20). Altrimenti, la sua bocca può esser presa come la sua parola o il suo comando; annunciando la parola di Dio, i profeti dicono: La bocca di Dio così ha parlatoLa parola di Dio è il Figlio di Dio Padre, per mezzo del quale tutto fu fatto; dice il salmo: Dio creò i cieli con la sua parola (Sal 32, 6). Altrove: Inviò la sua parola a risanarli (Sal 106, 20); e nel Vangelo secondo Giovanni: In principio era la Parola, e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio (Gv 1,1). La lingua di Dio, in senso mistico, significa lo Spirito Santo, grazie al quale Dio Padre manifestò il suo segreto agli uomini; per cui nel salmo è detto: La mia lingua è la penna di uno scriba veloce (Sal 44,2).
Le labbra di Dio, in senso mistico, simbolizzano l’accordo dei due Testamenti; di essi è scritto nei Proverbi: Nel suo giudizio la sua bocca non erra (Sal 16, 10).
Per le braccia di Dio Padre si intendono il Figlio suo e lo Spirito Santo. Così parla in Isaia: E le mie braccia giudicheranno i popoli (Is 41, 5). Preso singolarmente, il braccio di Dio si riferisce al Figlio: Ebbene, tu Signore Iddio traesti il suo popolo dalla terra d’Egitto con mano forte e braccio teso (Ger 32, 21). Perciò il Figlio è detto braccio di Dio Padre, perché la creatura eletta gli è connessa.
La destra di Dio Padre è il Figlio unigenito, che nel salmo assume persona umana: La destra del Signore compì prodezze (Sal 117, 16). Altrimenti, la destra del Signore indica l’eterna felicità del Padre: nel salmo così il Padre dice al Figlio: Siedi alla mia destra (Sal 109, 1). È detta anche “destra di Dio” ogni creatura eletta in cielo e in terra, così come per la sua sinistra si intende ogni creatura falsa, cioè i | demoni e gli empi che, posti a sinistra [nel Giudizio], patiscono gli eterni supplizi (Mt 25, 33).

La mano di Dio Padre è il Figlio suo, a modo e mezzo del quale tutto fu fatto, come dice in Isaia: Tutto fece la mano mia, e ogni cosa fu fatta (Is 66, 2). In altro senso, la mano di Dio è intesa come il suo potere; così nel libro del profeta Geremia: Come l’argilla nella mano del vasaio, così voi siete in mano mia, casa d’Israele (Ger 18, 6). Parimenti, la mano indica la frusta, sul colpo della quale è scritto nel profeta Sofonia: Stenderò la mia mano sopra Giuda e sugli abitanti d’Israele, e disperderò da questo luogo i resti di Baal (Sof 1, 4), ecc.; ma Giobbe, colpito dal Signore, disse felice: La mano di Dio mi ha toccato (Gb 19,21).
Il dito di Dio vale particolarmente per lo Spirito Santo, perché da esso fu scritta la legge sulle due tavole del monte Sinai (Es 32,16). Egli scrisse quanto lo Spirito Santo gli dettava. Di esso il Signore dice nel Vangelo: Se io scaccio i demoni col dito di Dio (Lc 11, 20). Come infatti il dito con la mano e il braccio, e la mano col braccio e il corpo sono uno per natura, così il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono tre persone ma una sola sostanza divina.
Le dita di Dio in senso plurale significano i santi profeti, per mezzo dei quali lo Spirito Santo con la sua ispirazione traccia i libri della legge e della profezia; di ciò si parla nel salmo: Vedrò i cieli, opera delle tue dita (Sal 8, 4) – certo, come dicevamo, qui si intendono con i cieli i libri suddetti, e con le dita i santi profeti.
L’immagine di Dio Padre invisibile è il suo Figlio unigenito; su ciò l’Apostolo: Egli è l’immagine dell’invisibile Dio (Col 1, 15). Dio Padre generò la propria immagine nel Figlio suo non da altra cosa, ma da se stesso, cioè dalla sua sostanza, in modo che risultasse simile e identica in tutto. In altro senso, invece, quest’immagine è l’anima dell’uomo, che Dio non generò da se stesso, cioè dalla sua sostanza -come credono molti eretici – ma creò dal nulla. In altro modo ancora, possiamo intenderla l’immagine di qualsiasi re che genera da se stesso, nel proprio figlio, un simile, come l’uomo dall’uomo. Infine, è come l’immagine impressa da un anello nella cera, che non è tale per se stessa, poiché il figlio è per natura ciò che è il padre.
Per il cuore di Dio Padre si intende misticamente l’arcano della sapienza, dal quale la Parola – cioè suo Figlio – impassibilmente generò senza inizio, come Dio stesso dice tramite il profeta: Effuse il mio cuore una buona parola (Sal 44, 2).
Si dice che Dio ha le ali perché, quasi al modo di un uccello coi suoi pulcini, raduna gli eletti sotto di sé per nutrirli e proteggerli dalle insidie dei diavoli e dalla malvagità umana. Perciò il profeta dice: Proteggimi sotto l’ombra delle tue ali (Sal 16, 8).
Si dice che Dio ha le spalle, perché sorregge le parti deboli della Chiesa come sulle sue spalle. Di ciò parla il salmo: Ti sosterrà con le sue spalle (Sal 90, 4).
Il suo ventre si interpreta come l’origine segreta dell’esistenza; dice il salmo: Ti ho generato dal mio ventre prima dell’aurora (Sal 109,3). Oppure, il suo ventre allude in senso mistico ai suoi inafferrabili e imperscrutabili giudizi – di questo giudizio nascosto è scritto nel libro di Giobbe: Dal seno di chi è uscito il ghiaccio, e la brina del cielo chi l’ha generata? (Gb 38, 29).
Le terga rappresentano l’incarnazione del Figlio di Dio: di questa parte posteriore parlò il Figlio a Mosè sul Sinai, attraverso l’angelo: Vedrai le mie terga, ma la mia faccia non la puoi vedere (Es 33, 25). I piedi di Dio sono l’appoggio della sua forza, poiché egli è ovunque e tutto gli è sottomesso, e così dice tramite Isaia: Il cielo è il mio seggio, ma la terra è lo sgabello dei miei piedi (Is 66, 1). In altro senso, i piedi intendono l’incarnazione del Figlio di Dio, che è sottomesso alla divinità come i piedi lo sono alla testa. Come il capo esprime la divinità, così i piedi rappresentano l’umanità, e di ciò è scritto nell’Esodo: Mosè, Aronne, Nadab, Abin e i settanta anziani d’Israele salirono. E videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come una lastra lavorata di zaffiro, simile in chiarezza al cielo stesso (Es 24, 10). Ma, come si volle mostrare chiaramente con la lastra di zaffiro le creature celesti, cioè i santi angeli, così il cielo sereno indica la santa Chiesa degli eletti, fondata a beneficio degli uomini, e sopra queste due cose create regna in perpetuo il Figlio di Dio fatto uomo, come dice il salmo: Tutto hai posto sotto i suoi piedi (Sal 8, 8). Altrimenti, i piedi di Dio (o di Gesù Cristo) simbolizzano i santi predicatori, di cui è scritto nel Deuteronomio: Chi si accosta ai suoi piedi, partecipa della sua scienza (Dt 33, 5).

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