continua dal capitolo I dei Nomi di Dio.
La veste del Figlio di Dio talvolta figura la sua carne, che i libri
sacri assimilano alla divinità; di questa veste profetizza Isaia: Chi è
costui che arriva da Edom, da
Bosra con le vesti tinte? (Is 63, 1). Oppure, le vesti del
Signore valgono per la santa Chiesa, che
gli è unita per fede e per amore; di ciò scrive il salmo: Il Signore regna e indossa la bellezza (Sal 92, 1). E in altro salmo, sempre sul Signore:
Di maestà e bellezza ti rivesti,
avvolto nella luce come in una veste (Sal 103, 2).
Il manto di
Cristo è la Chiesa, su cui è scritto nel libro
del Genesi: Lava nel vino la sua veste, cioè la sua carne nel sangue della
passione, e nel sangue dell’uva il suo
mantello (Gn 49, 1), cioè la Chiesa.
I calzari
di Nostro Signore
Gesù Cristo simbolizzano misticamente
la sua incarnazione, poiché si è degnato di assumere la mortalità dell’umano genere.
Dice nel salmo,
tramite il profeta: Sull’Idumea porrò i miei calzari (Sal 59, 10),
cioè manifesterò la mia incarnazione alla folla dei pagani.
Il passo è l’avvento del Figlio di Dio nel mondo, e il suo ritorno
al Padre. Di ciò dice il salmo: Ecco, appare o Dio il tuo passo, il passo del mio Dio, il mio Re che è
nel santuario (Sal 67, 25). Dal cielo scende
nel grembo della Vergine, poi nasce ed è posto nella mangiatoia (Lc 2, 7). Quando ebbe compiuto tutto ciò
per cui era stato mandato dal Padre, fu crocifisso;
deposto che fu dalla croce (At 13, 29), fu sepolto secondo il corpo, ma
l’anima scese all’inferno; infine, il terzo
giorno resuscitò dal sepolcro con la
forza della sua divinità, e quaranta giorni dopo la resurrezione, sotto lo
sguardo degli apostoli ascese al
cielo, dove siede alla destra del Padre (At 1,9; Mc 16, 19), cioè nella
sua gloria; questi sono infatti i passi del
Figlio di Dio, la sua discesa e ascesa, di cui leggiamo nelle Sacre
Scritture.
Dio è
detto ascendere quando il
Figlio, rapita da noi la carne, l’ha condotta nel cielo come
una preda (Sal 67, 19), perché, prendendola con sé in
cielo, dove giammai prima era stata, ha trascinato quasi come prigioniera la natura umana, che prima invece era
trattenuta dal diavolo nella prigione del mondo.
Si
legge che Dio nasconde il volto (Dt
32, 20) quando nega la sua conoscenza ad alcune genti per le loro colpe, come è avvenuto ora al popolo
giudeo, perché, avendo ricusato il
Figlio di Dio, ha perso la cognizione
del vero Dio, e così fu per tutte le genti che non hanno conosciuto il
Signore.
Si
dice che il Signore mostra il volto (Sal
79,4) quando, con la considerazione della propria
grazia e segreta ispirazione, penetra nei cuori di chi lo vuole (certo in
quello dei suoi eletti) e infonde la forza per amarlo.
Si dice
che Dio siede, non certo in modo
corporale come gli uomini, ma in potenza per governare
con ragionevolezza le creature, come è nel salmo: Regna Iddio sulle genti e si asside sul santo suo trono (Sal 46, 9). Si
dice anche che Dio siede sopra i Cherubini (Sal 98, 1), che significano
la moltitudine e pienezza della sapienza
– con ciò si intendono i santi angeli o le menti degli
uomini spirituali, dove Dio presiede e regna invisibile.
Infatti egli siede in coloro che sono pieni della sua sapienza e del suo amore.
Nei Proverbi di Salomone sta scritto: La sua anima è la sede della
sapienza [passim in Pro]; ma Cristo è la sapienza di Dio Padre (1Cor 1, 24), che si dice sieda nelle anime dei santi.
Si
dice che Dio discende nel mondo,
quando nella creatura umana opera qualcosa di nuovo che
prima non c’era; così si dice che il Figlio di Dio è disceso, quando attraverso la Vergine Maria fece sua la carne per la nostra redenzione, e si degnò di divenire vero uomo, senza abbandonare ciò che era, ma acquisendo quanto non era. Di questa discesa, che è l’incarnazione, sta scritto nel salmo: E incurvò i cieli e
discese, e
gran buio era sotto i piedi suoi (Sal 17, 10). Ha incurvato i
cieli, poiché, prima del suo avvento, mandò come messaggeri gli angeli e i
profeti ad annunciare la sua venuta. Era
gran buio sotto i suoi piedi, perché
gli empi, per la loro malvagità, non poterono
riconoscere la sua incarnazione, e nemmeno ora lo possono.
Si
dice che Dio passa oltre, quando
si allontana dal cuore di certi uomini, dove la fede è stata sostituita quasi
d’improvviso dalla malafede e dalla colpa, e trapassa ad altri, come fece dai
Giudei ad altre genti, dagli eretici ai
cattolici, da chiunque non è religioso a chi lo è.
Si dice
che Dio retrocede e passa ad
altro, quando, in modo non certo locale e visibile, ma non
visto è solito fare altra cosa con giudizio segreto e giusto.
Si
dice che Dio cammina, non quando
passa da un luogo ad un altro – poiché è empio credere ciò – ma quando
diletta il cuore dei santi come se vi camminasse, com’è scritto: Abiterò in
loro e camminerò, e sarò il loro
Dio (2Cor 6, 16). In altro senso,
il camminare di Dio significa quando i predicatori
santi [con le loro parole] passano da un luogo all’altro [del discorso].
Il parlare di
Dio, senza suono di voce o qualsivoglia rumore, significa l’ispirazione del
retto intelletto e della sua volontà, nascostamente
nelle menti dei santi; oppure la rivelazione del futuro ai santi profeti. Questo parlare di Dio si può intendere,
come vogliono alcuni, in tre modi.
Il primo modo è per mezzo di una creatura subordinata, come apparve a Mosè
in un rovo (Es 3, 2); o come ad Abramo (Gn 18), a Giacobbe (Gn 32, 24) e ad altri santi, ai quali si degnò
di apparire tramite gli angeli. Il secondo modo è nei sogni, come a Giacobbe
(Gn 28, 12), a Zaccaria profeta (Zc 4, 1),
a Giuseppe sposo di Maria (Mt 1,20) e altri santi, cui volle rivelare il suo
segreto. Il terzo modo, infine, non è
per il tramite di una creatura visibile
o di un uomo, ma solo toccando invisibilmente e facendo parlare con una segreta ispirazione i cuori, come è scritto nei libri dei profeti, quando
questi stessi esclamano, improvvisamente ispirati dallo spirito divino: Il
Signore così ha parlato (Is 77).
Il guardare di Dio
è approvare le buone azioni, com’è nel Genesi: Dio vide tutto quanto aveva
fatto, ed ecco era molto buono (Gn
1,31), cioè indicò agli intelligenti le cose buone. In altro modo, il guardare di Dio è il suo biasimo quando scorge la malvagità umana; così in Isaia: Il Signore guardò e il male
passò nei suoi occhi (Is 59, 15). In altro modo, il guardare di Dio significa rendere noi vedenti, com’è nel salmo: Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore (Sal
138, 28), e poco dopo: E vedi se è in me la strada del male (ibid.).
Un simile modo di esprimersi si trova anche
nel libro di Giobbe, dove si parla della sapienza di Dio Padre col maggior numero possibile di cose
notevoli. Di Dio Padre vien detto: Allora
Egli la vide e la manifestò, la stabilì e tutta la scrutò (Gb 20, 28), cioè ci rende
vedenti, capaci di indagare e predicare, e
altri capaci di raccontare.
Il conoscere di Dio è il rendere edotti,
come dice l’angelo ad Abramo: Ora conosco che tu temi il Signore (Gn 22, 12). Infatti, non conosce certo nel tempo chi sa tutto
prima che avvenga, perciò si chiama il
conoscere di Dio il rendere edotti, cosi come quanti prima erano sconosciuti a se stessi, tramite le sue prove
e domande rendono sé manifesti a sé. In tal
modo parla Iddio sulla legge data, tramite Mosè, al popolo d’Israele: Così
li metterò alla prova per vedere se
camminano nella legge o no (Es
16, 4).
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