Le Stazioni della Prova delle anime dopo la morte, raccontate da San Teofane il Recluso nella sua Lettera XXXVI.
(San) Basilio
aveva ancora un discepolo, Gregorio, un laico molto timorato di Dio. Egli
voleva sapere cosa avesse ricevuto Teodora per il suo servizio zelante a san
Basilio. Lo chiese, allora, allo starec.
Questi pregò e Gregorio nel sonno vide Teodora in paradiso, nel posto
luminosissimo preparato per Basilio. Gregorio le chiese come si fosse divisa
dal corpo e come avesse raggiunto quel luogo beato. A questa domanda santa
Teodora rispose raccontando come era morta e come aveva superato la prova.
Ecco, vi consiglio di leggere questo racconto con attenzione. È molto
istruttivo e ci guida alla conoscenza di noi e infonde, anche, la convinzione
della forza di una penitenza ricca di lacrime e della confessione.
Mentre
vi procurate il libro, vi racconterò qualcosa. Santa Teodora ha attraversato
venti prove. La prima in cui si colpiscono i peccati di lingua: i
discorsi inutili, violenti, sacrileghi, indecenti – bestemmie, buffonate,
canzoni mondane svergognate, esclamazioni indecenti risate e sghignazzi. La
seconda è la prova
della menzogna, in cui si colpisce ogni parola bugiarda e anche ogni spergiuro
che invochi il nome di Dio invano, la falsa testimonianza, la mancata fede alle
promesse date a Dio, la confessione di peccati non accaduti veramente e altre
simili menzogne. La terza è la
prova della condanna e della calunnia – la diffamazione del prossimo, lo
scherno dei suoi difetti e peccati. La quarta è la prova della gola, della sensualità, della sazietà,
della crapula e dei divertimenti, dell’ubriachezza e della trasgressione dei
digiuni.
La
quinta è quella della pigrizia, dove si castigano
tutte le ore e i giorni passati nell’ozio, i parassiti, i salariati, che non
operano responsabilmente, quanti trascurano le celebrazioni della domenica e
dei giorni festivi, che si annoiano al mattutino e alla liturgia, negligenti
nelle questioni che toccano la salvezza dell’anima. La sesta prova è quella del latrocinio di
diverso genere. La settima è
quella dell’amore per il denaro e dell’avidità. L’ottava è quella dell’usura e di ogni
specie di speculazione. La nona è
quella dell’ingiustizia, dove si colpiscono i giudici ingiusti,
corrotti dalle ricompense, che giustificano i colpevoli e condannano gli
innocenti, quanti trattengono lo stipendio al salariato, quanti adottano misure
e pesi ingiusti nella compera e nella vendita. La decima è quella dell’invidia, dell’odio, dell’odio
fraterno e dell’inimicizia. L’undicesima è quella
dell’orgoglio, della vanagloria, della presunzione, del disprezzo,
dell’alterigia, della mancanza di rispetto ai genitori, della disobbedienza
all’autorità. La dodicesima è
quella dell’ira e della collera. La tredicesima è quella del rancore, dell’astio
covato nel cuore contro il prossimo, della vendetta, del rispondere al male
con il male. La quattrodicesima
è quella dell’omicidio, dove si colpisce non solo il banditismo, ma anche
qualsiasi ferita, colpo sulla testa o sulle spalle, schiaffo in faccia,
spintoni dati con rabbia. La quindicesima è quella del sortilegio, dell’incantesimo,
dell’avvelenamento, dell’invocazione dei demoni. La sedicesima, la
diciassettesima e la diciottesima sono quelle dei peccati carnali. La
diciannovesima è quella
dell’eresia, delle errate teorie sulla fede, dell’abbandono della ortodossia,
della bestemmia di Dio e di tutto ciò che è santo. La ventesima è quella dell’assenza di misericordia, della crudeltà e del chiudersi
alle necessità dei poveri.
Ciò
che affrontò la beata Teodora, lo incontra ogni anima. L’Apostolo parlò del
dominio aereo dei demoni. Questi spiriti maligni e inopportuni lasciano passare
l’anima che è destinata ad ascendere
al trono di Dio, senza attentare ad essa e, se anche non la afferrano, la
turbano con i loro spaventi. Come fare? Per nostra grande consolazione le
lacrime della penitenza e le sue opere, particolarmente le elemosine,
cancellano tutti i peccati. Quante volte la beata Teodora vedeva come i demoni
portavano dei pacchi dove erano scritti i suoi peccati e, aprendoli per
accusarla, non ci trovavano nulla. Gli angeli che la accompagnavano, quando ne
chiese loro la causa, le spiegarono che, a chi sinceramente si pente dei suoi
peccati e digiuna, prega e fa l’elemosina, i peccati vengono cancellati.
Non
fantasticate vanamente, ma accogliete nel cuore questo racconto e comportatevi,
con tutti i vostri difetti, secondo le sue indicazioni.
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Tratto da: Lettera XXXVI di San Teofane il Recluso, in << La Vita Spirituale: Lettere di San Teofane il Recluso >> pubblicate da Città Nuova Edizioni, 1996.
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