L'angoscia come malattia dello spirito

Dice sant'Agostino d'Ippona: << Gli uomini privi di speranza, quanto meno guardano ai propri errori, tanto più guardano ai peccati altrui. Infatti, non cercano qualcosa da correggere, ma solo da biasimare.>> (1). L'assenza della Speranza, virtù cristiana vincolata necessariamente alla Fede (la fede è consequenziale alla Speranza), genera il suo opposto, il dolore insanabile il quale scaturisce dalla mancanza di Dio, o meglio, dalla nostra errata percezione della mancanza di Dio - giacché Dio non abbandona mai il suo Popolo. << La Verità non può essere ingannata né ingannare >> dice sempre il presule di Ippona, nel suo Commento al salmo 123.

Durante il viaggio spirituale della Quaresima, come ci ricorda anche il padre A. Schmemann (2), una delle malattie dell'anima che più si manifesta, unitamente all'insofferenza, è per contrasto il suo più acerrimo opposto: l'angoscia. Durante la Quaresima, se vissuta nel suo spirito autentico, accadono molte tentazioni dell'intelletto: una di queste potrebbe essere la superbia, un'altra l'ira, un'altra ancora l'indolenza verso ciò che ci accade, una sorta di ignavia spirituale. L'angoscia appare generalmente dopo azioni di terzi i quali, coscienti o meno, provocano in noi una reazione di sdegno, di rabbia e poi di sofferenza, generando così un dolore profondissimo e che pare insanabile. 
Ovviamente, soffriamo dell'angoscia (o della sofferenza in genere) anche fuori dalla Quaresima, ma in questo periodo dell'anno liturgico vengono molto più spesso tentazioni come queste perché la volontà dell'avversario è quella di allontanarci dalla luce di Dio e dalla speranza che riponiamo nella sua bontà. Come cristiani, non possiamo dubitare della presenza costante di Dio onnipotente, onniscente, onnipresente, giacché come dice l'Apostolo nella lettera ai Romani, (...) ci vantiamo della speranza della Gloria di Dio (Romani 5,2).  

Quando l'angoscia entra in noi, dobbiamo iniziare a dominare il nostro istinto che ci butta nella disperazione e prendere coscienza che Dio è Buono e vuole il nostro bene; che gli Angeli sono con noi, che l'esercito di santi e beati testimoni divini prega per noi e ci guarda benignamente. Per vincere l'angoscia occorre portare la mente a Dio, concentrarsi su Dio, ossia è fondamentale pregarLo. Il pio Salmista scrive "Dio è il mio scudo" (salmo 145): non bisogna dubitare del soccorso divino, quindi ricordarsi del segno della croce e segnarsi, poiché esso è sigillo del nostro essere cristiani e ci aiuta nelle battaglie spirituali che dobbiamo compiere. La preghiera del Cuore, per esperienza personale, è molto utile giacché sostiene anche la respirazione e l'intelletto si concentra sul Cristo, annientando ogni altra figura che può sorgere nella mente. Il Signore Dio non abbandona mai l'uomo, e sant'Ambrogio ci ricorda ciò nei suoi Commenti, dicendo: "ricorda la promessa fatta al tuo servo, poiché con essa mi hai dato speranza" (3). Si tratta della promessa della vita eterna, la promessa del famoso "non prevarranno" su di noi le forze dell'oscurità. Invocazioni tradizionali, provenienti dagli insegnamenti di san Benedetto da Norcia il quale li ha estrapolati dai salmi, sono ad esempio il versetto: "o Dio non abbandonarmi, Signore vieni presto in mio aiuto" (salmo 70). La speranza in Dio si fortifica col tempo dell'esperienza spirituale, vivendo nella strada della devozione vera e non pietistica, ma intimamente vissuta con coscienza: si acquisisce speranza vedendo come Dio agisce immanentemente nelle cose, nella vita quotidiana, nei gesti e nelle parole di tutti. San Giovanni Crisostomo, nella sua Omelia sulla Lettera ai Romani (4), così dice a proposito della speranza: "se sei scettico sulle realtà future, devi invece crederci in base a quelle presenti che si sono rivelate. Osserva come Paolo con puntigliosità capovolge la logica del discorso: se le tribolazioni e i tormenti allontanano da Dio gettandoti nella disperazione, proprio contro il dolore stesso dobbiamo essere fiduciosi e non disperare; il dolore non solo demolisce la speranza, ma anzi la costruisce.". E' sublimemente raro e rinfrancante vedere un miracolo eclatante, un grande gesto di Dio, un intervento fuori dall'ordinario, ma per la maggior parte di noi l'esperienza di Dio è un empirismo del quotidiano. Impariamo ad avere fede nel Signore per le piccole cose, e solo allora potremo davvero vivere serenamente, lodando e glorificando la Trinità cui spetta ogni onore e gloria, ora e sempre, nei secoli dei secoli.
--------------------------------------------------------------------
1) Discorso 19esimo (19:2-3) dai "Discorsi", Sant'Agostino vescovo di Ippona.

2) La Grande Quaresima, p. Alexander Schmemann, ed. Nova Millennium Romae, 2009

3) Commento ai Salmi, (salmo 119), sant'Ambrogio vescovo di Milano

4) Omelia sulla Lettera ai Romani (9,2-3) san Giovanni Arcivescovo di Costantinopoli detto il Crisostomo

Commenti