Commemorare i politici in Chiesa

Nella linea di saggi di padre Petru Pruteanu abbiamo incontrato anche un lungo articolo sulla questione assai spinosa della commemorazione liturgica dei governanti, e delle implicazioni che questo comporta dal punto di vista pubblico, sociale e spirituale

La Chiesa Ortodossa con zelo commemora liturgicamente, attraverso litanie e preghiere specifiche, i governanti locali e nazionali. Questa prassi deriva dall'esortazione paolina (ITim. 2:1-3 e Rom, 13:1-7) affinché, nella pace e nel buongoverno, i cristiani possano vivere una vita serena e tranquilla, come dice la preghiera stessa. Dal IV secolo in poi, l'Imperatore cristiano e la sua famiglia vengono menzionati in tutti gli uffici liturgici e dal XII secolo in poi i manoscritti liturgici greci menzionano al Grande Ingresso la recita del nome del Patriarca di Costantinopoli affiancato da quello dell'Imperatore regnante. Questa prassi si diffonde anche fra i Russi e i Romeni che non commemorano non solo i propri sovrani, ma anche l'Imperatore bizantino. La regola di commemorare i governanti è stata praticata senza esitazione anche quando il re di un Paese ortodosso era cattolico o protestante, e a Costantinopoli i patriarchi hanno sempre commemorato senza alcun remore i sultani ottomani (musulmani). L'evoluzione della commemorazione liturgica delle autorità civili e militari è passata dal considerare la commemorazione nominale come comunione eucaristica ad una mera commemorazione "umana" per il rispetto verso le istituzioni statali, una preghiera a Dio che illumini il governo terrestre, qualunque esso sia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, terminata nel 1945, e la scomparsa di tutti i sovrani ortodossi - unti col crisma e consacrati, le varie Chiese nazionali hanno adottato ognuna differenti modi di commemorare le autorità e di riferirsi ad esse. La Chiesa prega, generalmente, che i governanti lascino la Nazione nella pace, e perciò la commemorazione liturgica delle autorità non è vista come connivenza o rispetto (come era in passato), e quindi la commemorazione dei governanti non può essere mai soppressa, neanche quando questi ultimi vanno contro la morale cristiana. 


Fece molto discutere la Chiesa al suo insediamento il leader greco Tsipras, il quale è lontano dall'essere un ortodosso praticante

Nota sull'Italia e sulla pratica odierna

Così come il padre Petru Pruteanu ha poi concluso l'articolo esponendo, a suo vedere, il problema della commemorazione in Romania, mi permetto di aggiungere delle considerazioni in merito alla realtà italiana. Dal momento che il Cristianesimo è universale e non c'è posto per gretti nazionalismi, sembra poco delicata l'opzione "preghiamo per il popolo italiano...""(che sarebbe il calco della litania "alla romena"), perché, qualora avessimo fedeli di altre etnie nella nostra chiesa, potrebbero offendersi, e anche perché oggettivamente l'Italia come popolo non è ortodossa. A mio parere la situazione diventa delicata quando si commemorano governi che non sono quelli del suolo nazionale in cui stiamo celebrando, perché potremmo essere passibili di denuncia per vilipendio della nazione. Vi immaginate un italiano in Egitto che commemora lì il popolo italiano e il suo governo? Possiamo a mio avviso ritenere migliore l'opzione "alla russa" che prevede la commemorazione dello Stato e non dei suoi abitanti, molto semplice: "Per questo paese, i suoi governanti e l'esercito"... anche se, nella mia umiltà, mi sento di variare leggermente e di proporre un nuovo tipo di commemorazione, certo più lunga, ma non anti-tradizionale:

Per il popolo ortodosso in Italia, per le autorità civili e militari di questo Paese, e per la loro salvezza, preghiamo il Signore

L'opzione più "nazionalista" (fascista la chiamerebbero alcuni) è fornita dalla stessa Chiesa ortodossa quando, in alcuni ieratici, è presentata così:

Per il popolo fedele e ortodosso di questa nazione, per sua Maestà il Re, per il suo palazzo regio e i suoi funzionari, per i governanti e gli ufficiali di questo Paese, e per l'Esercito amante di Cristo, e per la loro stabilità e fermezza, preghiamo il Signore.

Se vogliamo sentirci più a casa (del resto, in Italia siamo localisti), potremmo anche decidere di commemorare il popolo ortodosso della città o della regione, un eco dell'inno Acatisto che recita "salva città e popolo, o Deipara"... perché in fondo, chi è il prossimo, se non coloro coi quali ci comunichiamo ogni volta al calice della salvezza? 

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