Il Culto Ortodosso (P. Pavel Florenskij)

Padre Pavel Florenskij (+1937), figura ormai nota al grande pubblico, scrittore e teologo a lungo dimenticato, fu martirizzato dai comunisti. Padre di una famiglia numerosa, inventore e matematico, fu anche professore all'Universita' di Mosca. 

Il Culto afferma tutta la natura umana, elevandola alla massima portata, con tutte le sue emozioni. Apre spazi infiniti d'espressione ad ogni passione dell'Uomo. La conduce ad una crisi salutare, ad una purificazione. Il culto non solo permette alle emozioni di manifestarsi, ma anzi esige la loro più estrema espressione nel loro più aulico riconoscimento: il culto non annienta l'emozione, la amplifica e la estende al massimo. Le passioni sono trasfigurate. Le emozioni cessano così di essere nostre condizioni accidentali e diventano verità oggettive e universali.


Il Piccolo Ingresso alla Liturgia

Nel nostro officio liturgico ortodosso c'è qualcosa di profondo e fondamentalmente caro, qualcosa di noto da tempo: si trova infatti una piega "personale". Viene per lo più avvertito ma in maniera pura ed elevata e senza il retrogusto di un sedimento terreno, come qualcosa lasciato da una persona amata. Nell'ufficio liturgico si comprende bene la "reminescenza" per dirla come Platone. Difatti avvertiamo bene qualcosa di familiare e noto da sempre che scorre in noi al momento dei riti divini. Perché è così: è più antico di noi, dei nostri parenti e amici, più antico dei nostri avi, perché è eterno, è più antico del Mondo stesso. L'essenza è la preghiera spirituale: non è stata inventata, ma scoperta, rivelata e trovata. L'Ortodossia ha preso il meglio del patrimonio dell'universo e lo ha fatto proprio, liberandolo dalla scorza e dall'involucro, rendendo al massimo la sua potenza. Deposto nell'anima, questo chicco di grano vagliato e purificato è il lievito stesso della persona. Nell'uomo cresce l'umanità tramite questo fiore. Non è qualcosa di psicologico, ma di spirituale. Il nostro culto sicuramente non viene dagli uomini, ma dalle Potenze dei Cieli. Trasmesso dalle gerarchie celesti ai ranghi inferiori dei cori angelici [1], è finalmente giunto alle gerarchie terrene ed diventato Cielo in Terra. Sì, il culto divino è il Cielo che si manifesta sulla Terra. 

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TRATTO DA 

Padre Pavel A. Florenskij, "Filosofia del Culto", pag. 207-210, anno 1918 

1) Florenskij riprende a piene mani dalla "Gerarchia Celeste" di san Dionigi Aeropagita. L'idea alla base di questo punto del libro di Dionigi è che gli Angeli più vicini a Dio, avendo come unico compito quello di adorare Dio, abbiano "insegnato" agli angeli loro inferiori il culto, i quali lo avrebbero poi passato agli angeli ancora inferiori, e così via fino agli Uomini, i quali emulerebbero con simboli e azioni quello che avviene in Cielo nel modo più puro e supremo. Alcuni canti, come il Trisagio, furono rivelati agli Angeli direttamente agli Uomini.

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