Il Concilio di Gerusalemme del 1443 (Storia della Chiesa)

Nonostante i greci credano che solo il patriarca "ecumenico" possa indire un Concilio che abbia valore universale, l'esperienza storica e teologica della Chiesa Ortodossa dice altrimenti. Ogni vescovo - che possiede totale e piena capacità amministrativa e sacramentale -può chiedere e ottenere la presenza di un Concilio, se le ragioni sono valide. E l'esperienza del Concilio di Gerusalemme del 1443 lo dimostra.



Una celebrazione odierna a Gerusalemme

Dopo l'Unia di Firenze nel 1439, il patriarca traditore Mitrofane II di Costantinopoli iniziò una politica di rimpiazzo nella sua giurisdizione dei vescovi ortodossi con vescovi uniati o perfino con vescovi latini. Mentre san Marco d'Efeso difendeva con le unghie e con i denti la sua sede ad Efeso, un altro vescovo osò di più. Arsenio, metropolita di Cesarea in Cappadocia, si recò a Gerusalemme per chiedere la scomunica di Mitrofane e dei suoi adepti. Era il 1443. Il prelato greco si recò dunque alla Città Santa e fu ricevuto dal patriarca di Gerusalemme Gioacchino, il quale poi chiamò un concilio per discutere la questione. Ovviamente, Costantinopoli non si presentò, ma giunsero i patriarchi Doroteo II (+1452) di Antiochia e Filoteo (+1459) di Alessandria. 

La prima parte della sinassi si focalizzò sull'ascolto della testimonianza del metropolita Arsenio. Questi spiegò nei dettagli cosa era successo a Costantinopoli e a Firenze, e domandò la scomunica del patriarca Mitrofane, dopo aver riferito che aveva inserito il Filioque nel Credo e che permetteva ai cattolici di concelebrare sugli altari ortodossi. Fu deciso dunque di investigare su tutti i preti di tutte le regioni imperiali e, qualora fossero stati trovati in difetto, sarebbero stati deposti. 

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TRADOTTO DA

History of the Patriarchate of Jerusalem dall'Arcivescovo di Atene, Chrysostomos Papadopoulos, pp. 439-442, 1910, stampato in Alessandria d'Egitto. 

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