La formula di consacrazione fra Oriente e Occidente

Dal lungo e meraviglioso articolo The Evolution of the Byzantine Liturgy estrapoliamo alcune interessanti informazioni sulle varie consacrazioni che esistevano nelle varie Chiese Sorelle del primo millennio, analizzando lo sviluppo della Liturgia e della formazione della mentalità liturgica nelle varie regioni cristiane

Nei Vangeli Sinottici (Matteo 26, 26-29; Marco 14, 22-25; Luca 22, 19-20) troviamo la formula dell'Ultima Cena lasciataci dal nostro Signore Gesù Cristo: benedizione, frazione, comunione. Da questo nucleo, chiamato Istituzione, la liturgia cristiana dei primi secoli ha poi ampliato la liturgia eucaristica in modi differenti. In particolar modo, la narrazione dell'Ultima Cena prima della consacrazione nella liturgia bizantina chiarisce proprio che la consacrazione avviene prima della Frazione: 

Insieme con queste beate potenze anche noi, Sovrano amico degli uomini, esclamiamo e diciamo: santo sei, e veramente Santo, tu, e il Figlio tuo unigenito, e il tuo santo Spirito. Santo sei, santissimo, e magnifica è la tua gloria, tu che tanto hai amato il tuo mondo, da dare il Figlio tuo unigenito, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna; ed egli, venuto e compiuto tutto il suo piano per noi, nella notte in cui era consegnato, o piuttosto consegnava se stesso per la vita del mondo, prese il pane nelle sue mani sante, purissime e immacolate, rese grazie e pronunciò la benedizione, lo santificò, lo spezzò, lo diede ai suoi santi discepoli e apostoli, dicendo: prendete, mangiate...

La consacrazione prima della Frazione non è una usanza solo bizantina, ma anche occidentale. San Gaudenzio di Brescia (+400) ad esempio scrive: Quando il Cristo offrì pane e vino consacrati ai suoi discepoli, disse: prendete e mangiate, prendete e bevete... [1]. Anche dopo lo Scisma d'Occidente, fino al Concilio di Trento almeno, si credeva allo stesso modo: il papa Innocenzo III (+1216) nel suo libro De Sacro Altarys Mysterio [2] scrive: è inammissibile pensare che il Cristo potesse dare il Pane senza prima consacrarlo. Possiamo concludere che, in linea di principio che le parole dell'Istituzione sono parte della Comunione e non della Consacrazione. 

Col tempo, la liturgica occidentale ha concentrato il concetto di "consacrazione" nelle parole dell'Istituzione della Cena, ovvero "prendete e mangiate". Tuttavia, mentre i cattolico-romani non negano che l'epiclesi bizantina sia "valida", per gli ortodossi la visione cattolica non è corretta. In entrambi i casi generalmente vi è una mancata conoscenza dell'oggetto in discussione, giacché tutti coloro che hanno celebrato almeno una volta la liturgia romana sanno che l'epiclesi è antecedente al Canone: 

O Redentore misericordioso, ti domando che la pienezza della tua Divinità discenda su questo calice e su questo pane. Sì, Signore e Salvatore, la Maestà e la magnificenza del tuo Santo Spirito venga a trasformare queste offerte nel Tuo Corpo e nel Tuo Sangue, così come nei tempi antichi discese sui sacrifici dei Padri. E permetti a me, indegno sacerdote, di compiere questo Mistero in purezza di cuore e abbondanti lacrime, con terrore e decoro, così che questo sacrificio che viene dalle mie mani Ti compiaccia, per la salvezza dei vivi e dei morti. [3]

Questa preghiera, attribuita a sant'Ambrogio di Milano (+397), viene recitata silenziosamente dal celebrante durante l'Offertorio (grande Ingresso coi doni), quando il sacerdote deve ricevere la patena e il disco dal diacono e dal suddiacono. Come si può notare, i Latini hanno l'epiclesi che viene richiesta prima del Prefazio del Canone. Difatti, come dice san Giovanni Crisostomo (+407), non può esservi Eucarestia senza la discesa dello Spirito [4]. 



Un momento del Canone Romano. 

Anche san Cirillo di Gerusalemme (+386), nelle sue Catechesi, insegna che il Paraclito è in grado di trasformare gli elementi: 

Noi chiamiamo Dio, Amante del genere umano, affinché mandi sopra i Doni lo Spirito Santo, e che renda il pane corpo di Cristo, e il vino il sangue di Cristo; perché qualsiasi cosa sia toccata dallo Spirito si trasfigura e si santifica. [5]

Le differenti forme consacratorie e le formule liturgiche variano nello spazio cristiano ma sono tutte legittime e legittimate dall'esperienza dei Padri, purché rispettino la tradizione apostolica, la quale si basa sull'Ultima Cena. San Giovanni Damasceno scrive nel suo De Fide Orthodoxa che il pane e il vino si trasmutano "super-naturalmente" in Corpo e Sangue del Redentore tramite l'epiclesi, la discesa dello Spirito Santo [6].


"Le cose tue, da quelle che sono tue, noi ti offriamo, in tutto e per tutto". Dalla liturgia del Crisostomo

Sant'Isidoro di Siviglia (+636) nel suo Commento alla Liturgia mozarabica, scrive:

 Il compimento del sacramento, dell'oblazione a Dio, è la sesta preghiera, la quale compie il Corpo e il Sangue di Cristo con la discesa dello Spirito Santo. [7]

Segue o precede sempre l'Anafora, l'offerta per i vivi e per i morti: questo è fatto in ossequio alle parole del Signore "fate questo in memoria di Me". Essendo i battezzati, vivi o addormentati, i vescovi, il clero e tutto il popolo parte della Chiesa, la quale è corpo di Cristo, il sacerdote ricorda così tutte le categorie umane e i santi che ci hanno preceduti come modelli della fede. Nella liturgia romana il memento viene recitato prima della Istituzione, mentre nel rito bizantino questo avviene dopo l'epiclesi. 

La Tradizione della Chiesa è ampia e variegata, non possiamo dire che c'è un unico modo di celebrare la divina Liturgia. Occorre comprendere la differenza ontologica fra Oriente e Occidente e armonizzare le coscienze.

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FONTI E NOTE

1) San Gaudenzio di Brescia, Omelia II sull'Esodo, PL 20, 858-9

2) Innocenzo III papa di Roma, lib. 4, ch. 6; PL 217, 859

3) Liturgia Romana secondo la tradizione romano-ortodossa, in Orthodox Prayers of Old England, libro I, St. Hilarion Press, ed. 1999, a cura di p. Aidan Keller.

4) San Giovanni Crisostomo, Sul Sacerdozio,  VI, 4; PG 48, 681 

5) San Cirillo di Gerusalemme, Catechesi Battesimali, 23, 7; PG 32, 1116

6) San Giovanni di Damasco, De Fide Orthodoxa, PG 94, 1145

7) Isidoro di Siviglia, PL 83, 752-53. 

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