Dio fra Misericordia e Giudizio


Io canterò la benignità e la giustizia; a te, o Signore (salmo 100:1).

Così si apre il salmo 100 del Re e Profeta Davide. E qui si riferisce alle due peculiarità dell'azione di Dio nell'Uomo. L'essere perfettamente giusto e perfettamente misericordioso. 

Nella mentalità occidentale contemporanea anche in ambiente accademico vediamo un dualismo intellettuale, un Dio diviso, un pensiero il quale vorrebbe che Dio nell'Antico Testamento si fosse manifestato come "severo" o per meglio dire "giudizioso", se non addirittura cattivo e violento, e un Dio amorevole, permissivo, lassista, se vogliamo, nel Nuovo Testamento. C'è perfino una antica quanto persistente eresia nota come Apocatastasi, secondo la quale "tutti si salveranno perché Dio è - troppo - buono". Ovviamente, questa visione eterodossa non trova posto nella coscienza della Chiesa Ortodossa. Purtroppo per chi sostiene questa teoria, il Cristo ha parole molto dure: 

«Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! perché se in Tiro e Sidone fossero state fatte le opere potenti compiute tra di voi, già da molto tempo si sarebbero pentite, con cilicio e cenere. Perciò vi dichiaro che nel giorno del giudizio la sorte di Tiro e di Sidone sarà più tollerabile della vostra. E tu, o Capernaum, sarai forse innalzata fino al cielo? No, tu scenderai fino all'Ade. Perché se in Sodoma fossero state fatte le opere potenti compiute in te, essa sarebbe durata fino ad oggi.  Perciò, vi dichiaro, nel giorno del giudizio la sorte del paese di Sodoma sarà più tollerabile della tua». [Matteo 11:21-24]

E se pure è vero che Dio nel Nuovo Testamento abolisce la legge del taglione, è pur vero che non solo le azioni esteriori vengono giudicate dal Signore nella Nuova Alleanza, ma anche la disposizione interiore. Il Signore difatti odia colui che cospira contro il proprio prossimo: 

Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. [Matteo 5:22]

Commenta il passo san Giovanni Damasceno (+749) dicendo:

Giustamente un giudice condanna il colpevole, altrimenti il giudice stesso sarebbe iniquo. Così il buon Dio, che conosce il futuro ancor prima che venga posto in essere da coloro che lo meditano, punisce il colpevole come se avesse compiuto il misfatto, perché empia è la causa che muove il malvagio a peccare. Dio infatti ha creato l'uomo Buono, a sua immagine, ma è l'uomo che, sfruttando la propria libertà, compie il male. [1]

La Nuova Legge dataci a seguito della Nuova Alleanza non si occupa solo di compiere azioni esteriori, ma anche della vigilanza interiore. Pertanto, la Giustizia divina non la si può comprendere più  come solamente inerente alla sfera pubblica o statale (come Dio agì al tempo dei profeti) ma come profondamente personale. Già alcuni profeti dell'Antico Testamento come il Re Manasse e il Re Davide compresero questa grande verità e composero carmi e salmi di pentimento (cfr. Libro di Manasse, il salmo 50 di Davide). 

Nel Triodio fra i tropari dell'Ora Nona ne troviamo uno molto bello, dedicato al Cristo Crocefisso: 

La Tua Croce, o Salvatore, posta nel mezzo delle altre due croci, si manifestò come bilancia di giustizia

La confessione di san Disma il Buon Ladrone, infatti, gli valse la conquista del Paradiso con la misericordia del Signore, mentre al ladrone impenitente gli fu riservata la dannazione a causa della divina giustizia: un empio non poteva rimanere impunito, un penitente non poteva non essere salvato. Non c'è conflitto fra amore e giustizia, ma la completezza. Con parole molto profonde, san Dionigi l'Areopagita descrive il senso della giustizia divina:

Noi chiamiamo il Signore "Giusto", perché egli dispensa a tutti gli esseri ciò di cui necessitano secondo le leggi più appropriate nella loro bellezza ed ordine, e definisce così i limiti di ogni cosa. La Divina Giustizia assembla e definisce gli esseri secondo precisi limiti e li armonizza, poiché è Causa d'ogni cosa.  [2]

Potremmo asserire che l'amore è la restaurazione della perfetta giustizia perché chi ama vuole che ogni cosa sia perfetta. La perfezione e l'amore di Dio non sono romantici né dettati da una qualche forma di "necessità", perché Dio ci è superiore e non ha bisogno del nostro amore per vivere, ma piuttosto siamo noi che ne necessitiamo. Il sommo amore di Dio per noi è stato il sacrificio di suo Figlio Unigenito sul beatissimo legno della Croce:

Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia. [1Pietro 1:18-19]

L'uomo moderno non accetta questo tipo di amore, perché pone il tutto su un piano di amore materiale ed egoistico. Quindi, la Divina Giustizia gli appare come, paradossalmente, una ingiustizia. Possiamo affermare che Amore e Giustizia sono i due poli per i quali la Divina Provvidenza pende in base alle azioni dell'Uomo. Dice san Macario "Nevski" Metropolita di Mosca (+1926):

Poiché il peccatore non può in alcun modo acquistarsi dei meriti tali che possa ricevere in cambio la salvezza, Dio dovrebbe punire tutti. E difatti i peccatori sono destinati all'Ade. Ma il Signore trovò il modo di manifestare la sua clemenza e così mandò nel mondo il Figlio suo Unigenito, il Cristo, a compiere il sacrificio supremo affinché tramite il suo sacrificio fossimo noi giustificati e resi degni della divina clemenza. Ma gli uomini peccarono ancora. E così l'Amore divino trovò un'altra via di misericordia, il tormento temporaneo affinché nell'afflizione l'uomo si muova a pentimento e si rechi alla Confessione, affinché ottenga la remissione dei peccati. [3]

E questo ciclo di amore e giustizia si compirà perfettamente nel Giorno del Giudizio, quando il Signore Dio Gesù Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti, e a mondare la terra col fuoco. 

----------------------------------------------------------------------------------------
NOTE

1) San Giovanni Damasceno, Esposizione contro i Manichei, 37.

2) San Dionigi Areopagita, I Nomi Divini, VIII. 

3) Tatyana Groyan, Tzariu Nebesnomu i Zemnomu vernij, raccolta di sermoni del metropolita di Mosca Macario Nevski, Mosca 1996, pag. 305

Commenti