Evoluzione dei riti Pasquali e della Settimana Santa nel rito bizantino

Cristo è risorto!

Rispondo con questo articolo ad una domanda postami circa l'evoluzione dei riti della Settimana Santa.

La Pasqua, ovvero la commemorazione della Resurrezione del nostro Signore Dio e Salvatore Gesù Cristo, è la più antica delle feste cristiane. Anche se le celebrazioni moderne sono un arricchimento durato molti secoli al nucleo originale del rito pasquale, niente di tutto questo annulla o diminuisce la gioiosa profondità della festa delle feste. 


Il prototipo della Pasqua cristiana è la Pasqua ebraica, la Pesach. La Pasqua ebraica commemora la libertà del popolo ebreo dalla schiavitù egizia e il passaggio nel Mar Rosso. La Pasqua cristiana ovviamente riprende il concetto di liberazione, ma in modo molto più completo e profondo. Il Cristo è venuto a liberare una umanità oppressa e affaticata dal peccato e a renderla libera in Lui. L'opera divina del Teantropo è stata non solo una promessa, ma un fatto: con la sua discesa agli Inferi il Signore Dio ha reso liberi anche i giusti dell'antichità che aspettavano il Salvatore. Il Signore ha sconfitto la morte, eredità del primo uomo Adamo, restaurando la possibilità per gli esseri umani di diventare Figli di Dio ed eredi del Suo regno eterno.  Già in epoca sub-apostolica si celebrava la Veglia Pasquale che era preceduta da un digiuno [1]. Il digiuno è stato nei secoli allungato per preparare al meglio i fedeli fino alla durata che conosciamo oggi. Fin dai primi secoli la Settimana Santa prende la sua forma abituale, specialmente i giorni del Giovedì, Venerdì e Sabato, quando viene celebrato il tradimento di Giuda, l'Ultima Cena, la Crocefissione e la Catabasi di Cristo, ai quali eventi segue la festa della Pasqua domenicale. La pellegrina romana Egeria nel 380 d.C. circa si reca a Gerusalemme per la Settimana Santa e descrive un complesso rituale festivo [2]. 

Nel rituale ortodosso il Triodio e il Pentecostario, i libri che contengono la Settimana Santa, le ultime sostanziali modifiche sono state apportate nell'edizione del 1568 e da allora il rituale greco-ortodosso è rimasto sostanzialmente invariato, al quale hanno contribuito molti santi fra i quali Romano il Melode (+560), Giovanni Damasceno (+749), Andrea di Creta (+720) e la monaca Kassiana (IX secolo). L'intero corpus innografico della Settimana Santa è un compendio di confessioni di fede, di mutamento di vita e di speranza per la propria esistenza futura, confidando nel pentimento e nella ascesi. Gran parte del rituale della Settimana Santa fu compilato e armonizzato dai monaci del Monastero di Studion a Costantinopoli nell'arco dell'Alto e del Basso Medioevo, anche se la base principale viene fornita dal Tipico di san Saba (+532) e quindi risente del rito di Gerusalemme così come era celebrato nel VI secolo. I monaci studiti rielaborarono il Tipico sabaita e lo resero modello per tutte le chiese di rito greco nell'Impero e in Italia del Sud. 

Con l'avvento dell'era moderna e con la dubbia riforma tipiconale di Giorgio Violakis nel 1888 la quale taglia o accorcia molte parti dell'Ufficio, nonché inizia la spiacevole attitudine di celebrare gli uffici notturni al mattino e viceversa, i Rituali della Settimana Santa vengono ridistribuiti in modo del tutto arbitrario durante il giorno. Le comunioni vesperali dei Presantificati e della Liturgia vespertina dell'Ultima Cena erano state pensate per offrire uno sforzo ai fedeli, ai monaci e al clero, per l'ultima settimana più importante dell'anno liturgico. Spostando le eucarestie al mattino, si perde gran parte del senso del digiuno e della stessa preghiera che, per chiunque le abbia lette o ascoltate, non può che essere recitata alla sera: i tropari e gli inni hanno carattere notturno e penitenziale. Sebbene il Protopsaltis Violakis abbia compiuto la riforma nel 1888, già nel 1869 il libro Etica e Liturgica cristiana del professor P. Rombotes, stampato ad Atene, mostra come alcuni uffici fossero stati già spostati al mattino. Nello stesso hanno c'era stata una parziale riforma nel tipico a Costantinopoli. Bisogna anche osservare come nel Medioevo ortodosso il Rito era parzialmente diverso nelle parrocchie e nelle cattedrali, con un proprio rito chiamato appunto Tipico della Grande Chiesa o Rito Cattedrale. Le Vigilie erano di diverso tipo e lunghezza, e potevano essere accorpate o distribuite durante il pomeriggio e la notte in accordo coi bisogni e le possibilità della comunità. [3]. Se però pensiamo come il Mattutino e la bellissima Liturgia pasquale che siamo abituati a fare di notte fosse in realtà l'ufficio diurno della Domenica, o che il Mattutino delle Mirofore lo si dovrebbe fare al mattino del Sabato Santo, comprendiamo come tutto sia stato notevolmente modificato. 

Molto interessante è per esempio l'evoluzione (o involuzione, se vogliamo) del Giovedì Santo. Il Tipico tradizionale prevede il Mattutino e la Triatikì (Ore Terza e Sesta con letture) al mattino, poi nel primo pomeriggio i Vespri uniti alla liturgia di san Basilio (Ultima Cena), la Nipsis (Lavanda dei Piedi) e, nelle sedi patriarcali, la consacrazione del Myron. Alla sera, la celebrazione di una Pannychis, un modello di Agripnia (Veglia), la quale iniziava col buio del giorno dopo il tramonto e si concludeva a notte fonda. Comprendiamo bene come l'uomo moderno non voglia stare tutto il giorno in chiesa (ma perché no, alla fine?), ma l'uso moderno prevede di spostare alla sera del giorno precedente il Mattutino, di tagliare le Ore, di celebrare la Liturgia al mattino e, in luogo dei vespri, l'Officio dei Dodici Vangeli del Venerdì Santo. In questo modo commemoriamo volontariamente eventi della Storia di Cristo in modo erroneo. 

Dovremmo cercare di restaurare il corretto ordine liturgico della Settimana Santa. Anche se non per forza dobbiamo "tornare indietro" col rito ripescando il defunto Rito Cattedrale, possiamo sempre utilizzare i Triodi e Pentecostari attuali, ma armonizzando gli orari con le funzioni liturgiche proprie del momento giornaliero. 

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FONTI E NOTE

1) Lettere Apostoliche  (ca. 150 A.D.).scritte originariamente in greco, sopravvivono in traduzioni in lingua copta ed etiope. Vedi Edgar Hennecke, New Testament Apocrypha (London, 1963), pp. 190-91.

2) Viaggio di Egeria, in latino. 

3) Robert Taft, The Liturgy of the Hours in East and West (Collegeville,1986), pp. 165-90.


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