Il "mondo" ai piedi della Croce

Una brezza calda dal deserto, che porta con sé sabbia e ghiaia, cammelli in lontananza, alle spalle le mura imponenti di Gerusalemme. Una collina irta di sassi e sgraziata, un luogo di morte e desolazione, dove il sole batte caldo e il deserto stanca e annienta le forze. La folla se ne è già andata, il tremendo spettacolo della crocefissione è compiuto: rimangono solamente la Madre piangente del condannato e il suo figlio spirituale più caro, insieme con uno sparuto gruppo di persone e i soldati di guardia ai tre condannati. La Crocefissione di Cristo, il momento più tremendo della Storia, il momento in cui l'umanità tentò di uccidere Dio, è compiuta. La Madre Vergine piange ai piedi del suo Figlio, l'Unigenito di Dio, col cuore infranto: la profezia di Simeone è compiuta (cfr. Luca 2:35). Il piccolo e ingenuo Giovanni, il discepolo prediletto, è inconsolabile: dalle pagine del suo Vangelo traspare il dolore di un uomo distrutto. Il ladrone inconfessato è spirato e la sua anima è consegnata alla morte, il buon ladrone, san Disma, compie il suo viaggio verso la porta del Paradiso, aspettando che Cristo discenda agli inferi e liberi le anime dei giusti che lo aspettavano dall'inizio dei secoli. 


La Crocefissione, Carl Bloch, 1870

Eppure, i capi del Sinedrio e gli scribi ebrei sono in subbuglio. Qualcosa ha attirato la loro attenzione. Fino a poche ore prima dicevano, malignamente soddisfatti, fra loro: salvò gli altri, ma non ha potuto salvare se stesso. Però qualcosa non quadra. E infatti il cartello che testimonia il motivo della morte di Gesù di Nazaret non li convince proprio. Anzi, è blasfemo. Gesù Nazareno, Re dei Giudei. I sacerdoti e gli scribi affollano le sale del palazzo del governo romano, tornano da Pilato, il quale, tormentato dai rimorsi, medita sulle parole che ha scambiato col Redentore del mondo. Gli ebrei lo assillano: togli quel cartello, toglilo! con quella stessa aria di sfida e di ira che hanno usato per gridare: "crocifiggilo!" al mattino di quel Venerdì. Però Pilato stavolta non si lascia tentare. Non darà giù quel cartello. Ma perché gli Ebrei volevano togliere quella effige? Per un motivo molto semplice. Sappiamo che il cartello era scritto in tre lingue: latino, greco ed ebraico. Ebbene, nella versione ebraica lo acronimo JNRI (Jesus Nazarenus Rex Iudeorum) diventava JHWH, ovvero "Dio", manifestando al popolo ebraico chi fosse veramente Gesù: quel Dio che loro dicevano di adorare con le labbra, ma lontano dai loro cuori (cfr. Matteo 15:8).I capi del Sinedrio non potevano tollerare quella che loro chiamavano, stolti e ciechi, una "bestemmia", quando invece era proprio la verità ultima del Salvatore. La sua stessa condanna prefigurava la sua vittoria, in quanto Dio, non poteva che risorgere dalla morte e vincerla. 

Sotto quella Croce c'era il mondo intero: i suoi fedeli e i suoi santi da un lato, i suoi detrattori e i suoi odiatori dall'altro - i farisei e gli scribi, e poco lontano coloro a cui, del Signore, non importa nulla - i soldati che giocano a dadi e si dividono la sua veste. Tutte le categorie dell'umanità sono rappresentate: gli oppressi e gli oppressori, i cristiani e i non cristiani, i morti e i vivi, gli atei e i miscredenti, coloro che presumono d'essere nel giusto ma in realtà si sono condannati da soli, non accettando che il Signore Gesù Cristo è il Redentore del mondo e Dio. Ma quel cartiglio rimane come inciso nei cuori di coloro che credono, e rimarrà nei secoli, fino all'Avvento del Signore Gesù Cristo. 

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