L'influenza esicasta nell'Iconografia Medievale Russa

L'influenza dell'Esicasmo nei grandi iconografi medievali come Teofane il Greco, Andrei Rublev e Dionigi è notevole. La dottrina della Luce di san Gregorio Palamas penentra anche l'iconografia, aggiungendo dettagli, cromatismi allegorici e simbolici alle immagini, che evolvono verso una nuova epoca di splendore pittorico. In particolar modo, le icone di Teofane il Greco e di Andrei Rublev testimoniano la ricerca del distacco dalla materialità per entrare nella luce noetica e nella preghiera esicasta, tramite l'uso di figure snelle e dai volti poco dettagliati, quasi irriconoscibili, perché trasfigurati nella luce taborica. Se prendiamo per esempio uno dei lavori più illustri di Teofane, a Novgorod, nella chiesa della Trasfigurazione, notiamo bene questo principio: 


Gli affreschi di Teofane Il Greco (+1410) tendono a essere dipinti con pochi colori, le figure umane spesso con colori molto scuri a raffigurare la corporeità. Nel caso di san Macario d'Egitto (sotto) si può notare come il volto, al di là della corruzione del tempo, risulta comunque indefinito. Nella concezione esicasta, i santi sono coloro che riescono a vivere immersi nelle Divine Energie e quindi acquisiscono un carattere luminoso, trascendente, fin dalla loro vita terrena.


Andrei Rublev (+1430), invece, preferisce uno stile opposto sebbene parta dalle stesse premesse teologiche. Il suo stile è brillante, colorato, sereno. Figlio della scuola spirituale di san Sergio di Radonez, Andrei Rublev è un esemplare di iconografo che cerca la trasparenza e la qualità descrittiva dell'immagine. Vediamo qui sotto un esempio della sua arte, la Cattedrale della Dormizione di Vladimir. La foto focalizza sul Giudizio Finale, e sotto il Cristo Giudice i santi stanno preparando l'Etimasia, il trono dell'Apocalisse. Nonostante la scena dipinga un momento tremendo della Storia umana, la sua capitolazione, lo stile è pulito, calmo, pacifico. Le figure sono composte, gentili, luminose. Questo aspetto della Luce ritorna in tutti gli iconografi ispirati dall'Esicasmo: il vero amore distrugge la paura (1Giovanni 4:18). 


I pittori dei secoli successivi preferiranno, influenzati dal pietismo occidentale, una visione violenta e oscura del Giudizio Finale, pieno di demoni, fiamme, e colori scuri, dimenticando come l'Apocalisse è, alla fine, il ricongiungimento finale e perfetto dell'Umanità col suo Creatore. 

Le icone di Dionisio il Saggio (+1502) invece sono una esperienza ancora diversa, con l'uso di varie tecniche e stili diversi in base al contesto. I suoi affreschi più famosi si trovano al monastero della Vergine di Ferapontov (Vologda) il cui stile è fresco e festivo, colorato e semplice. Vediamo difatti il suo Pantocratore: 


La Catabasi agli Inferi di Cristo, dipinta da Dionisio, rimarca l'idea del colore scuro per la corporeità con grande utilizzo dell'oro e dell'azzurro per le figure divine. 


Per comprendere come la teologia della Luce sia ispirazione di queste opere, basta un estratto di una omelia del dottore della Chiesa, san Gregorio Palamas: 

Infatti, senza la venuta della divina grazia, il nous che ha trovato la sensazione divina non potrebbe vedere e mettersi in azione da se stesso, così come succede con l’occhio, il quale non potrebbe vedere senza la luce. Per quelli che hanno raggiunto l’eternità, cioè quelli che sono diventati come Dio, Dio stesso è la luce e niente possono fuori di lui. Come la vista diventa essa stessa luce ed è congenita con la luce e vede insieme alla luce […], esattamente nella stessa maniera succede per chi, sotto l’azione dell’energia divina, è trasformato in Dio. Allora tutto il suo essere diventa come luce e insieme alla luce e attraverso la luce vede e conosce quelle cose che agli altri rimangono ignote senza la grazia assoluta di Dio.  [GREGORIO PALAMAS, Omelia 53, 60, a c. di P. Cristou, Atene 1964]. 

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