L'antropologia dell'immagine

 Un articolo interessante che unisce studi sociali e identità cristiana in una succinta analisi delle differenze fra l'iconografia cristiana e la iconografia profana, scritto dal servo di Dio John Surit Dasgupta

Nel mondo d'oggi, sovraccaricato di informazioni, l'impatto che ha l'immagine sul mondo è oltremodo importante per le masse e per i cosiddetti "esperti della società". L'abilità dell'immagine di dettare i canoni culturali è conosciuta da tempo ma, sorprendentemente, i cristiani occidentali continuano a cedere terreno "estetico" alle forze corruttrici del nichilismo, il quale mina profondamente le rimanenti strutture sociali cercando di far cedere tutto per ricostruire da zero un mondo diverso. Possiamo chiaramente dedurre tutto questo da come gli attivisti "progressisti" buttino giù le statue dei rappresentanti della cultura occidentale. 

Quanto è importante l'immagine nel mantenere vivo l'assetto di una civiltà? Occorre partire dall'osservazione della mimesi nella società. Cos'è la mimesi? possiamo fare l'esempio di un incantatore indiano di serpenti, che fa danzare la bestia con il suono del flauto. Il serpente è impossibilitato a sentire la musica, in realtà, e segue più che altro il movimento oscillante del flautista, imitandolo. 

Il mondo si basa sul processo di imitazione dei modelli, anche se questo può creare rivalità e conflitto. Infatti, per continuare il nostro esempio, ben presto il serpente vuole mordere l'uomo, che si ritrova a schivare le mosse dell'animale, in una vera e propria danza della morte. Anche fra gli uomini, quando uno guarda negli occhi l'altro, si aspetta una risposta eguale se non ancora più forte. Sapendo questo, gli Antichi rappresentavano le loro divinità in modo meno umano, generando ibridi animali antropomorfi. L'indoamericano Coyote, il mesopotamico Godon, il sumero Gugalanna, l'egiziano Wepwapet e la Sfinge, sono tutti esseri che prendiamo ad esempio per far notare come siano stati realizzati per evitare la genesi dell'effetto mimesi di attrazione-repulsione durante la fase di ammirazione. Le antiche divinità pagane erano raffigurate per essere impersonali e sfuggenti. L'iconografia cristiana, invece, cerca di andare nella direzione opposta rispetto alla mimesi "negativa", adottando un approccio opposto. 


Le icone cristiane come la Vladimirskaja invitano l'uomo a guardarle con uno sguardo comprensivo e penetrante di Maria. E' molto raro che l'icona cristiana non abbia questo tratto che intende avvicinare lo spettatore ed entrare in comunione con lui. Il Cristianesimo, tramite le sue immagini, vuole rivelare il volto umano come la preziosa creazione di Dio. Per questo il filosofo esistenzialista Nikolaj Berdyaev ha scritto: 

Il volto dell'uomo è il vertice del processo cosmico, il più grande dei suoi discendenti, ma non può essere solo figlio di forze cosmiche, presuppone l'azione di una forza spirituale, che lo eleva al di sopra della sfera delle forze della natura. Il volto dell'uomo è la cosa più sorprendente nella vita del mondo; un altro mondo risplende attraverso di essa. È l'ingresso della personalità nel processo mondiale, con la sua unicità, la sua unicità, la sua irripetibilità. Attraverso il viso apprendiamo non la vita corporea di un uomo, ma la vita della sua anima.

E' a causa di questo che i nemici della cultura occidentale attaccano le statue e i monumenti dei loro nemici ideologici. Non riescono a vedere i loro rivali come umani. I nichilisti e i loro compagni, anch'essi mascherati, non sopportano la vista dei loro simili. Con ogni mezzo fanno del volto divino una caricatura e o lo limitano alla loro narrazione. In questo modo oggettivano l'umanità e la piegano ai loro fini. 

L'iconografia cristiana invece ci invita a guardare i volti con profondità. Essa ci sfida senza sosta a non cadere nel tranello della mimesi, nella rivalità fra persone. Questo è particolarmente vero nell'ortodossia, dove le icone sono ovunque, anche in famiglia, e ci incoraggia a non cadere nel tranello "familiarità genera disprezzo", ma piuttosto nel riconoscere nei volti amici il riflesso del volto di Dio, unici e degni di questo amore. Il Cristianesimo ci chiama a sfidare noi stessi e a cercare la santità di coloro che sono raffigurati nelle icone, ad emularli. Nelle icone della Vergine riconosciamo la maternità come dono prezioso per l'umanità, esattamente l'opposto del messaggio delle immagini di oggi che consistono in personaggi di fantasia, in star televisive o cantanti, i quali paiono più un modello per Dioniso, la divinità pagana dell'ubriachezza e del divertimento smodato. C'è un elemento anche di sacrificio umano rituale in questo immaginario collettivo, che molti non vedono. Nel mondo occidentale è pieno di immagini sensuali, che mandano impulsi ai nostri sensi per condurci verso specifici desideri e spesso veneriamo questi idoli umani che coprono con il glitter e il fashion tutte le loro iniquità e le loro vite sregolate. Ma il più delle volte, celebrità e politici non riescono nemmeno a coprire i propri scandali. Il soggetto dell'icona ortodossa dimostra invece come Cristo ha redento quella persona fallibile, trasformandola. Le icone cristiane danno modelli di coraggio, fede, pietà, purezza, mansuetudine. Tutto di queste immagini si ricapitola in Cristo, immagine infallibile, icona del Dio Padre invisibile, come disse Paolo nella lettera ai Colossesi (1:15). Inoltre ricordiamoci che Cristo stesso dice: "qualsiasi cosa il Padre faccia, anche il Figlio lo emula in tutto" (cfr. Giovanni 5:19) e ancora Paolo dice: imitami, perché io imito Cristo (1Corinzi 11:1). In contrasto con l'egoismo delle icone profane, le icone cristiane cercano di ispirare il senso del sacrificio di sé e della abnegazione in colui che guarda. 

Mentre l'iconografia profana non riesce ad altro che a dimostrare la caducità degli impulsi secolari, l'iconografia cristiana ci incoraggia alla lotta spirituale attraverso i suoi modelli che hanno superato e unito razze, culture, periodi storici e luoghi geografici lontani, intorno all'autorità del Cristo. Chiunque mi ama e obbedirà ai miei comandamenti sarà amato dal Padre mio, e noi verremo e abiteremo in loro (Giovanni 14:23). 

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