Perché usiamo candele e lampade in chiesa?

 Una domanda molto diffusa fra i moderni è la seguente: se abbiamo la luce elettrica nel mondo d'oggi, a cosa ci serve continuare ad utilizzare candele di cera e lampade ad olio nelle chiese e anche a casa? 

Il Cristo, volendo descrivere se stesso, ha detto di essere la Luce. Di nuovo Gesù parlò loro: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». (Giovanni 8:12). Il ruolo della Luce è quello di dissolvere l'oscurità e mostrare con chiarezza dove andiamo o l'oggetto con cui vogliamo interagire. Il Cristo si manifesta nel mondo affinché l'umanità veda la strada verso la Salvezza e per questo usa il simbolismo della luce e delle tenebre. E la candela e la lampada aiutano a immergerci nell'atmosfera liturgica interagendo con colori naturali e non con la luce disturbante delle lampadine. In tutte le celebrazioni liturgiche la candela occupa un ruolo, se non fondamentale, quanto meno di accompagnamento al rito. 

Occorre comprendere come nella Chiesa tutte le realtà visibili sono anche riflesso di realtà invisibili trasposte con simboli e allegorie. Intendiamo rispondere a questa domanda con una riflessione dell'insigne teologo Pavel Florenskij che nel suo saggio, La Prospettiva Rovesciata, spiega perché la Chiesa continua ad utilizzare le antiche tecniche di illuminazione: 

L’oro, barbaro, pesante, futile nella luce diffusa del giorno, con la luce tremolante di una lampada o di una candela si ravviva, poiché sfavilla di miriadi di scintille ora qui, ora là, facendo presentire altre luci non terrestri che riempiono lo spazio celeste. L'oro, attributo convenzionale del mondo celeste, qualcosa di artificioso e allegorico in un museo, è un simbolo vivo, è «rappresentazione» in un tempio con lampade che ardono e infiniti raggi che si accendono. È proprio in questo modo che il primitivismo dell'icona, la sua colorazione, a volte chiara, quasi insopportabilmente vivace, la sua eccessiva ricchezza, la sua ostentazione, tengono sottilmente conto degli effetti dell'illuminazione della chiesa.  [1]


La lampada e la candela, con la loro luce dorata, richiamano alla mente anche le energie divine così come magistralmente illustrate da san Gregorio Palamas, che le paragona ai raggi del sole che illuminano e vivificano la natura. La fiammella piccola ma persistente è una allegoria della nostra fede, che deve essere alimentata con l'olio della grazia, ottenibile solamente nella vita della Chiesa: un richiamo chiaro alla parabola delle Vergini Sagge e alle lampade che sono proprio una allegoria della Fede (Matteo 25,1-13). Per questo ogni famiglia ortodossa ha una lampada che arde davanti all'iconostasi domestica. Nei monasteri, è considerata una grave disobbedienza l'aver fatto spegnere la propria lampada o le lampade della chiesa. 

Inoltre nell'antichità le candele e l'olio delle lampade erano una offerta che prendeva il posto del denaro. Già nelle Costituzioni Apostoliche si regolamenta l'offerta di candele e olio per le lampade che venivano condotte in altare dai fedeli e riposte dai sacerdoti in un luogo consono - così come avviene ancora oggi nella Chiesa Ortodossa. Il "sacrificio" di comprare una candela è un offerta che facciamo a Dio in quanto ci togliamo qualcosa di superfluo per donarlo al Signore, consumandolo. Il consumo della cera che arde dovrebbe ricordarci il tempo che passa della nostra esistenza, che dovrebbe consumarsi nella Luce divina e non nelle tenebre del peccato. Non solo un sacrificio personale, una intenzione buona per i vivi e per i morti, ma anche un aiuto alla parrocchia, alla Chiesa, con quell'obolo che hai depositato per la candela... quella moneta può davvero fare la differenza, specialmente nei tempi moderni quando l'uso della decima è scomparso. 

Siano le nostre vite come delle lampade, che non illuminano solo noi stessi, ma anche gli altri! Condividiamo la Fede, l'Amore per gli altri, la Speranza, e siamo noi stessi prudenti e intelligenti come le Vergini Sagge della parabola, così che vivremo nella Luce del giorno senza tramonto. 

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1) Pavel Florenskij, La prospettiva rovesciata e altri scritti, N. Misler (a cura di), Gangemi editore, Roma, 1990, pp. 57-67

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