San Josaphat è il Buddha?

 Vi sono molti parallelismi fra la vita di san Josaphat il Re d'India, venerato dalla Chiesa Ortodossa il 2 dicembre, e la figura di Siddharta Gautama, noto come il Buddha, tant'è che molti ritengono che il primo sia una trasformazione cristiana del secondo. Andiamo dunque a conoscere nei dettagli la vita di san Josaphat e analizziamola alla luce dei reperti storici e delle similitudini col più ben noto principe indiano. 


Una icona russa che raffigura il pio Re Josaphat

Josaphat è figlio di Abner, re indiano persecutore dei cristiani. Secondo il Sinassario Georgiano, nel quale per primo appare come santo riconosciuto, Josaphat era stato predetto da un astrologo di corte che sarebbe diventato cristiano. Abner allora, per evitare che il figlio compisse la profezia, costruì un palazzo appositamente per lui, dove vi crebbe circondato da ogni comfort, ma con nessun contatto col cristianesimo. Quando crebbe, il principe chiese ed ottenne di poter passeggiare per la città e fu in quella occasione che vide un lebbroso, un uomo anziano terribilmente malato e quell'incontro distrusse la sua visione del mondo, visto che per la prima volta conobbe il dolore e la morte. Nel frattempo l'eremita Barlaam del deserto del Senaar, che viveva poco lontano, ricevette da Dio una chiamata ad ammaestrare alla vita cristiana il principe. Barlaam, per entrare nel palazzo, si finse mercante di perle e invece che vendergli la mercanzia, Barlaam iniziò a narrare a Josaphat di Cristo e della vita cristiana, finendo per convertirlo. Abner decise dunque di invitare il grande mago Nahor al fine di riportare il figlio al paganesimo. Non riuscendoci, Nahor stesso si convertì al cristianesimo. Abner mandò al figlio una donna bellissima ma Josaphat resistette alla tentazione della carne. Vistosi sconfitto, Abner abdicò lasciando il regno al figlio, il quale costruì chiese e monasteri. Alla morte del padre, Josaphat lasciò il regno e finì i suoi giorni come monaco accanto al suo maestro Barlaam. 

Ci sono molti dettagli uguali a quelli della vita del Buddha - l'incontro col lebbroso, il mercante di perle, la tentazione della bellezza femminile, la rivalità col padre - e questo è un dato di fatto. Curiosamente anche il nome Josaphat sembra una traduzione dell'indiano Budisatif, portato nel georgiano come Yudasif, e da lì grecizzato in Josaphat. Questa tesi è avallata dal prof. D. Zimaret e dal prof. A.A. Turilov. Della storia di san Josaphat vi sono almeno 140 versioni in 30 lingue, alcune delle quali più "indianizzate" e meno cristiane, altre più generiche. In molte versioni Barlaam e Josaphat attraversano delle prove e delle storie a carattere pedagogico secondo la poesia indiana. La vita dei santi Barlaam e Josaphat venne  esportata dalla Georgia al mondo mediterraneo sul finire dell'Alto Medioevo ed entrò nel XII secolo nel canone universale dei santi, prendendo posto nella nota Legenda Aurea, un enorme sinassario dei santi d'Oriente e d'Occidente, diffuso nel mondo latino. Curioso da notare, la Chiesa Russa fu l'ultima ad accettare questi due santi e solamente nel XVII secolo Barlaam e Josaphat vengono inseriti nel calendario russo e una chiesa viene loro dedicata a Mosca. 

Ai fini della nostra ricerca, rimane interessante come i cosiddetti "cristiani di san Tommaso", gli indiani cristiani che appartengono alla antichissima Chiesa siriana Malabarese, convertiti dall'apostolo nei primi secoli, non riconoscano l'esistenza di questi due santi né li venerano. 

E' possibile che vi fosse un principe indiano nei primi secoli dopo Cristo, che si sia convertito, ed è possibile che questa vita fosse stata arricchita con elementi propri della tradizione ascetica indiana - secondo un processo creativo non dissimile da quelli operati nelle agiografie del mondo mediterraneo.  Del resto, oggi come ieri, la figura del Buddha piace molto all'Occidente. 

Il mistero sulla "vera" identità di Josaphat è irrisolto e temo che lo rimarrà per sempre.  

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