Il Mistero del Nome di Dio

 Dal sito del Monastero della Madre di Dio a Sretenskij (in russo) offriamo la traduzione di un interessante articolo del noto catechista russo Sergej Komarov che analizza alcuni passi dell'Apocalisse di Giovanni il quale si focalizza sulla comparazione fra i testi ebraici, greci e nella traduzione russa del testo biblico, ma che è molto utile anche per noi italiani in quanto resa in una lingua moderna. Ove necessario è stato aggiunto un commento esplicativo per la realtà linguistica italiana. 


Una icona di san Giovanni Evangelista, detto il Teologo

In questo articolo cercheremo di spiegare la complessa fraseologia che san Giovanni Evangelista ha usato per descrivere il Nome di Dio. L'Apostolo chiama pace e grazia su coloro cui sono destinati gli scritti:  grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo. (Ap. 1:4-5). Giovanni non ci parla come i Padri Cappadoci, né come i Padri più recenti: il suo linguaggio è particolare e perfino strano per noi sentir parlare di Dio in questo modo. 

Iniziamo con le parole "Colui che è, era e verrà" o meglio, in greco, ο ων και ο ην και ο ερχόμενος. Sant'Andrea di Cesarea offre la seguente interpretazione. 

Il Nome è Trinitario, in quanto: 

ό ών - Il Padre, Colui che parlò a Mosé dicendo: έγώ εΐμι ό ών - Io sono Colui che è. 

ὁ ἠ̃ν  - Il Cristo, Il Verbo, Colui del quale è scritto nel Vangelo: ὁ λόγος ἠ̃ν πρòς τòν θεόν - Il Verbo era con Dio (Gv. 1:1). 

 ό ερχόμενος - Il "veniente", lo Spirito Santo, Colui che discende sui figli della Chiesa. 

San Gregorio il Teologo invece sostiene che l'intera costruzione si riferisce al Cristo.  Professori come Sergej Bulgakov e A.A: Zhdanov non concordano con la visione di san Gregorio e ritengono che la frase "Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo" sia da riferirsi globalmente alla Trinità Santissima. Anche se liberale e forse financo eretico, Bulgakov in questo frangente dimostra una buona comprensione del testo, in quanto si può accettare quanto afferma: 

L'Eternità di Dio è qui espressa in modo da superare il tempo, o da esserne al di fuori, con la combinazione di queste tre tempi grammaticali: passato, presente e futuro." Precisiamo come nell'originale greco non c'è un vero e proprio futuro, ma il costrutto ερχόμενος  (lett. Il Veniente) può essere reso anche con "Colui che ha da venire" indicando un moto nel prossimo futuro. Vi è a tal proposito una considerevole interpretazione scritta dal compianto archimandrita Gennaro Ivliev. Egli riteneva che possiamo comprendere queste cose analizzando il nome di Dio, Yahvé

Secondo il reverendo padre, il Nome di Dio è lo sviluppo di quel Nome supremo e nascosto che Mosè ricevette dinnanzi al Roveto Ardente (Esodo 3:14). La Rivelazione a Mosè non fu solo la prova dell'esistenza di Dio o l'eternità della sua esistenza, ma la sua presenza attiva in mezzo al suo popolo. Mosè, secondo il Libro dell'Esodo, domanda a Dio la sua identità e si sente rispondere: Io sono Colui che è, e disse ancora: dirai ai figli d'Israele... l'Esistente mi ha inviato fra voi

Nella traduzione in russo moderno del 1876, fu inserita accanto alla parola Esistente anche la parola Yahvé (Иегова - Geova) per qualche motivo. Nelle versioni italiane cattoliche e protestanti tradizionali (come la CEI e la Luzzi) la parola Yahvé non compare. In ebraico la parola per "Colui che è" è Ehyeh. In Ebraico, il versetto è il seguente: 

וַיֹּאמֶר אֱלֹהִים אֶל־מֹשֶׁה אֶהְיֶה אֲשֶׁר אֶהְיֶה וַיֹּאמֶר כֹּה תֹאמַר לִבְנֵי יִשְׂרָאֵל אֶהְיֶה שְׁלָחַנִי אֲלֵיכֶם

אֶהְיֶה אֲשֶׁר אֶהְיֶה – Ehyeh ašer ehyeh: Io sono Colui che è / Io sono l'Esistente. Letteralmente, in ebraico: Io sarò Colui che sarà. Nelle traduzioni in lingue occidentali si preferisce mantenere il senso della traduzione greca, che inserisce il concetto di "essere" come stato dell'esistenza (ό ών). 

אֶהְיֶה – Ehyeh: "Io sarò", ma anche "Io sono / io ci sono". Molto interessante e per noi illuminante come il Signore Gesù Cristo molte volte si è riferito a se stesso usando la formula "io sono": cfr. Giovanni 8:24, 28, 58, 13:19, 18:5-6. 

Ora in Esodo 3:15 appare il Tetragramma sacro YHWH, il Nome di Dio, impossibile da pronunciare (non sappiamo le vocali e nemmeno gli antichi ebrei le conoscevano) ma viene in modo scorretto tradotto dai neoprotestanti come "Geova". Ecco il versetto in ebraico e poi in italiano.

וַיֹּאמֶר עֹוד אֱלֹהִים אֶל־מֹשֶׁה כֹּה־תֹאמַר אֶל־בְּנֵי יִשְׂרָאֵל יְהוָה אֱלֹהֵי אֲבֹתֵיכֶם אֱלֹהֵי אַבְרָהָם אֱלֹהֵי 

Dio aggiunse a Mosè: Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre (YHWH); questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione

Nella lingua ebraica la concezione del verbo è più una forma che indica una presenza fra il popolo piuttosto che l'indicazione di un soggetto. Questo perché delle tre forme: Ehyeh ašer ehyeh, Ehyeh, Yahweh, le prime due sono usate nella scrittura quando Dio parla di se stesso, mentre la terza quando si parla di Lui. Si potrebbe anche tradurre come "Colui che è Presente". Si può anche parafrasare con "Dio è con noi", che poi è il significato del nome Emmanuele. Nell'interpretazione palestinese dell'Esodo si legge quel passo come "io sono colui che è e che sarà". Quindi possiamo dire che il versetto dell'Apocalisse riprende questo filone. L'archimandrita Gennaro Ivliev scrive: 

" Formule simili erano usate dagli Elleni per le loro divinità o per l'Essere Supremo. Alcune di queste espressioni pagane sono poi passate al cristianesimo. Per esempio i seguaci della religione Orfica pregavano dicendo: "Zeus è il primo e l'ultimo, la testa e il centro, e da Zeus viene ogni cosa". Abbiamo un parallelo ricevuto nella Scrittura: Gesù Cristo è il medesimo ieri, oggi e per sempre (cfr. Ebrei 13:8). Ma pur con tutte le somiglianze presenti nella cultura pagana, il Nome utilizzato da san Giovanni dista notevolmente da tutto questo. San Giovanni interpreta il Nome Divino in modo dinamico - non come indicativo della trascendenza temporale senza relazione col mondo (Essere), ma piuttosto come Eternità in relazione col mondo creato, il Dio biblico che incontra la Sua creazione. Come Dio è presente fra il suo antico popolo (Colui che è), così è presente anche nella Nuova Israele, la Chiesa. 

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