Dio ascolta coloro che ascoltano! (Ierom. Kirill Popov)

Traduciamo da Orthodox Christianity una omelia dello ieromonaco Kirill Popov, sacerdote al monastero Sretenskij, sul tema del famoso dilemma "perché Dio non mi ascolta?"


L'archimandrita e alcuni sacerdoti del Monastero Sretenskij, in Russia

Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Cristo è risorto!

Cari fratelli e sorelle, spesso domandiamo a Dio varie cose in varie circostanze. Il malato prega per la guarigione, il povero per ottenere dei soldi, il sofferente per la felicità, i peccatori per essere perdonati. Eppure, le nostre suppliche non vengono sempre ascoltate e noi, indignati e arrabbiati, fuggiamo a confessarci e riversiamo sul prete e sui nostri amici sempre la stessa apprensiva domanda: perché Dio non mi ascolta? Perché Dio non risponde alla mia preghiera? 

Secondo molti, il silenzio di Dio è uno dei segni della sua inesistenza. Tanti smettono di pregare o di vivere spiritualmente quando non vengono esauditi nelle loro preghiere, cadono nel dispotismo interiore e rifiutano Iddio. In questa visione del mondo la preghiera è vista come un atto magico: leggi una preghiera e pensi d'ottenere all'istante quello che domandi. Purtroppo, anche nell'atto di pregare spesso siamo egocentrici e cerchiamo una soddisfazione personale, quella d'esser risposti immediatamente da Dio: se ci risponde lo glorifichiamo, altrimenti lo abbandoniamo. 

Perché Dio rimane in silenzio? è una domanda che ci siamo fatti tutti. Se Dio non parla, ha sicuramente le sue ragioni. E se piuttosto il problema non fosse Lui, ma noi? E se fossimo noi incapaci di ascoltarlo, di sentire la sua voce, di percepirLo? Il Signore ascolta ogni nostro desiderio e ogni nostra preghiera, ma non corre ad esaudirci. A Dio piace testare il nostro amore e la nostra fede in Lui. Infatti, il tempo dell'attesa è il tempo più salutare per colui che aspetta una risposta: pazienza e continuità nella preghiera diventano infatti una realtà spirituale in colui che aspetta. Il Signore non vuole che confidiamo solo nella nostra forza, ma che poniamo nelle sue mani ogni nostra speranza. 

In secondo luogo, il silenzio è già una risposta. Se non siamo pronti per quello che chiediamo, o ci sarebbe di danno, Dio non permette che il nostro progetto si compia. Rimane quasi una sorta di oblio, di staticità. Spesso domandiamo qualcosa per ignoranza o per istinto, ma non sapremmo sopportarne le conseguenze. Spesso succede che chiediamo a Dio qualcosa, ma accade qualcos'altro per il nostro profitto spirituale e materiale. Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri né le vostre vie sono le mie vie, dice Il Signore. [Isaia 55:8]. Per esempio un genitore chiede a Dio che suo figlio cambi, ma ottiene invece una malattia in cambio - sul figlio o sui genitori - affinché si pentano tutti e cambino vita. 

Terzo, le nostre petizioni devono concordare con la divina Legge: Questa è la fiducia che abbiamo in Lui: qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà, Egli ci ascolta. [1Giovanni 5,14]. Dio non ci darà quello che ci piace, ma quello che compie in noi la sua volontà. Come possiamo dunque imparare a far combaciare la nostra e la sua volontà? Semplicissimo: aderire al Vangelo. Sant'Isacco il Siro ci dice di non osare chiedere troppi beni materiali o soluzioni alla vita presente, perché il Signore ha già detto che, se cerchiamo il regno dello Spirito, tutto ci verrà concesso in aggiunta. La cosa più importante è, alla fine, accettare ciò che Dio dispone nella tua vita. Se sei grato e riconoscente, il Signore potrebbe aprire altre porte. 

Quarto, se siamo pronti a rinfacciare a Dio che non ci ascolta e non ci risponde, dobbiamo prima essere in grado di dimostrarGli che viviamo secondo i suoi comandamenti e seguiamo la via del Vangelo alla lettera. Ricordate come passiamo spesso davanti ai sofferenti, ai bisognosi, ai poveri, a chi tende una mano per essere aiutato... e noi non rispondiamo affatto? come possiamo dunque noi rinfacciare a Dio il nostro stesso comportamento? Ecco una terribile lezione per la nostra vita. La scorsa domenica abbiamo letto il brano del Cieco dalla nascita. Soffriva in quella condizione da 38 anni. Nessuno lo ha aiutato a immergersi nella piscina miracolosa, nessuno lo ha preso sulle spalle per portarlo in acqua. Questo passaggio evangelico è fondamentale, è realistico, ci dimostra l'incapacità dell'uomo decaduto di pensare agli altri prima che a se stesso. Proprio come ha testato il Cielo per vedere la sua perseveranza, così Dio fa questo test a tutti noi. Vuole vedere il nostro podvig, il nostro sforzo ascetico. 

La nostra fede deve essere attiva e rivolta al bene comune. Dio sempre ascolta la nostra richiesta, ma non sempre risponde come vorremmo. I nostri piani vengono anzi quasi sempre sconvolti, perché così impariamo qualcosa. Impariamo ad aspettare, a pregare, a sacrificare qualcosa. Forse ci pentiamo anche nelle nostre riflessioni, torniamo a Dio. E sarà in quel momento che Cristo visiterà il nostro cuore e ogni nostra richiesta non avrà più valore. 

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