Misericordia e Pace o "Misericordia di Pace"? Appunti su una questione liturgica

Misericordia di pace, sacrificio di lode. Spesso udiamo questa frase durante la divina liturgia, poco prima della consacrazione, quando il sacerdote sta per introdurci nel Mistero Eucaristico, prima della benedizione e del sursum corda, prima del "eleviamo i nostri cuori". Questo versetto (misericordia di pace etc)  viene a sua volta introdotto da un'altra invocazione: 

Stiamo composti, stiamo con timore; stiamo attenti a offrire in pace la santa oblazione

Il diacono ha appena proclamato l'inizio del fulcro della Sinassi liturgica, ovvero l'offerta dell'oblazione, dei santi Doni che sono stati deposti sull'altare. Il divin sacrificio si appresta. E ci sembra alquanto sconclusionata come risposta, in questa resa ormai popolare nell'italiano: quei genitivi non ci stanno proprio. Almeno il primo. E infatti, se cerchiamo le versioni più antiche, troviamo un altro versetto, più corretto. 


Questa tavola comparativa è una foto del testo liturgico presentato nel libro Old Orthodox Prayer Book, pubblicato in Erie nel 2001. E' il testo bilingue dell'ufficio secondo il Rito Russo pre-riformato, secondo l'edizione del patriarca Giuseppe del 1651, attualmente usato nelle comunità della cosidetta Edinoverie, cioè dei vetero-ritualisti russi in comunione con il patriarcato di Mosca . 

 << Milost, mir >> cioè semplicemente << misericordia, [e] pace >>. Molti avevano notato infatti l'apparente insensatezza di quel punto liturgico e di quella frase sconnessa, perché, probabilmente, fu trascritta male e diventò un genitivo (misericordia di pace) quando in realtà era solo un poetico rimando alla condizione dell'Uomo che si avvicina al sacrificio di Cristo: Milost, mira, jertfa i penie, ovvero misericordia, pace, sacrificio e lode. Infatti nel rapporto fra Dio e Uomo vi sono i doni che sono concessi da Dio alla Sua Chiesa (misericordia e pace), e ciò che Dio si aspetta da noi (sacrificio e lode). In questo momento, l'ufficio greco-ortodosso ci dimostra quindi come la Chiesa, teantropica, divino-umana, riceve e da questi quattro doni spirituali in entrambe le direzioni, secondo ciò che conviene. 

Nell'ultimo Catavasier cu Octoih Mic del Patriarcato Romeno, parimenti è stato corretto il versetto "sbagliato" dalla commissione liturgica del patriarcato, stampato nel 2017, e difatti al momento di cui sopra compare << mila, pace, jertfa de lauda >>, ovvero misericordia, pace, sacrificio di lode. Ma che senso hanno queste parole in questo momento della santa Liturgia? 

Nel libro del profeta Osea (Os. 6:6) il Signore dice di gradire misericordia fra gli uomini e non offerte di animali, concetto ripetuto anche dal Signore Gesù Cristo: Pietà io voglio, e non sacrifizi (cfr. Mt 9:13). Anche le parole successive, sacrificio di lode, sottintendono che il dovere dei cristiani è una oblazione incruenta e non una mattanza di sangue. Il Signore dà e chiede misericordia. Così come chiede di essere operatori di pace e uomini pacifici, come insegna Cristo sulla montagna (cfr. Mt 5:7-9). E noi, fedeli, offriamo a Dio il suo stesso sacrificio, come ha comandato di commemorare fino alla fine dei secoli ("fate questo in memoria di me"), ed ecco il nostro sacrificio, dare interamente la nostra vita a servizio di Dio, e la nostra lode perpetua. Ecco il senso di questo versetto liturgico che ci introduce al prefazio e poi all'anafora. 



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