Storia della Chiesa Romena dalle origini al Medioevo

Pubblichiamo un articolo sulla Storia della Chiesa Romena delle origini, per ampliare la nostra conoscenza di una realtà culturale ortodossa molto presente in Italia. 

Il cristianesimo romeno dall'era apostolica al IV secolo

 La Romania è stata visitata in tempi sub-apostolici dall'Apostolo Andrea che pare abbia iniziato una missione cristiana nella Dacia Pontica[1], la quale crebbe notevolmente di spessore quando i coloni e i soldati romani, al seguito della conquista della Dacia da parte dell'imperatore Traiano (106), iniziarono ad abitare la zona. Al tempo di Aureliano, nel III secolo, la Dacia era già fortemente romanizzata a causa di una profonda colonizzazione. Nel 275 alcune tribù gotiche, che pare fossero cristiane, si sono stabilite nella ex provincia romana[2] contribuendo alla presenza cristiana nella regione. L'apologeta Tertulliano (+240) nel suo libello Contro i Giudei scrive che Cristo "governa" anche popoli come i sarmati, i daci, germani e sciti. Anche Origene attesta la presenza di comunità cristiane in Dacia, scrivendolo nel suo Commento al Vangelo di Matteo, cap. XXIV. E' noto che molti cristiani mandati come schiavi nelle miniere della Dacia convertissero i loro malcapitati colleghi, come per esempio san Ciro vescovo di Antiochia che battezzò Simprosiano, Castorio, Claudio e Simplicio, tutti martirizzati sotto Diocleziano. Pare che il popolo daco-romano si sia agevolmente convertito al Cristianesimo senza lotte e violenze. Per citare il prof. Mircea Pacariu:

 Era evidente che la popolazione non vedeva differenza sostanziale fra le vecchie usanze e quelle nuove importate dal cristianesimo.[3]

 La religione dacica era difatti, come viene definita dagli storici, una delle religioni "enoteiste", ovvero in cui vi è la presenza di un dio principale che assorbe tutto il culto, corollato da dèi minori o entità minori, di solito legate ai cicli agricoli. Molte pratiche proprie della religione dacica furono incorporate nella tradizione cristiano-ortodossa romena[4].   Sotto l'imperatore romano Diocleziano nel IV secolo la persecuzione raggiunge la Dacia. Il prete Montano e sua moglie Maxima ottengono così la corona del martirio nel 304 a Sirmium (oggi Mitroviza) anche se erano originari di una città daco-romana di nome Singidunum. Loro compagno di martirio fu il vescovo Ireneo di Sirmium col suo diacono Demetrio, che subì il martirio alcuni giorni dopo. Nello stesso anno, siamo a conoscenza di alcuni martiri uccisi a Tomis (Costanza di oggi) in Dobrogea, e ad Axiopolis (oggi Hinog). Nel 311 il cesare Galerio, che governava quelle regioni, emette un editto di tolleranza a Sardica (oggi Sofia, in Bulgaria) che interessa anche la Dacia. E' interessante che l'ultimo martire dei tempi antichi in Romania fu un giovane di nome Emiliano, sotto il regno di Giuliano l'Apostata (361-363). Come sappiamo, l'Apostata aveva voluto riproporre il paganesimo nell'Impero Romano e aveva così aperto un nuovo tempio pagano a Durostorum, una cittadella daco-romana nella quale viveva Emiliano. Il ragazzo avrebbe distrutto le statue e si sarebbe rifiutato di venerare gli idoli: i soldati pagani di guardia al tempio l'avrebbero quindi messo al rogo nel 362.

 La Chiesa Romena dal IV al VI secolo

 Al Sinodo Ecumenico di Efeso (431) è attestata la presenza di un rappresentante dei romeni, il vescovo Timoteo di Tomis, il quale firma la condanna contro Nestorio. E' la prima apparizione internazionale di un vescovo daco-romano ad una assemblea ecumenica. Al contrario, un vescovo daco-romano di nome Petronio di Novae fu favorevole a Nestorio e firmò una contestazione al sinodo, ma la massa dei credenti romeni non fu mai favorevole al nestorianesimo e Petronio cadde in disgrazia. Poco dopo al sinodo di Calcedonia nel 451 il vescovo Diogeniano di Remesiana[5] rappresentò i "romeni". Dal punto di vista amministrativo, la Chiesa Dacica era guidata da un Esarca ad Eraclea, che guardava a Costantinopoli, veduta la relativa vicinanza, anche se la città politicamente più influente era Tomis. Nel V secolo, la Chiesa daco-romana aveva una sua maturità teologica e spirituale, tant'è che produsse la figura di san Giovanni Cassiano che, sebbene visse a Marsiglia, era di origine daco-romana. Nel 1912, l'archeologo Vasile Parvan scoprì che il grande scrittore e asceta era appunto nativo di questa terra, nato nel 360. Si deve al genio di Giovanni Cassiano lo sviluppo del monachesimo cenobitico in Occidente, in special modo in Gallia, nonché l'arrivo in Occidente di una nuova forma di letteratura monastica, il Patericon, o raccolte di detti e vite dei santi Padri. Nel V secolo, il beato monaco Giovanni Massenzio scrive otto lettere teologiche indirizzate al papa Ormisda e ai vescovi africani, combattendo le numerose eresie del suo tempo. Al tempo dell'Imperatore Giustiniano, nel 545, viene fondata in Dardania (Dacia) la città di Justiniana Prima, una nuova capitale provinciale, forse nella zona di nascita dell'imperatore d'Oriente, affinché diventasse anche il nuovo metropolitanato ecclesiastico. Poiché l'Illirico - da sempre competenza di Roma - finì nelle riforme di Justiniana Prima, il papa pretese la gestione ecclesiastica della sua vecchia regione, e trovò un patto con l'imperatore: la necessità di imporre un "delegato papale" in Illiria che fosse un supervisore delle dispute religiose. Nonostante il pieno appoggio dell'Imperatore, Costantinopoli non riconobbe l'autocefalia di Justiniana Prima e l'etnarca dei daco-romani, il vescovo Catelliano, dovette accontentarsi di un innalzamento ad Arcidiocesi per la sua città.


Icona dei santi Montano e Maxima, martiri 

 La Chiesa Romena nel Medioevo

 Attila, il "flagello di Dio", giunse da Oriente. La sua armata invade la pacifica Dacia, e la annienta completamente. nel 447 Sucidava, una grande città romana, viene rasa al suolo. Attila, nel 450, pone definitivamente il suo dominio sulla Dacia ma il suo impero ha vita breve: il tremendo guerriero muore infatti nel 453. I suoi domini non riescono a reggere la violenza dei Gepidi Germanici che invadono a loro volta la Pannonia e la Dacia e le conquistano. E' noto che i Gepidi fossero ancora ariani in quel periodo e un loro vescovo vagante, Trasarico, si era stabilito in Transilvania[6]. Nel 567, a causa dell'arrivo dei Longobardi e degli Avari, i Gepidi vengono sconfitti e assorbiti dalla popolazione che avevano dominato per circa un secolo. Mentre i Longobardi si metteranno in cammino verso l'Italia, gli Avari saccheggiano tutta la regione, distruggendo e compiendo eccidi di massa. Fra il 599 e il 600 dopo Cristo avviene l'ultima grande spedizione Avara contro i daco-romani. Eppure, anche i violenti Avari, che controllavano una zona indefinita fra il mare Adriatico e la Transilvania, non sono immuni al fascino del cristianesimo. Nel 580, racconta lo storico contemporaneo bizantino Menandro Protettore, un capo àvaro ha permesso una cerimonia di giuramento a Singidunum sia col rito pagano che con quello cristiano. Nel 591 Sebastiano, vescovo di Sirmium, scrive due lettere a san Gregorio Magno a Roma, facendo sapere che è dovuto fuggire a Costantinopoli a causa di una razzia degli Avari. Nell'anno 602 i soldati dell'armata dacica proclamano imperatore d'Oriente Foca e lo portano a Costantinopoli per intronizzarlo: approfittando delle frontiere scoperte, gli Slavi provenienti dalla Russia penetrano in Dacia.  Nel 602, con l'arrivo degli Slavi in Europa Orientale, i daco-romani subiscono un'altra cocente sconfitta militare e vengono di nuovo invasi e saccheggiati. E' proprio durante l'ultima invasione che i vescovati di Justiniana Prima, Tomis e Sucidava vengono distrutti e il clero disperso. Nei secoli VII e VIII la popolazione daco-romana viene pesantemente slavizzata e la lingua latina viene influenzata enormemente dallo slavo, tanto che il lessico della lingua romena attuale possiede un sesto di parole chiaramente slave. Possiamo finalmente parlare di popolo romeno propriamente detto.

 La riorganizzazione del popolo romeno al seguito delle invasioni slave conduce la Romania ad un salto indietro. La profonda cultura autoctona e l'apparato burocratico, civile e militare bizantino viene perduto. La società si organizza in clan e villaggi, i quali sono comandati da un "anziano" eletto che assimila i poteri di giudice, capo militare ed economo. Col tempo, dal VII al IX secolo, questi "anziani" assumono le caratteristiche proprie dell'aristocrazia territoriale con successione ereditaria, che basa il suo potere sul possesso della terra e su meccaniche vassallatico-beneficiarie, seguendo in questo l'Occidente - anche se non è chiaro se sono stati influenzati dal modello carolingio: si chiameranno voivodi (principi).

 Il cristianesimo subisce un brutale arresto e non è chiaro quanto la popolazione sia tornata al paganesimo anche a causa di una sostituzione etnica. Sebbene la popolazione dei centri urbani fosse ancora cristiana, le campagne ritornano ai culti agresti o si concedono alle divinità slave. Nonostante questo, e nonostante il fatto che il clero sia quasi scomparso dalla regione, i bulgari che nel IX secolo arrivano nella loro attuale regione entrano in contatto coi cristiani romeni e si convertono al cristianesimo bizantino. Con la conversione del Khan Boris (diventato Zar Michele) al cristianesimo e quindi di tutta la Bulgaria, una ondata missionaria colpisce le regioni un tempo daco-romane e la Chiesa di Costantinopoli ritorna in grande stile in quelle terre, anche se non mancano missionari tedeschi legati ai bulgari di Preslav, capitale religiosa dell'Impero bulgaro.

 Riguardo la lingua liturgica, la Chiesa romena adottò lo slavo ecclesiastico giacché era la lingua parlata da tutti: bulgari, slavi, e romeni dominati, che la comprendevano in quanto erano, appunto, la classe subordinata. L'uso dello slavonico, o slavo ecclesiastico che dir si voglia, entrò in uso per il culto e la scrittura colta nel X secolo fino all'Unità dei romeni nel XIX secolo. Ma, secondo gli studi del prof. P. Panaitescu[7], i romeni fra il VI e X secolo utilizzavano per il culto la lingua romanica (daco-romana) degli autoctoni, ma con la presenza di vescovi cattolico-romani in Transilvania che usavano il latino, si preferì fra gli ortodossi l'uso dello slavo - compreso dalla classe dirigente e dalle popolazioni slave - affinché  non si convertissero al cattolicesimo romano. Nonostante l'uso cultuale della lingua slava, il popolo continuò a parlare romanico, gradualmente trasformandosi in romeno. Molte parole del lessico liturgico slavo sono entrate nel normale patrimonio linguistico del credente romeno, mentre dalla Bulgaria e da Costantinopoli venivano mandati vescovi per ordinare nuovo clero. I primi vescovi slavi a governare sui romeni furono posti nelle antiche città di Vidin e Dirstor (anticamente, Durostorum).

Con l'avvento del grande Scisma del 1054, i romeni si schierarono quasi totalmente con Costantinopoli: inizia tuttavia una violenta sostituzione etnica delle elite ecclesiastiche. I greci pretendono che i vescovi e gli abati, infatti, siano sempre di sangue greco: i romeni devono accettare. E per molti secoli la Romania vivrà uno sdoppiamento della personalità, nella quale vescovi e abati di sangue e cultura greca governeranno un popolo di lingua romana con costumi slavi.

 La seconda  fioritura della Chiesa in Romania

 La rinascita della cristianità romena è legata al secolo XIV, quando i centri monastici di Putna, Neamţ, Voroneţ, Slatina e Cozia, ad esempio, iniziarono una notevole produzione scritta per merito di una generazione magistrale di monaci, influenzati soprattutto dal Monte Athos e dalla Russia meridionale, nonché dalla vicina Bulgaria.

 Nel 1315, i Valacchi (romeni di antica stirpe celtica), che mai avevano goduto di una autonomia né politica né religiosa ma sempre erano stati governati dai daco-romani prima e dai bulgari poi, ottengono da Costantinopoli il permesso di eleggere un proprio vescovo indipendente: è l'inizio di una grande fioritura aristica e spirituale in tutta la Romania. Il vescovo Basilio di Tarnovo, un romeno, si era fatto ordinare per fondare una Eparchia indipendente, ponendosi in aperta contrapposizione al Patriarcato Ecumenico e anche all'Arcidiocesi di Ohrid alla quale doveva obbedienza, e iniziò ad ordinare preti, corepiscopi e diaconi in autonomia, e financo a ordinare due o tre vescovi per i romeni, in aperto contrasto coi vescovi greci che governavano la regione. A causa della situazione politica sfavorevole, Costantinopoli riconobbe Tarnovo come indipendente e gli diede lo status di Patriarcato.  Dopo che i Tatari furono sconfitti nel 1330 la Valacchia si costituì in principato indipendente nel 1330 e la Moldavia nel 1363. Così questi due voivodati romeni godettero di una libertà religiosa sconosciuta in Grecia, Bulgaria Serbia e anche nel mondo russo, dove i Turchi e i Tatari ostacolarono il pieno sviluppo della cultura. Ma nel 1393, lo Stato di Tarnovo era caduto sotto il governo turco: questo non impedì al clero ortodosso di dedicarsi alla cura delle anime e l'attività religiosa continuò normalmente. Con la caduta del governo di Tarnovo cadde anche il patriarcato, che fu ridimensionato a metropolia.

Il diacono Coresi

  Uno dei pionieri della lingua romena che portò per la prima volta la stampa in Romania fu il diacono Coresi nel XVI secolo. Usando le lettere cirilliche, egli sostituì il dialetto della Transilvania con quello della Valacchia, che allora conobbe l’evoluzione verso la lingua romena moderna. Lo slavo ecclesiastico non era più compreso dai preti che lo usavano nei servizi liturgici e c’era una sete crescente tra il popolo di testi religiosi in lingua volgare. Il grande contributo di Coresi fu quello di provvedere una letteratura stampata in lingua romena. Egli stampò uno dei più antichi lavori scritti in romeno, lo Psaltirea Scherana (il Salterio di Scheia)  prodotto in Transilvania nel monastero di Scheia nel XV secolo. Coresi stampò il testo a Brasov in Transilvania insieme allo Psaltirea di Voroneţ e agli Atti degli Apostoli.

Ma la sua grande missione fu quella di contrastare il proselitismo Protestante che era diventato molto efficace attraverso opere stampate in lingua volgare. Ontero fu un leader riformatore protestante che, come molti altri romeni di quel tempo, avevano studiato in Germania, all’Università di Wittenberg. Ritornato alla città nativa di Braşov, Ontero pubblicò nel 1542 la sua riforma Protestante. Per contrastare la letteratura protestante, specialmente le traduzioni della Sacra Scrittura, Coresi Diacono intraprese un’opera pioneristica col provvedere i fedeli ortodossi di pubblicazioni che si ispiravano alla tradizione ortodossa. Con Hanas Benkner, Coresi stabilì la sua tipografia a Braşov e produsse opere, soprattutto in Paleoslavo, come l’Ottoico, i Vangeli, il Triodio, e il Salterio.

Per contrastare i missionari protestanti, Coresi cominciò a pubblicare opere in romeno. Il suo Catechismo stampato abbastanza all’inizio della sua carriera di tipografo (1559) era composto di sette parti e fu un tentativo evidente di fare concorrenza al catechismo pubblicato da Filippo Zelantone nel 1521, che era stato tradotto in romeno nel 1559. Altre opere stampate da Coresi includono la traduzione dei Vangeli con una spiegazione, un Pravila  (libro dei nomocanoni), tradotto dal greco e un libro di preghiere usato dai preti ortodossi per la celebrazione della Liturgia. Il diacono Coresi fu il primo a promuovere l’uso della lingua volgare nella liturgia; sarebbero trascorsi ancora alcuni secoli prima che il romeno fosse accettato come linguaggio liturgico. Il regno di Matei Bsarab (1632-1654) in Valacchia e di Vasile Lupa (1631-1653) in Moldavia videro una fioritura mai vista di vita intellettuale e religiosa in Romania.



[1] Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea.

 

[2] Pacurariu Mircea, Istoria Biserici Ortodoxe Române, Editura Misiune ortodoxa, Bucarest 1971

 

[3] Pacurariu Mircea, Istoria Biserici Ortodoxe Române, Editura Misiune ortodoxa, Bucarest 1971, pag. 67

 

[4]  << poporul de la sat (...) s-a plecat in fata soliei, noi care i se aducea si a pasit in biserica, aducand cu dinsul in fata altarelor si riturile sale preistorice. >> P. P. Panaitescu, Introducere in Istoria culturii românesti, Bucarest, 1969, pag. 103

 

[5] La antica città di Remesiana si trova oggi in Serbia. La popolazione, a dispetto della località, era in gran parte di sangue latino.

[6] Pacurariu Mircea, Istoria Biserici Ortodoxe Române, Editura Misiune ortodoxa, Bucarest 1971, pag. 194

[7] P. P. Panaitescu, Introducere in Istoria culturii românesti, Bucarest, 1969

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