L'evoluzione del Matrimonio nella Chiesa

Il matrimonio, si sa, è una venerabile istituzione ed una cerimonia toccante. Ma in questo studio non andremo ad approfondire la genesi biblica del senso del matrimonio, piuttosto ci focalizzeremo sul decorso storico del rito dell'unione matrimoniale. 

I cristiani dei primi secoli convivevano coi pagani nello Stato Romano ed erano sottoposti, anche culturalmente, alle stesse leggi. Pertanto, come dice il famoso autore della Lettera a Diogneto, "ci si sposa secondo le usanze comuni" (V, 6). Bisogna dunque capire come i cristiani dei primi secoli compissero il rito del matrimonio secondo le usanze locali o secondo le norme del Diritto Romano, alle quali si accompagnava parallelamente una benedizione da parte della comunità religiosa. Non abbiamo documentazione di un rito matrimoniale "completo" prima del IX secolo. La Costituzione dell'Imperatore Teodosio nel 428 indica che la semplice manus (presa di possesso della donna da parte dell'uomo) compiuta dinnanzi a due testimoni è sufficiente a dichiarare il matrimonio come compiuto. La Novella 74 di Giustiniano del dicembre 537 forza invece i cittadini con un censo medio-alto a recarsi in chiesa per firmare i documenti legali alla presenza di ecclesiastici (uomini istruiti) per le questioni ereditarie, ma non menziona nessun rito particolare di unione. Al capitolo V della suddetta Novella, si menziona un gesto: i due sposi pongono le mani sul Vangelo e giurano di vivere insieme liberi da precedenti unioni, e lo Sposo effettua la manus in quel momento. 

Nelle Istituzioni del 741 dell'imperatore Costantino Copronimo si fa menzione per la prima volta della cerimonia di coronazione degli sposi, ma è solamente una delle quattro forme permesse dall'ordinamento civile: accordo pre-matrimoniale delle famiglie rispettive, accordo fra i due adulti consenzienti, testimonianza di una avvenuta unione tramite testimoni, o benedizione nuziale in chiesa con coronazione (cfr. Ecloghe II, 1,3,8). La cerimonia religiosa è dunque solo una delle possibili forme di unione matrimoniale anche nelle legislature successive come le Epanagoge del 886 (XVI, 1). Possiamo dire che, almeno fino al IX secolo, la Chiesa riteneva sufficiente una coppia di fatto per validare la stessa unione -  il concetto del consensus facit nuptias. 


In foto, un moderno matrimonio in una chiesa russa. 

Se facciamo un salto indietro, scopriamo come dal punto di vista spirituale, le cose cambiano. La Chiesa, come già detto, aveva una sua vita parallela che tuttavia non esulava dalle leggi civili. Atenagora nella sua Apologia (33, P.G. 6:965) scrive all'Imperatore Marco Aurelio: "ognuno riconosce come propria la moglie presa secondo le leggi consuetudinarie (di voi pagani)". Sant'Ambrogio di Milano, nel V secolo, scrive che "ci si sposa secondo le tavole della legge" ovvero secondo le prescrizioni romane (Riguardo l'istituzione della Verginità, 6; P.L. 16:316). San Giovanni Crisostomo scrive: "ci si sposa secondo la legge civile". (Omelia 56 sulla Genesi, 29; P.G. 54:488). Il Canone I del Concilio di Laodicea prescrive che il matrimonio sia compiuto nel rispetto reciproco e nella libertà di scelta, secondo le leggi romane. 

Eppure, pochi secoli dopo il crollo dell'Impero Romano d'Occidente, sia nel mondo latino che in quello ellenofono, un matrimonio senza la benedizione del sacerdote verrà considerato pubblicamente nullo. Come è cambiata la percezione dall'VIII secolo alla maturità della Chiesa oggi? 

La benedizione degli sposi è sempre esistita, anche se in forma più privata e meno pubblica. Già nel I secolo sant'Ignazio il Teoforo nella sua lettera a Policarpo ( cap.5) scrive che il matrimonio deve compiersi a conoscenza del vescovo ((meta gnwmhV tou Episkopou), e secondo il Signore e non secondo il peccato ((kata Kurion kai mh katepiqumian). Nel  IV secolo san Gregorio il Teologo scrive nella sua Omelia sul Santo Battesimo: 

Io vi unirò in matrimonio, io condurrò sotto braccio la sposa. Noi non disonoriamo il matrimonio col pretesto della verginità. Imiterò il Cristo, colui che porta la sua Sposa, e compirò quel che lui compie due volte: il miracolo del matrimonio di Cana, e la sua Presenza al matrimonio odierno. [Om. sul Battesimo, 18]

Tertulliano nel III secolo già diceva: "il matrimonio avviene quando Dio unisce in un solo corpo le due carni degli sposi" (Sulla Monogamia, 9) e ancora: "cosa rende perfetto il Matrimonio se non la santa oblazione offerta e la benedizione del Padre Celeste?" (A Sua moglie, II, 9; P.L. 1:1302A ).San Giovanni Crisostomo commenta il matrimonio dicendo: "Dio ti ha unito a tua moglie" (Omelia 20 sugli Efesini, , 4; P.G. 62:135.). Il vescovo sposato Sinesio di Toleme, nel V secolo, scrive che ha ricevuto sua moglie dalle mani del vescovo Teofilo di Alessandria (Lettera 105, P.G. 66:1485A). Sant'Agostino proclama infine che il matrimonio è non solo un legame, ma un "sacramento indissolubile" (Sulla concupiscenza, I, 10, 11; P.L. 44: 419).  San Simeone di Tessalonica nel XV secolo scrive che il matrimonio si compie durante la divina liturgia, la quale compie ogni Mistero e Sacramento (cfr. Peri tou timiou nomimou gamou, P.G.155: 512D.). 

Fino a tempi molto recenti, il rito del matrimonio era preceduto dal rito del fidanzamento, il quale aveva un suo peso. Socialmente, la formula del fidanzamento pubblico era seguita da festeggiamenti. Secondo le tradizioni bizantine, dall'XI secolo i fidanzati si scambiano gli anelli in chiesa, dopo il Mattutino. 

Il matrimonio ottiene la sua primitiva forma - che possiamo riconoscere nell'attuale coronamento - già al tempo di san Giovanni Crisostomo, che celebrava i matrimoni con le corone che simboleggiano la vittoria sulla passione, ma rimaneva confinato all'interno della sinassi liturgica. In una lettera di Teodoro Studita (+826) troviamo la prima preghiera squisitamente nuziale, molto breve, da pronunciarsi durante la divina liturgia domenicale dal prete sugli sposi inginocchiati e incoronati: 

Tu stesso Signore Dio stendi la tua mano dal Cielo su questi tuoi servi e unisci quest'uomo e questa donna. Concedi loro l'ineffabile sinergia delle loro anime, l'armonia dei loro intelletti, incoronali nell'unità della carne, rendi onorabile il loro matrimonio, mantieni il loro letto integro, e rendi la loro vita irreprensibile. [Lettere vol. I, 22, P.G. 99, col. 973]

Preghiere simili si trovano negli Eucologi del IX, X e XI secolo, incluso il famoso Codice Barberini. Già dal X secolo tuttavia il rito del matrimonio viene svincolato dalla divina liturgia grazie all'impulso dell'Imperatore Leone IV, che impose il matrimonio religioso con coronamento come unica nuova norma. Si pose quindi il problema della comunione, da sempre legata al Matrimonio. Si portò dunque all'ideazione della coppa comune e del pane comune come ricordo della divina liturgia per coloro che erano indegni o impreparati di comunicarsi alla sera.

San Simeone di Tessalonica infatti ricorda l'esistenza di due coppe per il matrimonio. una per gli indegni e una per i preparati. La prima con semplice vino, la seconda col Corpo e il Sangue del Redentore: 

E il sacerdote, presi i Presantificati, esclama: le cose santi ai santi! e quindi comunica la coppia sposata, se i due sono degni. Il coro risponde: Uno solo è il Santo, il Signore! Questo perché Egli è l'unica pace, l'unica consolazione, l'unica vera benedizione dei suoi servi che si sono uniti in matrimonio. Bisogna che tutti gli sposi si preparino alla divina eucarestia, perché quella garantisce una prole feconda e una vita felice. La Divina Comunione rende valido un matrimonio, in quanto l'Eucarestia è la perfezione di ogni Mistero e il seme di ogni Sacramento. La Chiesa fa bene a impartire la Divina Eucarestia agli sposi, in quanto il Cristo stesso si è manifestato a Cana di Galilea e quindi coloro che si sposano devono esser degni della Sua presenza santificante. E devono necessariamente unirsi in una chiesa, che è la casa del Signore Dio, nella casa in cui il Signore si impartisce ai suoi figli. E infine berranno anche dalla coppa comune, simbolo della loro vita insieme. Ma a coloro che sono indegni della Comunione, come per esempio i non preparati o coloro che compiono le seconde nozze, ecco loro partecipano solo della coppa comune, una santificazione parziale della loro vita nella comunità in unione con le benedizioni divine. [Riguardo il Tempio di Dio, 282, P.G. 155:512-3.]

Oggigiorno, quando la maggioranza dei matrimoni si compie di sera, non si concede più la comunione agli Sposi, a meno che non sono andati alla liturgia la mattina e in quel caso non è legata al rito del matrimonio. Al giorno d'oggi, paradossalmente, la comunione viene vista come un impedimento (!!!) alla consumazione carnale del matrimonio, in quanto si istruisce gli sposi che si sono comunicati a non unirsi nel talamo nuziale anche alla sera della Comunione. San Simeone di Tessalonica suggerisce tutt'altro, ma è cambiata la prassi. 

Secondo gli studiosi come Meyendorff, Troisky e Kogkoulis, il rito del matrimonio ortodosso non muta la sua forma dal XVII secolo, quando furono composte e create delle preghiere che oggi conosciamo. 


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