Cosa significa "Canone" nella Chiesa Ortodossa?

 La parola "canone" (gr.κανών) comprende in sé diversi significati in seno al lessico cristiano ortodosso. Tradotto dal greco significa “regola” o “misura”.  Per canone si intendono generalmente tre concetti distinti: la legge ecclesiastica, il "canone poetico" liturgico, e infine i "canoni" come disciplina personale o comunitaria. 

I canoni come legge ecclesiastica

La legge della Chiesa, ovvero quel complesso di editti e consuetudini scritte codificato dalla Chiesa nel tempo. In particolare, i Sette Concili Ecumenici nei primi nove secoli dell'Era Cristiana hanno compilato, redatto e composto il diritto canonico ortodosso, più altri sinodi locali che, per l'importanza delle questioni discusse, sono stati inseriti nel corpus legislativo ortodosso e innalzati per dignità ai Concili Ecumenici. Ricordiamo che i Concili Ecumenici sono in particolare:

1. Nicea I (325) 

2. Costantinopoli I (381)

3. Efeso I  (431)

4. Calcedonia (451)

5. Costantinopoli II (553)

6. Costantinopoli III (680-681)

7. Nicea II (787)

I Concili prendono il nome dalla città in cui furono ospitati. C'è un ottavo concilio, chiamato Trullano (dalla città di Trullo), convocato nel 692, che ha redatto moltissimi decreti e canoni ancora oggi considerati alla base dell'ortoprassi. Riteniamo di menzionare anche il Concilio di Costantinopoli del 879-880. Altri sinodi fondamentali per l'Ortodossia sono il Sinodo di Costantinopoli del 1351 in difesa di s. Gregorio Palamas e dell'esicasmo, il Concilio di Gerusalemme del 1672 (che abbiamo tradotto e pubblicato su questo blog). Inoltre, le Istituzioni Apostoliche, i Canoni Apostolici e altre raccolte canoniche sono parte del corpus legislativo ortodosso e i loro decreti sono chiamati "canoni", ovvero "regola". 

Il Canone liturgico

Oggi, i canoni sono diventati uno dei generi chiave nell'innografia universale ortodossa. Tuttavia, non hanno acquisito immediatamente il loro aspetto moderno. Ad esempio, nella tradizione dei monaci palestinesi, il termine "canone" indicava la sequenza delle preghiere quotidiane. La vita di San Sabba il Santificato ci racconta il canone obbligatorio del canto dei salmi, che divenne il prototipo del futuro Orologio (Libro delle Ore). 

Dalla stessa fonte apprendiamo che il Mattutino, il principale servizio divino del ciclo di adorazione quotidiano, è chiamato il “canone notturno”.  Il canone acquisì la sua forma attuale nell'VIII secolo, cosa che accadde anche nell'ambiente palestinese. Uno degli elementi principali del Mattutino era il canto di cantici biblici intervallati da tropari. Questa tradizione era caratteristica sia del culto monastico che della cattedrale in Palestina. A poco a poco, riacquistò il suo antico nome di mattutino e cessò di essere chiamato "canone". Per la sua struttura interna, il canone è un complesso inno di numerose strofe, costituito da diversi cicli chiamati odi.

La prima ode contiene sempre un riferimento alle parole di gratitudine che Mosè pronunciò dopo il miracoloso passaggio del popolo eletto attraverso il Mar Rosso. La seconda ode è penitenziale; è assente dalla maggior parte dei canoni e usato prevalentemente durante la Grande Quaresima, poiché corrisponde al suo stato d'animo. L'irmo della terza ode si sofferma sul canto di ringraziamento, cantato da sant'Anna (la madre del profeta Samuele) a simboleggiare così la nostra gratitudine a Dio. La quarta ode è la preghiera del profeta Abacuc, in cui canta la salvezza del Signore per tutti noi. Il quinto irmo riflette sulle parole del profeta Isaia, che prevedeva la venuta del Messia e la risurrezione generale prima del Giudizio Universale. Nel sesto irmo vediamo la preghiera del profeta Giona, che il Signore ha liberato dal ventre della balena nello stesso modo in cui ci libera dall'inferno. Il settimo e l'ottavo irmi sono i canti dei tre giovani, amici del profeta Daniele, miracolosamente salvati dal fuoco della fornace dopo aver rifiutato di inchinarsi all'idolo. Infine, il nono irmo è associato al canto della Santa Vergine durante il suo incontro con Elisabetta, o alla preghiera di Zaccaria, padre di Giovanni Battista, dopo aver miracolosamente recuperato la sua parola.


Inoltre, irmi ha stabilito il modello metrico e melodico dei successivi tropari. In alcuni canoni noti, le prime lettere di tropari formano un acrostico. Tali canoni sono stati composti da noti innografi, come i santi Giovanni di Damasco, Romano il Melode e Teodoro lo Studita.

Migliaia di canoni sono sopravvissuti fino ad oggi e solo una piccola parte di essi è stata inclusa nei libri liturgici che utilizziamo. Per la maggior parte, i canoni sono stati scritti appositamente per i servizi religiosi, mentre alcuni sono composti per la preghiera personale o semplicemente per acquisire esperienza innografica.

In tutta onestà, i canoni più usati nel culto odierno devono la loro popolarità all'essere inclusi nei primi libri a stampa, i cui compilatori non erano né sempre guidati dai migliori manoscritti antichi né avevano una base di fonti a tutti gli effetti. Nonostante ciò, i canoni trasmettono perfettamente il significato delle feste e delle date commemorative, motivo per cui il giusto Giovanni di Kronstadt, ad esempio, preferì leggere personalmente i canoni durante il servizio del Mattutino.

Come si evince da quanto sopra, il Mattutino era il servizio che in origine conteneva il canto dei canoni. Oggi i canoni sono inclusi anche nella Compieta, nei servizi commemorativi, funebri e di preghiera, nonché nel sacramento dell'Unzione. Per la preparazione alla ricezione dell'Eucarestia, c'è anche il Canone alla Comunione che clero e fedeli recitano prima di prendere la comunione, a casa. 

Canoni come disciplina ecclesiastica

Si intende per "canone" anche l'insieme di direttive spirituali date dai santi Padri che sono state assunte come esempio finale per una data situazione o problema. I più celebri di questo gruppo di canoni sono sicuramente quelli legati alla Confessione alle penitenze. Fra i più famosi compilatori di "canoni penitenziali" che rettificano l'ortoprassi e la vita dei fedeli vi sono san Basilio Magno, san Giovanni il Digiunatore, patriarca di Costantinopoli, e san Niceforo, patriarca di Costantinopoli. Solitamente la raccolta unificata dei loro penitenziali si chiama Nomocanone, e si trova come appendice in ogni eucologio sacerdotale insieme alle "istruzioni per confessare". In questa raccolta, il sacerdote e il fedele comparano i loro peccati e trovano la risposta spirituale e normativa per la confessione, ad esempio quanti anni un fedele deve essere impedito alla comunione o che generi di punizione meriti in riferimento al relativo peccato. Ci si riferisce spesso anche al "canone di preghiera" personale di qualcuno, intendendo l'insieme di pratiche di pietà, preghiere e disciplina personale che una persona esegue ogni giorno nel privato, nella preghiera privata.

"Canone" è quindi una parola poliedrica, usata per indicare svariate cose che, come abbiamo visto, sebbene legate, sono molto diverse fra loro. 

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VEDI ANCHE

I Libri liturgici nella Chiesa

L'innografia ortodossa

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