Il Significato delle Sette Chiese nell'Apocalisse

 Nel Libro dell'Apocalisse san Giovanni presenta la sua visione alle sette Chiese dell'Asia: Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea. Tanti si chiedono perché la presenza ridondante del numero sette nei primi 3 capitoli del Libro della Rivelazione. Dal punto di vista simbolico, sant'Eucherio di Lione scrive:

Nel settimo giorno, quando tutto fu compiuto, il Signore si riposò; nella Genesi: E il settimo giorno il Signore si riposò da tutte le opere compiute (Gn 2, 2). Questo numero, a motivo della sua composizione aritmetica, rappresenta per la natura umana la massima perfezione: esso infatti consta del primo pari e del primo dispari, cioè del primo numero divisibile e del primo indivisibile; perciò il giubileo, che rappresenta la pace perfetta, si compone di sette settimane. Da ciò anche i sette spiriti che stanno innanzi al trono di Dio (Ap 1, 4); e i sette pani con cui Cristo saziò quattromila persone (Mt 15, 34) significano la settiforme grazia dello Spirito Santo.


Leggiamo anche nella divina Scrittura: 

 «questo è il senso delle sette stelle che hai visto nella mia destra e dei sette candelabri d'oro, eccolo: le sette stelle sono gli angeli delle sette Chiese e le sette lampade sono le sette Chiese». (Ap. 1,20)

Scrivendo alle Sette Chiese, Giovanni scrive in realtà a tutta la Chiesa cristiana ortodossa e autentica nella sua totalità. E' plausibile ritenere che l'originale della Rivelazione fosse recitato e meditato in sede liturgica proprio nelle Chiese dell'Asia. Ce lo fa presumere l'indicazione contro i falsi maestri che pervertono la dottrina, propria dell'inizio del testo. 

Chi sono questi "angeli delle Chiese" e perché san Giovanni Evangelista ha mandato il messaggio proprio a queste chiese e ai suoi "angeli"? Iniziamo col comprendere la simbologia dei nomi di queste città a cui si rivolge l'Apostolo, leggendone il loro senso simbolico e quindi ciò che comporta. La spiegazione che segue è tradotta dal Commentario all'Apocalisse di Apringio di Beja (VI secolo), capitolo I.XI - ACCS/NT XII. 

<< Efeso. Efeso significa "il mio piano" o "la mia volontà". Il messaggio divino e l'intera economìa della salvezza, la potenza della Chiesa, la sua fortezza e sopravvivenza dipendono interamente dal Signore Dio. Non a caso scrive san Giovanni di "apostoli perversi che insegnano dottrine eretiche" (cfr. Ap. 2:2): indica ai cristiani di rimanere fedeli al progetto divino e alla sua legge. 

Smirne. Smirne significa "il loro cantico". Il cantico dei cristiani è, in senso poetico, l'Evangelo e la dottrina pura e perfetta insegnata dagli Apostoli. Il Libro ci ricorda di mantenersi devoti nell'ascoltare la Divina Scrittura. 

Pergamo. Pergamo significa "che divide le corna". Ci si riferisce sicuramente alle potenze diaboliche, agli eretici e ai loro attacchi. I cristiani  devono "dividere le corna" del mostro che li ferisce. Difatti, senza le corna, il toro non può ucciderci. Il cristiano è colui che sa combattere la malvagità dell'antico nemico e ne esce vittorioso.

Tiatira. Tiatira significa "illuminata". L'Apostolo indica che dopo aver sconfitto l'eresia e l'assalto demoniaco, il popolo cristiano può iniziare il suo percorso di illuminazione. 

Sardi. Sardi significa "principio della bellezza". La Chiesa, adornata dalla santità e dalla purezza dei suoi membri, è adesso linda e candida e può iniziare a brillare della Luce di Cristo.

Filadelfia. Filadelfia significa "mantenimento della devozione fra fratelli". Dopo aver ricevuto l'illuminazione, occorre permanere nello stato di grazia e di amore nella Chiesa, affimché i membri del Corpo mistico non si allontanino gli uni dagli altri. 

Laodicea. Laodicea significa "popolo devoto". Ecco lo spunto finale per la Chiesa, quella di essere il popolo del Signore, nazione santa, salvata nel nome di Cristo. >>

Ecco dunque come un Padre della Chiesa, certamente poco conosciuto, ma non per questo meno importante, spiega la funzione simbolica delle sette Chiese e dei loro nomi.  Anche il vescovo Vittorino di Poetovium (III secolo) commenta il passo nel suo Trattato sull'Apocalisse, dicendo: 

Le Sette Chiese, chiamate ciascuna col suo nome, non sono neanche le più grandi fra le Chiese esistenti. Ma Ciò che Dio dice ad una, lo dice per tutte. Così come un generale impartisce ad ogni piccolo drappello il medesimo ordine. Come in Asia, così per tutto l'ecumene: tutte le Chiese sono difatti Una. Anche il beatissimo Paolo, per non trasgredire il numero sacro, ebbe a scrivere le sue lettere ai Romani, ai Corinzi, ai Tessalonicesi, ai Galati ai Filippesi e agli Efesini. Egli scrisse anche a individui, ma non superò il numero sette. Questo perché il simbolo fu consegnato da Dio nelle profezie di Isaia, come leggiamo: sette donne afferreranno un singolo uomo [Is. 4:1]. E quell'Uomo è Cristo. Le sette donne sono le Chiese, che ricevono il loro pane e le loro tuniche: il pane è lo Spirito Santo, che nutre per la vita eterna. E le tuniche sono la fede, con la quale si sono rivestite. [Vittorino, Trattato all'Apocalisse, 7:1 e ss.]

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