Si possono accorciare le penitenze della confessione?

 Una domanda molto interessante che ci è stata posta è la seguente:

Sappiamo che quando ci confessiamo riceviamo una epitimia (penitenza) da compiere prima di ricevere l'assoluzione. Spesso, l'assoluzione ci viene data anche subito, con la promessa di compiere la penitenza in seguito. Ma se il confessore non ci dà alcun canone di pentimento, possiamo considerare la confessione invalida? Si può assolvere qualcuno senza che questi abbia accettato una epitimia?

E' indubbiamente un questito interessante. I neo-bizantini, ad esempio Romanidis, direbbero che l'obbligo della penitenza o l'esecuzione di una epitimia è un latinismo (intendendolo come un qualcosa di dispregiativo). 

Secondo l'autorità datagli dal Signore, il sacerdote può vincolare e sciogliere (Mt 18,18), e in virtù della promessa di Dio, ciò che gli ha sciolto sulla terra sarà sciolto (o viceversa) in Cielo. Ma, come abbiamo visto dal canone 102 del Sesto Concilio Ecumenico, coloro che hanno ricevuto da Dio il potere di decidere e di confessare devono usare cure adeguate alla malattia spirituale, contrastare quella malattia e sperimentare i frutti del pentimento del confessato, e non solo mostrare pietà nei suoi confronti. Vediamo l'opinione di alcuni santi Padri in merito a questo argomento, ovvero all'applicazione o meno di una penitenza canonica al confessato. Secondo le raccolte patristiche e specialmente i Nomocanoni e i Penitenziali redatti dai Padri, alcuni peccati si affrontano con penitenze molto lunghe, anche decennali. Questo spaventa coloro che sono in procinto di confessarsi. Si può quindi accorciare o eliminare del tutto una penitenza?


San Simeone di Tessalonica (+1429) nel suo monumentale Istruzioni per il clero scrive:

Che i padri confessori non si azzardino mai a contraddire o evitare di applicare le regole imposte dai santi Padri, in quanto portatori di Dio e uomini virtuosi e in quanto, guidato dallo Spirito, sono stati capaci di guarire da ogni passione e malattia spirituale. Tutti dobbiamo seguire le istruzioni della Chiesa, poiché dalla fonte della grazia del nostro Signore e Salvatore è passata ai Suoi apostoli, dagli apostoli ai padri e dai padri a noi. Quindi, se osserveremo le regole dei padri, allora in noi ci sarà la successione della grazia e la nostra sentenza sarà ferma; altrimenti, se non agisci secondo quanto hanno stabilito, il verdetto non sarà valido. Difatti, chi si pensa superiore ai Padri nella benevolenza, commette un errore di giudizio: come si può essere difatti migliori di coloro che hanno vinto la corona della virtù?Tale audacia è sicuramente fuori dal solco dei Padri.  [Istruzioni, cap. 219, libro I, p.323].

Un padre della Chiesa a lui antecedente, il beato Teodoro Studita (+826) Nel Nomocanone annota:

L'autorità che il legislatore (il confessore) possiede in nulla gli dà diritto di uccidere la regola, e non sia mai sconsiderato nello sciogliere e nel legare, ma applichi sempre la lettera dei canoni antichi, alla luce della legge più alta (la misericordia e la giustizia). Il sacerdote, quindi, deve sempre applicare le penitenze e sciogliere o legare un confessato secondo i ritmi e le istruzioni della santa Chiesa. [Nomocanone, stampato a Kiev nel 1915, pag. 125]. 

È vero, dalla vita dei santi conosciamo casi in cui grandi peccatori, ad esempio Maria d'Egitto, ricevettero presto l'assoluzione dai loro peccati e ricevettero la santa comunione. Ma, prestando attenzione a tali esempi, bisogna prima di tutto tener conto della fortissima rivoluzione spirituale avvenuta in questi santi. In questi casi, la clemenza non è affatto riprovevole. 

San Basilio Magno (+379) dice in merito alla penitenza:

Sicuramente possiamo accorciare il periodo della penitenza, se durante la confessione il penitente si dimostra colpito da un grande e genuino zelo, se si batte il petto con lacrime calde, se dimostra dal cuore di essersi davvero pentito, e se ha già portato adeguato frutto di penitenza; il confessore difatti agisce nell'amore per gli uomini nel riflesso dell'amore divino. Dalla divina Scrittura difatti abbiamo diversi esempi di come un peccatore ha guadagnato rapidamente l'amore di Dio a seguito di un cambio di vita repentino. [Lettera 217 ad Amfilochio]

Come regola generale, per assumere in noi l'Eucarestia, occorre aver completato il canone di pentimento che ci ha offerto il confessore come se fosse una terapia per la purificazione del nostro spirito. Se, in casi eccezionali, il confessore ritiene che il nostro pentimento e le nostre lacrime siano già un canone sufficiente, si assumerà egli la responsabilità spirituale della sua decisione. Generalmente, ad una confessione segue una penitenza, che può essere fisica (un certo numero di prostrazioni, o un digiuno), liturgica (frequentazione di un certo numero di offici o recita di alcune preghiere per un lasso di tempo), può essere sociale (aiutare qualcuno in difficoltà, offrire un sostegno per una opera buona) o di altra natura, secondo ciò che lo Spirito Santo suggerisce al padre confessore. 

In un vecchio manuale romeno per confessori, pubblicato nel 1936, chiamato "il Pellegrino Romeno", che si dà come lettura anche ai laici impegnati, ho trovato una frase interessante: nell'applicazione dei canoni in epitimia, il totale delle penitenze si distribuisce così:

 Un terzo del canone lo fa il confessore a nome del penitente, un terzo lo compie effettivamente il penitente, il terzo lo si lascia alla misericordia di Dio. Ed ecco che quindi un canone di quindici anni diventa di cinque. In più, se il confessato fa esercizi aggiuntivi di pietà (prostrazioni, digiuni, preghiere etc.) si può ulteriormente accorciare. Tutto secondo misericordia e giustizia, ascoltando il cuore del confessato. [Pelerinul Roman, 1936, cap. 14].

Come si vede, la Tradizione ammette di accorciare o abbreviare il canone, ma mai di annullarlo completamente. Questo non perché Dio "ha bisogno" di un pagamento del debito, ma come terapia dell'anima. 

Vorremmo concludere questo breve intervento con un memorandum da una delle omelie di san Gregorio Palamas (+1359) sul fatto che l'assoluzione andrebbe data al termine del canone, e non prima: 

E' impossibile per chiunque liberarsi dal giogo del peccato e delle passioni, così come dalle influenze nefaste, senza prima odiare del tutto le vecchie abitudini mortifiere e le trasgressioni. Prima di ricevere il perdono delle colpe, occorre confessarsi senza riserve e compiere il canone di penitenza che ci viene dato dal confessore. [Omelia 55].

Rimaniamo quindi ancorati alla Tradizione con fiducia che gli esercizi spirituali che i nostri confessori ci danno sono per il nostro bene. Come disse sant'Atanasio il Grande: l'inizio della Salvezza è la confessione delle nostre colpe.

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