Il ritorno del Figliol Prodigo

Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

 Nella seconda domenica del Triodio, dedicata al Figliol Prodigo, detto sovente "Figlio dissoluto", abbiamo una climax del tema del pentimento che abbiamo osservato nelle ultime domeniche. Abbiamo infatti ascoltato tre domenica fa la conversione di Zaccheo, il "buon" pubblicano se vogliamo, e domenica scorsa invece abbiamo un esempio inverso, un Fariseo saccente e superbo, che ha fallito la prova dell'umiltà e della vero culto a Dio dinnanzi alla semplice preghiera del pubblicano pentito delle sue trasgressioni. Oggi, abbiamo ascoltato l'Evangelo di Luca 15:11-32. Una lunga pericope che narra la storia di un giovane uomo che, ricevuta la sua eredità in anticipo, la sperpera in dissolutezze per poi tornare dal proprio padre, il quale lo perdona e lo riammette in casa.



Occorre ricordare che, specialmente nell'antichità, la frequentazione delle prostitute non era la consumazione di un mero atto carnale. Nel corso dell'amplesso si consumavano bevande alcoliche, oppiacei, si viveva in una atmosfera carnevalesca. Non a caso la santa Chiesa ha scelto questa pericope proprio come lettura che antecede il Carnevale (che sarà domenica prossima), per ricordarci che, dopo aver sperperato il tesoro della casa del Padre Celeste, ovvero i talenti che Iddio ci ha dato, non ci rimane che piangere e finire a fare i guardiani di porci. Il maiale per gli ebrei era un animale impuro, non veniva e non viene consumato. Il Cristo ai suoi ascoltatori manda un messaggio chiaro: quando perdiamo la bussola, quando permettiamo a noi stessi di vivere nella futilità e nell'inganno del mero compiacimento carnale, non solo diventeremo impuri, ma ci impoveriremo sia fisicamente che spiritualmente, che economicamente. E il giovanotto della parabola riflette che i servitori di suo Padre hanno un salario migliore del suo. Anche se potremmo vedere in questa riflessione un semplice opportunismo per la sopravvivenza, in realtà il Cristo sta citando un'altra parabola, quella dei servitori fedeli che ricevono il loro salario e lo fanno fruttificare con degli investimenti. E' la parabola dei talenti, sottilmente riproposta in una semplice frase: i servitori del Padre Celeste hanno una ricompensa finale molto migliore di coloro che sperperano questo tesoro spirituale che ci viene dato come Figli di Dio. Abbiamo un meraviglioso scrigno di sapienza, di spiritualità, che spesso abbandoniamo e buttiamo. Se invece preserveremo questi doni che ci sono stati fatti, vivendo degnamente come figli di Dio, avremo anche noi parte del banchetto celeste alla fine dei nostri giorni terreni.

Quando il giovanotto della parabola decide di tornare, il Padre lo accoglie. Non gli domanda nè come ha speso i soldi (perché probabilmente lo sa già) e ne gli comanda di promettere qualcosa. Il genitore, amabile e pieno di speranza per il figlio ritrovato, comanda di vestirlo con la tunica, con l'anello e con i sandali. Questi tre simboli per noi sono notevoli segni del senso ultimo della parabola. La tunica bianca, un abito nuovo che indosserà al posto del vecchio, simboleggia l'uomo pentito e rinnovato (il figliol prodigo) che indossa l'abito puro di una vita devota, diventando per noi simbolo della Confessione. Come il Figlio Dissoluto, anche noi possiamo cambiarci d'abito, vestirci di purezza, lasciando da parte la dissoluzione e gli altri peccati; l'anello che il ragazzo indossa è simbolo di comando, di appartenenza ad una casa potente, ma anche simbolo di legame indissolubile (pensiamo agli anelli nuziali). Il nostro anello è la santa iniziazione cristiana, il Battesimo e la Cresima, con la quale riceviamo il sigillo dello Spirito Santo. I sigilli, che sono la sommità di un anello, permettono di imprimere sulla cera calda lo stemma della famiglia o la firma del nome. Sono un "marchio". E quindi, avere il potere di firmare era, all'epoca, un segno di potenza. Noi tutti cristiani ortodossi, con l'anello spirituale al dito, marchiamo il Libro della Vita con la nostra presenza. Ma sarà un marchio di fede, o un marchio di spergiuro? Questa firma finale spetta solamente a noi. Dopo la conversione, con i sandali ci chiedono di abbracciare pienamente la nostra fede ortodossa. Il terzo simbolo sono i calzari che gli vengono proposti, infatti. Il sandalo si indossava, in antichità, solo per lunghi viaggi, non certamente per stare in casa. I calzari ai piedi per noi simboleggiano l'adempimento delle parole: andate e portate il Vangelo ad ogni creatura. Dopo la conversione personale, viene la chiamata a portare il messaggio del Redentore a tutti. 

Vorrei spendere due parole anche sul fratello maggiore, offeso dal modo in cui il Padre ha ripreso in casa il Figlio ritrovato. Questo sentimento di invidia è una reazione umana e comprensibile. Tutti coloro che hanno sono stati il "fratello-non-preferito" sanno che è frustrante vedere come il fratellino piccolo ha sempre il condono in più anche se ha sbagliato. E il Cristo, come un perfetto pedagogo, ci porta questo esempio così banale e conosciuto per mostrare una grande verità spirituale. Il Padre Celeste ama tutti i suoi figli. Se il figlio è sempre buono e obbediente, non per questo deve invidiare o rattristarsi per il fratello peccatore che torna. Il buon cristiano che si sente offeso dal ritorno altrui è come il fratello maggiore di questa parabola. Il Signore Gesù ci chiama a gioire di coloro che si convertono e che prendono il posto fra i fratelli. Non perché chi è stato fedele perda qualcosa, ma al contrario, perché guadagna un fratello nella fede. Entrambi, i "sempre perfetti" e i "ritrovati", condivideranno il vitello grasso del banchetto celeste. 

Contempliamo dunque la suprema bontà di Dio che ci accoglie tutti in ogni momento del giorno nonostante le nostre mille cadute, piccole e grandi. Riflettiamo alle porte della santa Quaresima su come migliorare noi stessi spiritualmente, personalmente, intellettualmente, socialmente. In ogni campo. Riflettiamo su come diventare degni Figli di Dio. Il periodo del Triodio e specialmente i santi quaranta giorni di digiuno sono ogni anno una occasione per imporci una disciplina peniteziale. I santi Padri offrivano il consiglio di confessarsi, nella settimana che segue questa domenica, e di prepararsi per l'Eucarestia della domenica del Giudizio Universale. 

Che il Signore ci dia la Grazia della conversione sincera e una vita santa e pacifica. Che il Signore ci permetta di pentirci come il Figliol prodigo affinché anche noi potremmo udire: figlio mio, eri perso, ma ti ho ritrovato. Amen. 

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